La bomboletta di Cosa Nostra

Ho sempre pensato a Paolo Borsellino come il prototipo perfetto del siciliano, coi suoi eterni baffetti, la pelle olivastra e il suo alternarsi tra logorrea e silenziosa riflessione. Avevo otto anni quando morì – lo stesso anno del giudice Falcone – ma ricordo ancora benissimo i servizi del Tg 5, lo scenario da seconda guerra mondiale, lo sgomento pietraceo dei miei genitori.

Era il 19 luglio 1992. Paolo Borsellino si recava a Villagrazia per rilassarsi. Dopo pranzo tornava a Palermo per accompagnare la mamma dal medico. La casa di via D’Amelio, dove abitava la signora, era una via pericolosa, un budello senza sbocco: in caso di agguato gli spazi di manovra sarebbero stati minimi e il giudice avrebbe corso un serissimo rischio. Ma non ci furono scene da Far West, nessuna sparatoria alla Palermo – Milano solo andata . Bastarono, invece, una manciata di secondi e una 126 imbottita di tritolo per eliminare l’ultimo, vero, pericoloso, nemico di Cosa Nostra.

Con il giudice persero la vita gli agenti di scorta Agostino Catalano, Walter Cosina, Vincenzo Li Muli, Claudio Traina ed Emanuela Loi, prima donna poliziotto a essere uccisa in un attentato di mafia: triste primato in verità. Dopo la morte di Borsellino, Antonino Caponnetto – fondatore del pool antimafia – morto nel dicembre 2002, sancì mestamente la fine di ogni speranza. Il 4 luglio 2005 ignoti vandali imbrattavano la lapide commemorativa di via D’Amelio con disegni osceni. Qualcosa di più di un atto vandalico, come pure hanno titolato i giornali.

Quello sfregio a bomboletta è una violenta sentenza post mortem, un compiaciuto stigma, un minaccioso e tronfio messaggio che ribadisce ancora una volta il potere di una Mafia che ancor prima di sparare, corrompe e guasta. Il potere di una organizzazione su una città dove anche il presidente della regione, Salvatore Cuffaro, è indagato per favoreggiamento a Cosa Nostra. Dopo l’attentato a Borsellino qualcosa sembrò svegliarsi a Palermo; questi colpi di bomboletta non sembrano sortire lo stesso effetto. Speriamo tutti che non ci sia bisogno di un’ altra autobomba.

Falcone e Borsellino volevano spingere i cittadini verso la strada del risveglio civile, convincendoli a pressare verso quelle stesse istituzioni che invece di proteggere e combattere in nome della legalità, spesso e volentieri contribuivano e contribuiscono senza dignità allo sgretolamento di quella stessa autorità che rappresentano. Sventurata la terra che ha bisogno di eroi , diceva Galileo nell’opera di Brecht. Non c’è dubbio; specialmente quando gli eroi saltano in aria col tritolo e il cardinale inquisitore sta a Palazzo dei Normanni.

Redazione Step1

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