Isola Quassùd, integrazione attraverso l’arte e il cibo La presidente: «Percepire l’altro non come diverso»

«Il mio futuro?
Mi importa solo essere felice, accanto alle persone che amo e nella mia amata terra, l’Eritrea». L’augurio della 23enne Yrghalem non è diverso da quello degli altri ragazzi di Isola Quassùd, l’associazione – che fa dell’integrazione il suo punto forte – figlia della regista Emanuela Pistone. Sono tanti i ragazzi che ne sono parte, alcuni nati in Italia, altri arrivati via mare. Come M., diciannovenne egiziano a Catania dal 2013, che da un anno frequenta l’Istituto alberghiero Karol Wojtyla di Monte Po. «Non avevo mai pensato veramente al mio futuro – racconta – prima di arrivare in Italia. Mi piacerebbe avere una famiglia e un buon lavoro e poter tornare nel mio paese».

Insieme a tutti gli altri ragazzi Yrghalem ed M. partecipano al progetto ideato dall’associazione
Life is beautiful, vincitore del bando MigrArti 2016 – sezione spettacolo, promosso dal ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo. Un progetto in linea con le attività svolte fino ad ora dall’associazione, che mette giovani migranti e studenti italiani al centro di ogni iniziativa, con lo scopo di creare, attraverso spettacoli, laboratori, corsi di formazione e lezioni di lingua, i presupposti necessari a un riconoscimento delle proprie identità culturali, che è poi indispensabile per favorire lo scambio tra civiltà e la conoscenza di nuove culture.

Dal 2004 la parola che riecheggia è
intercultura, accanto a dialogo e condivisione. Ma anche cibo, che «da sempre – spiega Pistone – costituisce un elemento di unione tra i popoli». Grazie al crowdfunding di Laboriusa, l’associazione ha acquistato una cucina e l’occorrente di cui necessitano i ragazzi per sperimentare il loro talento dietro ai fornelli. «La nostra esperienza di home restaurant – continua la regista – ci dimostra quanto ci si liberi dai pregiudizi davanti a un piatto invitante accompagnato dalla breve storia della sua origine e arricchito dalle performance estemporanee dei nostri cuochi».

Il progetto prevede un
laboratorio interdisciplinare di teatro condotto da Pistone, tre workshop di espressione corporea, performing art e narrazione condotti dall’attore e musicista ivoriano Rufin Doh Zeyenouin, dall’attore e pedagogo Christian Di Domenico e dalla ballerina e coreografa del Sud Africa Mamela Nyamza. «L’esperienza del teatro libera dai confini della lingua, della cultura, della società, della contingenza – spiega la Pistone – Regala gli strumenti del sogno ma allo stesso tempo, come dice Leo De Berardinis, è una grande forza civile, toglie la vigliaccheria del vivere, toglie la paura del diverso, dell’altro, dell’ignoto, della vita, della morte».

L’iniziativa – che si svolgerà da aprile a luglio – vanta diversi partner, come Comune di Catania, progetto Immigrati-Casa dei Popoli, Catania Città Metropolitana, Università di Catania, CoSMICA (Centro per gli Studi sul Mondo Islamico Contemporaneo e l’Africa), Radio Zammù, associazione culturale Ingresso Libero e Istituto Karol Wojtyla. Dove sono in programma anche alcuni incontri. Verrà messa in scena la performance
Life is Beautiful – un rito di comunione per le vittime del Mediterraneo, interpretata da Isola Quassùd liquid company, e si terranno i meeting Food&Culture. «Il confronto tra giovani e giovanissimi che hanno la stessa età e le stesse abitudini ma provenienze diversissime – commenta Pistone – è essenziale per la percezione dell’altro non come diverso, ma come un altro me».

Da maggio, inoltre, sarà possibile ascoltare sulle frequenze di Radio Zammù
Intersezioni africane: quattro puntate con protagonisti studenti universitari italiani e stranieri coinvolti in un lavoro di ricerca giornalistica. La ventiduenne Renata, per esempio, è arrivata in Italia dalla Guinea-Bissau proprio per studiare. Frequenta l’ultimo anno di Fisioterapia e sogna di trovare un lavoro: «Vorrei mettere soldi da parte per tornare nel mio paese come fisioterapista esperta e costruire una struttura di riabilitazione, considerato che nel mio paese ce n’è di bisogno».


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