La Catania del Rock

 

 

“Per alcuni di noi l’amore incondizionato non è facile: per Francesco, e di riflesso per chi lo circondava, era la regola di base, il fondamento di ogni azione, di ogni scambio, di ogni risata e di ogni lacrima”. Così Michael Stipe, leader dei R.E.M., definisce l’amico Francesco Virlinzi, nel libro che raccoglie le immagini dei concerti, fotografate dallo stesso Virlinzi. Un’amicizia indiscutibile, lontana dai clamori del successo, distante dalla fama planetaria, nata dalla comune passione per la musica.

Appassionato ed inseparabile amante della musica, Francesco Virlinzi è stato il fondatore e l’anima della Cyclope, etichetta indipendente che tanti artisti ha lanciato nel panorama musicale nazionale ed internazionale. Lo abbiamo voluto raccontare insieme alla madre, la signora Nica Midulla.

 

Signora Midulla, perché suo figlio decise di investire e spendersi nel settore musicale?

Perché aveva un’incredibile passione per la musica e capii che, se avesse voluto portare avanti il suo sogno, avrebbe dovuto tramutarlo in lavoro.

 

Qual era il suo sogno? Qual era il suo progetto?

Realizzare un’etichetta indipendente che facesse cultura. Dopo i primi progetti apprezzati da pochi, non si tirò indietro, decidendo di investire su prodotti di qualità che fossero adatti ad un pubblico più ampio. Ebbe la fortuna di incontrare Carmen Consoli con la cui genialità unì la sua incredibile passione. Con i primi album di Carmen, riuscì a vendere oltre 250.000 copie e con gli incassi riuscì a finanziare altri progetti che aveva in mente.

 

In cosa fu innovativa la Cyclope Records nel panorama musicale?

La Cyclope Records ha avuto la caratteristica di essere un’etichetta indipendente culturale. In Italia, esistevano etichette indipendenti che facevano musica italiana, ma erano delimitate all’ambiente locale. Francesco, invece, ha sempre avuto l’idea di allargarsi e contaminarsi con le tendenze musicali mondiali. Sosteneva che lo sviluppo della musica deve necessariamente passare dall’incontro delle varie influenze musicali.

 

Come ha cominciato? 

L’etichetta Cyclope nacque nel 1990. Francesco iniziò realizzando tre impegnativi progetti americani producendo gli album “Fakebook” dei Yo la tengo e “Chain” dei Pylon e realizzando il tributo a Gram Parsons. Successivamente, fece il contratto ai Flor de Mal, Brando, Mario Venuti, Amerigo Verardi e a tanti altri, molti dei quali catanesi. Pubblicò “Battiato non Battiato”, esclusivamente con artisti italiani e nel 1996 fece debuttare Carmen Consoli a Sanremo con “Amore di plastica”.

 

Suo figlio come conosceva i musicisti sui quali decideva di investire?

Faceva ricerche di mercato. Carmen Consoli l’ ha conosciuta, però, girando tra i pubs del centro storico di Catania.

 

Da cosa nacque l’associazione “Catania, Seattle d’Italia”?

Ad associare il fermento musicale di Catania a quello di Seattle ci pensarono “Rolling Stones” e “Bill Board”, due note riviste musicali americane, che si accorsero di ciò che stava realizzando Francesco. Successivamente altri periodici musicali fecero uscire la produzione della “Cyclope” e l’idea di legare, appunto, Catania a Seattle.

 

L’identificazione del marchio avvenuta con Seattle e il grunge è paragonabile all’etichettatura di Catania, Seattle d’Italia? 

A me, sinceramente, non è mai piaciuta questa etichettatura, perché Catania e Seattle rappresentano due realtà completamente diverse. Tuttavia, negli anni novanta, a Catania, si creò questo intenso fermento giovanile, paragonabile a quello della città americana, e Francesco ne fu l’assoluto protagonista. Egli cercò di realizzare a Catania un movimento musicale e, soprattutto, culturale.

Scovava musicisti particolari e comprava i loro dischi dagli importatori, per farli conoscere agli artisti locali. Organizzò a Catania, concerti bellissimi di artisti che non conoscevano nemmeno l’esistenza della nostra città. Ha inserito Catania nei circuiti musicali e radiofonici; la musica della Cyclope la passarono pure alcune radio di New York. A Brando e ai Flor de Mal fece incidere il primo disco ad Austin, negli Stati Uniti. I Flor de Mal collaborarono con artisti del calibro di Peter Buck e Natalie Merchant. Francesco, quando portò i R.E.M. in concerto allo stadio Cibali, propiziò il gemellaggio tra Athens e Catania. Gli piaceva e, lo riteneva fondamentale, creare queste collaborazioni tra artisti di realtà diverse.

 

Cosa si sente di consigliare a chi decidesse di intraprendere la stessa strada di Francesco?

Francesco aveva un talento eccezionale, un intuito che nasceva dalla sua grandissima competenza in tema di musica ed era un lavoratore instancabile. Il mio consiglio è, quindi, di farsi accompagnare sempre dalla passione per il lavoro senza abbattersi dopo alcune esperienze non molto fortunate.

 

Il 2 Luglio 2004 sul forum di “Astratti Furori”, il prof. Gianni Gualberto affermava: “La produzione culturale è un processo sofisticato, in cui gente come Francesco Virlinzi ha un ruolo”.

Bisogna quindi capire e inquadrare il ruolo che ha avuto Francesco Virlinzi e ci si accorge che aveva messo in moto un macchina che non aspettava altro che questo avvenisse; non solo, ma fin quando ha potuto, l’ ha condotta su autostrade diritte.

Non è stato un semplice discografico; Francesco Virlinzi ha cercato di realizzare un sistema, ha cercato di stimolare la crescita di un insieme di talenti che, magari, non volevano essere omologati, ma che furono effettivamente accomunati da un marchio e da un modo di essere che affondava le proprie radici in quella “sinfonia Etna” che da sempre ha offerto geniali individualità.


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