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Migranti, prosciolto l’equipaggio della nave Iuventa: non luogo a procedere

Non luogo a procedere. Dopo sette anni si è chiuso il procedimento penale nei confronti dell’equipaggio della nave Iuventa dell’organizzazione non governativa Jugend Rettet. Coinvolte nel procedimento anche le organizzazioni umanitarie Save The Children e Medici Senza Frontiere. Le ong erano accusate dai pubblici ministeri di Trapani di aver stretto accordi con i trafficanti e di non avere in realtà prestato soccorso alle persone migranti, ma di aver fatto loro da taxi, trasbordandole dalle navi libiche, alle quali poi avrebbero permesso di tornare indietro indisturbate. Oggi il giudice dell’udienza preliminare si è espresso per il non luogo a procedere.

Il proscioglimento era stato chiesto dalla stessa procura di Trapani, dopo un’inchiesta costata circa tre milioni di euro. Nel procedimento era costituito parte civile il ministero dell’Interno, che si è rimesso alla decisione del giudice. I pubblici ministeri avevano anche disposto il sequestro dell’imbarcazione Iuventa, che nel frattempo ha subito molti danni ed è al momento inutilizzabile.

«Questa decisione, che arriva a conclusione di una vicenda giudiziaria durata quasi sette anni, riconosce la verità sul nostro operato e sull’impegno umanitario per salvare vite in mare», dice Daniela Fatarella, direttrice generale di Save the Children, commentando la decisione del giudice per l’udienza preliminare. «Dopo sette anni di false accuse, slogan infamanti e una plateale campagna di criminalizzazione delle organizzazioni impegnate nel soccorso in mare, cade la maxi-inchiesta avviata dalla procura di Trapani nell’autunno del 2016, la prima della triste epoca di propaganda che ha trasformato i soccorritori in “taxi del mare” e “amici dei trafficanti”», dice Medici Senza Frontiere. «La formula assolutoria dice che non c’era niente, mancava la condotta materiale», dice Alessandro Gamberini, legale della organizzazione non governativa Jugen Rettet. «Questo processo è una delle origini del male, della diffamazione delle ong, chiamate spesso a essere complici dei trafficanti», ha aggiunto Gamberini.


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