Dal regista premio Oscar per Traffic, un noir in stile anni quaranta ambientato nella Berlino del 1945
Intrigo a Berlino
Il benemerito Walt Whitman mi scuserà se mi permetterò di storpiare due dei suoi versi più famosi per fini ben poco alti e poetici
O Casablanca, mia Casablanca
Lultima prova del regista statunitense Steven Soderberg è Intrigo a Berlino (The Good German), interpretata dalla crème della Hollywood targata anni 2000: George Clooney, Cate Blanchett e Tobey Maguire.
Nelle vicinanze della Berlino del 1945, semidistrutta dai bombardamenti, Churchill, Stalin e Truman decidono le sorti del mondo nella conferenza di Postdam. Il Giappone è ancora in guerra e il bel Clooney, che interpreta Jake, giornalista tornato a Berlino dopo gli anni del conflitto, gira per la città su un auto guidata da Tobey-Spiderman-Maguire. Il suo scopo? Ritrovare la bella Lena, una vedova allegra, ma non troppo
Soderberg è sicuramente un regista molto dotato sul piano tecnico, e questopera lo conferma in pieno. Il film è un buon compitino che segue perfettamente lintestazione assegnata: realizzare nel 2007 un noir anni quaranta. È un bellesercizio di stile. Il regista ha utilizzato una pellicola da cui ha tolto il colore per ottenere il bianco e nero e ha scelto modalità di presa del suono che si usavano sessantanni fa, sporche rispetto alle tecniche moderne. Lo scenografo Philip Messina è stato molto bravo nel ricreare, a Los Angeles, la Berlino del 1945, e alle scene, con sfondo ricostruito, sono state alternate immagini depoca della Germania post bombardamenti. Soderberg ha inoltre utilizzato, in una delle sequenze iniziali in cui Clooney e Maguire attraversano le strade berlinesi in auto, le riprese che Billy Wilder aveva realizzato per Scandalo Internazionale nel 1948.
George Clooney tante volte è stato paragonato, nel fascino e nel carisma, ai divi degli anni Quaranta. Il che è anche vero: come negare che i cuori di tante gentili donzelle palpitano appena la camera inquadra i suoi capelli sale e pepe che niente perdono, in tinta, nel bianco e nero depoca? La cosa però finisce qui. Clooney ha già lavorato con Soderberg in diversi film: Solaris, Out of Sight, i vari Oceans Eleven, Twelve, Thirteen (domanda da un milione di dollari: i nostri impavidi eroi riusciranno nellimpresa Oceans 100?); trovandosi di fronte non solo alla possibilità di lavorare con un regista che evidentemente gli è congeniale, ma anche di potersi confrontare con mostri sacri quali Cary Grant e Bogart, non si è fatto sfuggire loccasione. Forse invece avrebbe dovuto. Clooney, e come lui la Blanchett e Maguire, si sono trovati davanti a dei personaggi stereotipati: il buono, la bella, il cinico La recitazione è teatrale, con gesti enfatici e retorici, proprio come allora. Il problema, però, è che Cate Blanchett non è né la Bergman né la Garbo, che Clooney è fin troppo smaccato nel calarsi di sbieco il cappello sulla fronte stile Bogart e che Maguire è inutile, niente da fare! senza una ragnatela appiccicata alla schiena e un Empire State Building da scalare proprio non sembra in grado di stare davanti a una cinepresa!
Tra lo spettatore e il film il colpo di fulmine scatta subito, oppure non scatta mai: qui non scatta, non cè empatia perchè chi guarda non riesce a essere coinvolto.
E, nella scena finale, dallomaggio e dalla citazione si passa quasi alla copia smaccata, con laereo in partenza sotto la pioggia
È inutile: O Casablanca, mia Casablanca
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Articolo in collaborazione con il Medialab della Facoltà di Lingue
“La recensione giornalistica” diretto da Davide Brusà