«Sono rinata, da bruco che ero sono diventata una farfalla. E mi piacerebbe pure scrivere un libro sulle mie vicende, con un confronto a due: Ivan e Ivy, come ero prima e come sono ora. Lo farei per essere d’aiuto agli altri». A 19 anni Ivy mostra una maturità inusuale per la sua età. Sarà per le esistenze che ha vissuto: nata uomo, in quel di Marsala nel 1998, e diventata donna dopo una serie di cure ormonali e di appuntamenti col laser che le hanno ridato la gioia di poter essere se stessa, di poter di nuovo ballare e sentirsi a suo agio col proprio corpo.
Quando racconta di sè Ivy è un torrente di parole. È salita alla ribalta della cronaca suo malgrado nei giorni scorsi, quando nessuno a Palermo le affittava una stanza perchè transessuale. Giorni di pianti e umiliazioni, poi l’appello di Arcigay che le ha dato di nuovo una speranza. «Mi sono sentita umiliata – riflette ora – c’era gente che mi diceva “eh, ma in questa casa abitano ragazze con famiglie che vengono dal centro, come la potrebbero prendere?”. A parte che non sono una prostituta, io l’affitto lo pago ugualmente, mica mi sento diversa perchè transessuale». Ivy intanto quest’anno sarà una delle prime a sperimentare il libretto di genere Alias, introdotto dall’università di Palermo negli scorsi mesi, che le permetterà di poter essere riconosciuta all’interno del mondo accademico col suo nome femminile. Anche se la pratica è tuttora in corso. «Ho dovuto fare l’iscrizione al maschile – dice – quindi spero che nel frattempo l’università mi riconosca per quello che sono adesso. Ho una procedura in corso per il cambio anagrafico, chiedo dunque di poter fare una rettifica».
Per lei che vuole studiare Lettere, l’impatto col capoluogo siciliano non è stato dunque dei migliori. Spera che d’ora in avanti possa andare solo meglio. Ivy d’altra parte vuole solo studiare, si aspetta che «le materie non siano troppo difficili». E sa con chi prendersela per la discriminazione di cui è stata vittima. «C’è molta arretratezza culturale, a Palermo come in tutta Italia, dovuta anche alla religione – afferma – Io sono atea, credo che la fede sia come l’amore: se non ce l’hai amen. La religione impone dei dogmi che poi non lasciano sviluppare la personalità e chi crede non può essere libero di amare chi vuole. La chiesa dovrebbe preoccuparsi d’altro, dai preti pedofili alle eccessive ricchezze che hanno preti e sacerdoti. I giovani invece vogliono essere accolti, e se tu mi dici che quello che faccio io è contro natura allora mi chiedo chi sei tu per giudicarmi se io voglio vivere in un altro corpo».
Ma è la prima volta che Ivy incontra difficoltà del genere? «Vengo da un liceo classico, e i miei compagni erano intelligenti e aperti, magari figli di papà. Ho avuto un viaggio di studio che è stato facilitato dal fatto di avere accanto persone disponibili. Durante le medie invece ho avuto qualche problema, perchè a quell’età siamo tutti acerbi, non sappiamo chi siamo e quindi sono stata preda di facili battute. Si diventa cattivi, si viene feriti e non ce se ne rende conto. Avevo degli atteggiamenti che non corrispondevano alla mia estetica e i miei compagni dicevano “sembra una femmina, non sembra gay”. E infatti apparivo più come una ragazza lesbica, solo un po’ mascolina».
Quelle prese in giro segnano Ivan, che riesce però ad andare ugualmente avanti. «All’inizio ho avuto poi più difficoltà io ad accettarmi – continua – Ho fatto un percorso psicologico, che è doveroso fare. Anche perchè se vuoi accedere alle cure ormonali devi avere riconosciuta la disforia di genere. Io non mi accettavo: e se poi non mi piaccio? Facevo qualche prova, facevo crescere qualche pelo ma non mi piaceva. C’è da chiarire che la propria identità di genere non corrisponde sempre al proprio orientamento sessuale. Nel mio caso invece sì, ma non è detto. Prima quando avevo le sembianze maschili a me piaceva essere corteggiata. E mi dicevo che volevo avere i capelli lunghi, dimostrare il mio fisico ed essere fiera delle rotondità».
In Sicilia, poi, la transessualità è ancora spesso taciuta, proprio per paura delle incomprensioni. «Ovviamente non avevo grande aiuto in una piccola città come Marsala – dice Ivy – Ho trovato supporto su un gruppo Facebook. Durante il liceo non facevo ancora il laser, andavo a scuola nei panni di un maschietto al femminile. Solo all’ultimo anno ho rischiato di impazzire: avrei voluto i trucchi, le borse, le cose da donna». Per Ivy ciò che ha contato in quegli anni è stato l’appoggio della famiglia, che non le ha fatto mancare nulla. Un aspetto, anche questo, non certo scontato nell’Isola. «A livello economico il laser costa, le cure ormonali sono a pagamento: ci vogliono molti soldi, e la mia famiglia mi ha supportato anche in questo. Adesso posso dire di essere serena. È per questo che dico che non si deve vivere nascosti ma alla luce del sole. Il mio appello va proprio a chi non ha il coraggio di vivere il proprio orientamento o la propria identità sessuale. Non siamo Cenerentola, non c’è nessuno che ci salva. Ci saranno delle batoste, ma non bisogna mai abbattersi».
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