La Casa di Toti, un albergo etico per ragazzi disabili Il sogno di una mamma: un futuro al figlio autistico

«Cosa sarà di mio figlio quando io e suo padre non ci saremo più?». La risposta all’angosciante domanda, Muni Sigona l’ha avuta in sogno. «Davvero l’ho sognato: la nostra villa trasformata in un albergo etico». Da allora la mamma di Toti – un ragazzone autistico, che soffre anche di psicosi e che ad aprile compirà 18 anni – si è messa in moto. Al suo fianco l’infaticabile marito Michele. Non che nei primi 17 anni di vita di Toti fossero rimasti fermi, tutt’altro. «Abbiamo girato l’Italia, siamo andati da tutti gli specialisti possibili. Abbiamo capito che nostro figlio aveva qualcosa che non andava all’età di due anni, quando ha cominciato a dare morsi ai compagnetti dell’asilo. Ma solo 13 anni dopo ci è stata confermata la diagnosi di autismo». Così Muni e Michele si sono messi in testa di trasformare la loro casa vacanze nelle campagne di Modica, cittadina di cui è originaria la donna, in un albergo etico. 

«Nel mondo ce ne sono sei, in Italia ne esiste solo uno, ad Asti, per ragazzi down. Ci siamo ispirati a quello», racconta la mamma. Un luogo a misura di ragazzi che soffrono di autismo o di altra disabilità, dove possano vivere e allo stesso tempo lavorare, con dignità e una piccola paga, senza essere inebetiti da psicofarmaci o ridotti a vegetali per contenere le loro crisi, a volte violente. «L’idea è continuare a mandare avanti la casa vacanze come albergo aperto a tutti – spiega Muni – ma trasformare una parte della villa in una struttura speciale, sia architettonicamente che per le attività che vi si svolgono. Qui vivranno al massimo otto ragazzi come Toti o con altra disabilità, assistiti da personale specializzato in rapporto di due a uno». 

Tutto deve essere curato nei dettagli – dai colori alle forme che non devono avere spigoli per evitare guai – per «occupare il loro tempo facendoli divertire». Così per mezza giornata questi ragazzi speciali lavoreranno aiutando lo staff dell’albergo e nel resto del tempo si dedicheranno a laboratori occupazionali, come la produzione dell’olio con le olive del terreno in uso alla villa, ma non solo. «Abbiamo molti alberi di carrubo a Modica, sarebbe bello fare un laboratorio di chimica e creare delle pomate». La mente di Muni continua a partorire idee, spinta da una certezza: «Toti non potrà avere una moglie o dei figli, la maggior parte dei parenti in questi casi si allontana, nessuno dopo di noi avrà la pazienza per accudirlo e rischia di finire in un istituto. Io devo aiutarlo a costruirsi un futuro». 

Da due anni la coppia porta avanti il progetto della Casa di Toti. Ha fondato una onlus e avviato una grande campagna di fundraising. Da qualche giorno i lavori sono iniziati. La stima della spesa è di 500mila euro e Muni e Michele sono riusciti a racimolarne già 150mila. «Tramite la Fondazione delle Fate, ho chiesto aiuto alle imprese locali e mi hanno presa per folle: “Dove li vuoi trovare in Sicilia imprenditori che ti diano dei soldi?”, mi dicevano. Oggi sono 23 le aziende che hanno deciso di finanziarci con una quota mensile, costante (sul sito si può trovare l’elenco). In cambio ogni mese ci siamo impegnati a fare della pubblicità etica con i loro marchi su giornali locali e nazionali e allo stesso tempo pubblicare l’avanzamento dello stato dei lavori. Solo con la trasparenza le persone possono fidarsi». Prossimo passo è dare la possibilità anche a singoli cittadini di poter contribuire. E la ricerca di sponsor del progetto non si ferma. 

La seconda fase del progetto – lodato anche dal Quirinale che ha chiamato la coppia – prevede che la struttura si autofinanzi. Chi va a Modica sa di poter scegliere villa San Filippo, l’albergo di Muni e Michele, una parte della quota che pagherà per godere della casa vacanze andrà alla Casa di Toti. «In più i genitori dei ragazzi disabili che vivranno qui pagheranno delle rette, l’unica alternativa – spiega la mamma – è riuscire a ottenere gli aiuti previsti dalla legge sul Dopo di noi». La norma, approvata dal Parlamento lo scorso giugno, ha come obiettivo garantire la massima autonomia e indipendenza delle persone disabili, anche dopo la morte dei parenti che fino a quel momento si sono presi cura di loro. «In realtà – ammette Muni – noi siamo stati un po’ i precursori di questa importante legge, abbiamo messo in pratica prima quello a cui la norma ambisce». 

Intanto Toti è riuscito, dopo molte difficoltà e trasferimenti da un istituto all’altro, a integrarsi all’istituto polivalente di San Giovanni La Punta e ha imparato a fidarsi di due giovani rifugiati – Ibrahim e Alì, uno dal Gambia, l’altro dalla Costa d’Avorio – che Muni e Michele hanno accolto in casa loro, a Trecastagni, per aiutarli. «Sono riusciti lì dove molti altri hanno fallito. Toti va in bici con loro, o in motorino, due cose che ama molto, o semplicemente sta al computer, ed è il primo a leggere gli articoli che parlano di lui e del progetto. È anche grazie a Ibrahim e Alì – conclude la donna – che io riesco a trovare il tempo per costruire il futuro di mio figlio».

Salvo Catalano

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