Ipab, verso riforma delle strutture di assistenza Grandi patrimoni ma dipendenti senza stipendi

Le Ipab, Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, saranno presto riformate. L’annuncio già nei giorni scorsi è stato dato dall’assessore regionale al Lavoro, Gianluca Miccichè. Ci aveva provato già, con scarsa fortuna, il suo predecessore Bruno Caruso, impattando sul terreno scivoloso del cambiamento e del riordino. Un tentativo che si è dilatato nel tempo ed è stato anche messo a dura prova dall’immobilismo della politica, infrangendosi in un nulla di fatto. 

La legge istitutiva delle Ipab affonda le radici addirittura nel 1890. Si tratta di enti di diritto pubblico, molti dei quali costituiti con patrimoni privati o da enti di ispirazione religiosa, con risorse fornite da enti ecclesiastici. Nel resto d’Italia si chiamano Fondazioni o aziende di servizi alla persona e sono in alcuni casi enti pubblici non economici dotati di personalità giuridica, con statuti autonomi, di gestione e patrimonio, ma senza fini di lucro. In Sicilia la riforma ancora non c’è. Anche Miccichè nelle sue linee guida di cambiamento pare sia orientato alla valorizzazione dei patrimoni, non sempre in grado di produrre reddito nelle attuali condizioni. Molti di questi enti si trovano in situazioni di vero e proprio dissesto finanziario. È fondato il timore che in tempi brevi si possa arrivare alla chiusura di una serie di questi istituti, con il conseguente disagio per molti assistiti, che finirebbero col ricadere sulle già provate casse degli enti comunali. Oppure che si possa procedere a commissariare le Ipab per poi affidare la liquidazione dei rispettivi patrimoni ai commissari. 

Quello che è certo è che nella nuova composizione sarà soppressa la presenza del componente di designazione regionale, mentre la Regione manterrà il controllo con la nomina dei componenti degli organi di revisione contabile. Negli anni scorsi la Regione, peraltro, con una norma ha provveduto ad equiparare, in riferimento al trattamento economico, i dipendenti degli enti al personale degli enti locali e dei Comuni, con contratti decisamente più onerosi delle cooperative che quantificavano una spesa generale del 40 per cento in meno. In tal senso sempre più Ipab pensano di dover esternalizzare il servizio del personale. I lavoratori ad esempio dell’Ipab Palagonia di Palermo per mesi non hanno ricevuto lo stipendio nonostante un patrimonio di quasi 80 milioni di euro. 

Complessivamente il numero dei lavoratori a tempo indeterminato che lavorano nel settore non dovrebbe essere inferiore a 700 dipendenti con un altro migliaio di operatori a tempo determinato assorbiti attraverso singole convenzioni con gli enti. Uno dei problemi concreti, anche per quanto riguarda la dismissione dei patrimoni e degli immobili, è rappresentato poi dalle procedure amministrative complesse rese in alcuni casi ancora più complicate da donazioni e lasciti non sempre perfezionati nel corso degli anni. In altri casi ad aggrovigliare la matassa sono specifici vincoli di testamento ai territori e alle comunità delle singole Opere pie. Si tratta dei casi dei vincoli di destinazione, quando cioè un bene può essere amministrato solo in funzione di una serie di scopi, categoricamente espressi. 

La riforma delle Ipab dunque servirà solo nella misura in cui l’assistenza socio-sanitaria e le situazioni di disagio potranno essere affrontate con agilità di procedure e strutture snelle, possibilmente sottratte alle signorie locali e territoriali delle clientele politiche.


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