Bianca Caccamese, 41 anni, ingegnera edile appassionata di teatro, nel 2012 fonda la onlus Culture possibili insieme al fratello Giuseppe, artista, giardiniere e con sindrome di Down. Da un laboratorio con coppie di fratelli e sorelle è nata una sceneggiatura teatrale sulla diversità, che chiede il sostegno dei cittadini per arrivare sul palco
La ballata degli elefanti, raccolta fondi per lo spettacolo «La disabilità è una caratteristica, non un’etichetta»
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Abbiamo invitato fratelli e sorelle a raccontarsi, per trovare un comune denominatore. Ne sono venute fuori storie di relazioni qualunque, ordinarie e straordinarie». Cioè fuori dalla norma, come spesso viene percepito chi ha una disabilità. Ed è proprio sul concetto di rapporto – fraterno e non solo – con la diversità che intende lavorare l’associazione Culture possibili, anche attraverso lo spettacolo La ballata degli elefanti. Un lavoro teatrale che è solo l’ultima tappa di un percorso e che adesso chiede il sostegno dei cittadini. Sotto la forma di donazioni, che serviranno «a pagare parte dei costi dello spettacolo – spiega Bianca Caccamese, presidente della onlus – Innanzitutto lo spazio, ma anche i costumi e la scenografia». La raccolta fondi – disponibile su Laboriusa, piattaforma siciliana di crowdfunding «con l’obiettivo di sostenere progetti locali attraverso messaggi globali» – scadrà l’ultimo giorno dello spettacolo: previsto per il 2 maggio alle 21 e l’indomani alle 18, al centro culturale Zo di piazzale Asia. «Donare non basta – avverte però la presidente – Quello serve, ma vorremmo che il pubblico si appassionasse alla causa».
L’idea nasce proprio da Bianca Caccamese, 41 anni, ingegnera edile appassionata di teatro. Nel
2012 fonda Culture possibili insieme al fratello Giuseppe Caccamese, artista, giardiniere all’Università di Catania e con sindrome di Down. «Una caratteristica e non un’etichetta», spiega Bianca, che ha fondato la onlus «con la precisa intenzione di attuare una rivoluzione in merito alla disabilità – racconta – Partendo dalla mia esperienza personale, vorrei che chi ne è affetto venga considerato semplicemente una persona. Se si conoscono le abilità delle persone disabili si scardina l’etichetta e si danno loro pari opportunità in ogni campo». A cominciare da quello artistico. «Il teatro ci permettere di raggiungere un pubblico ampio e prevede la collaborazione nel processo creativo tra attori professionisti e attori con disabilità – continua Caccamese – Una situazione inedita innanzitutto per i professionisti stessi, perché si confrontano con un modo di fare teatro diverso da quello a cui sono abituati». Una sorpresa anche per Pamela Toscano, attrice che salirà sul palco con La ballata degli elefanti e che ne ha scritto la sceneggiatura.
Tutto comincia da un
progetto in tre fasi. Innanzitutto un laboratorio di narrazione che ha avuto come partecipanti persone disabili – per lo più con sindrome di Down, ma non solo – insieme ai loro fratelli e sorelle, «per imparare insieme a comunicare in modo nuovo». Nella seconda fase è toccata invece alla produzione, tra improvvisazione e scrittura creativa, delle testimonianze raccolte e poi confluite nello spettacolo, ultimo passaggio del laboratorio. Sul palco saliranno cinque attori: Pamela Toscano, Carmelo Motta – i due attori professionisti – insieme ai nuovi colleghi Giuseppe Caccamese, Marta Tornabene e Massimo Gagliano. Per Giuseppe Caccamese, in realtà, si tratta della seconda esperienza in scena, dopo lo spettacolo Un poeta normale, legato alla sua raccolta di poesie pubblicata dall’associazione. Ad accompagnarli nel percorso del laboratorio sono stati Irene e Sara Tornabene, Tiziana Gagliano, Martina e Giuseppe Bucolo, Fabio e Rossella Condorelli.
«Per gli attori con sindrome di Down è stato impegnativo adattarsi alle
regole e agli schemi dell’impostazione teatrale – racconta Bianca Caccamese – Ma alla fine hanno tirato fuori una capacità espressiva non comune». Che metterà a nudo i pregiudizi del pubblico, quando i due personaggi sulla scena iniziale parleranno dei loro fratelli. «Persone particolari, in qualche caso un po’ testone, ma che gli spettatori non vedono. Sanno solo che sono diverse, ma può trattarsi di un migrante come di un vegano. O persino un extraterrestre», sorride la presidente di Culture possibili. «Nello spettacolo ci si discosta dal tema della sola disabilità – conclude – per affrontare la diversità in tutti i sensi, anche quella di chi è lontano da noi per abitudini o cultura».