Iti Archimede, due studenti-inventori al Cnr Creano le lenti 3.0 ma la scuola li snobba

Eugenio Galioto, 19 anni, appena diplomato con il massimo dei voti ha già le idee chiare sul suo futuro: «Dopo la laurea, voglio fare il ricercatore e farmi finanziare da me stesso». Simone Francalanza, 15 anni, ha il suo piccolo laboratorio nel garage di casa e, al posto dei libri di testo di Fisica della sua classe, legge quelli del professore. Insieme al docente Paolo Stimolo rappresentano Catania al concorso Invfactor – anche tu genio! organizzato dal Consiglio nazionale delle ricerche con la Rappresentanza in Italia della Commissione europea. Stark n1, i loro occhiali super-tecnologici, sono tra le nove invenzioni finaliste, selezionate tra 42 progetti provenienti da scuole di tutta Italia. Per il capoluogo etneo a concorrere è l’istituto tecnico industriale Archimede, seppure i ragazzi non abbiano ricevuto alcun supporto dalla scuola. E il 26 settembre, giorno della premiazione, andranno a Roma a spese loro.

Tutto comincia a ottobre dello scorso anno, in una delle tante chiacchierate tra Eugenio e il suo prof di Fisica. Il ragazzo ha in mente da un po’ l’idea di un paio di occhiali capaci di sostituire smartphone e tablet. «Un giorno mi ha detto “Perché non provarci?” e ha messo su un gruppo di lavoro – spiega il docente – E’ stata la loro grande volontà che mi ha spinto e convinto». Tra i compagni scelti non poteva mancare Simoncino, come lo chiama Stimolo: «Un piccolo genio – continua il professore – E’ al primo anno e, quando parla di fisica, sembra ispirato». Se ad Eugenio tocca la parte di progettazione della futuristica invenzione, è Simone a occuparsi invece della struttura meccanica: la lente, con display oled trasparente. All’invenzione si lavora a casa e con i pochi fondi personali a disposizione. Non abbastanza per degli strumenti professionali, «ma con fantasia e capacità si può fare tutto», commenta Stimolo, senza frenare la soddisfazione per i suoi ragazzi. «Il laboratorio l’ho sistemato da solo, con i consigli di papà – racconta Simone – Compresi gli impianti di aerazione, d’illuminazione e del gas».

Il prototipo – con batterie agli ioni di litio e software Linux – non è ancora pronto, ma ha già una lunga serie di obiettivi da centrare. Nel progetto dei ragazzi, gli occhiali consentono di vedere e incamerare i dati osservati da chi li indossa, riconoscere persone già incontrate, registrare la dinamica di un incidente quando si è in macchina o in moto, telefonare con comando vocale. Ma anche a studiare, sperimentare e giocare. «Pensate a come sarebbe poter suonare il pianoforte, anche se non esperti, con un paio di occhiali che ti dicono che tasti premere – spiega Eugenio Galioto – Con uno smartphone non potresti così facilmente. Io voglio che l’esperienza con Stark n1 non sia più la vita emulabile attraverso gli smartphone, ma fisicamente vissuta».

Un’idea che, secondo il giovane, differenzia la loro invenzione dalle altre simili già in commercio o in progetto nelle grande multinazionali. «Spesso hanno idee progettuali limitate oppure utilizzano hardware di bassa lega che non hanno la potenza per supportare applicazioni di computer vision – spiega – Oppure ancora sono periferiche da collegare al cellulare e non autonome come Stark n1». A sentire parlare Eugenio sembrerebbe di essere davanti a un imprenditore consumato. «Ho sempre guardato al futuro e il mio sogno era quello di fare l’inventore», racconta. Un’ambizione che oggi traduce nella professione del ricercatore, magari dopo la laurea in ingegneria elettronica. «Ma vorrei farmi finanziare da me stesso», proprio con idee come gli occhiali futuristici, da trasformare in attività imprenditoriali. Quasi la stessa idea di Simone, più appassionato alla meccanica, che vede il suo futuro nella ricerca di materiali più rispettosi dell’ambiente.

Al momento, i ragazzi e il docente aspettano settembre, per scoprire se la loro idea sarà la vincitrice e verrà quindi presentata il 27 settembre a Roma durante la Notte europea dei ricercatori. Un appuntamento a cui non mancheranno, seppure a spese loro. «La preside (Romana Romano ndr) non ha voluto finanziarlo o appoggiarlo in nessun modo – spiega Stimolo – Probabilmente per i nostri trascorsi sindacali burrascosi». «Ma davanti alla volontà e alla bravura di questi ragazzi – conclude il docente – che valore possono avere le nostre piccole beghe?».

Claudia Campese

Giornalista Professionista dal 2011.

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