Intoppi nella prima maxi-gara dopo gli arresti nella sanità Regione: «Rivedere gli importi». In ballo oltre 40 milioni

I lenzuoli dovranno essere di cotone color bianco candido, le copertine per i neonati con una percentuale di lana tra il 40 e il 50 per cento, i camici per il personale dovranno essere garantiti dalla XS alla tripla XL. Sono riassunte in poco più di una decina di pagine le caratteristiche delle forniture che dovranno essere assicurate alle 17 aziende sanitarie che, da tempo, attendono di sapere chi si occuperà del servizio di lavaggio e, per circa la metà, anche di noleggio della la biancheria utilizzata nei reparti ospedalieri e il vestiario per i lavoratori. Quella riguardante il servizio lavanolo è una delle gare d’appalto che più hanno fatto discutere in Sicilia negli ultimi anni. A partire dal valore: oltre 40 milioni di euro per una durata di quattro anni. 

Ma al di là dell’importo a base d’asta – l’aggiudicazione terrà conto non solo del ribasso, ma anche dell’offerta tecnica -, il lavanolo, a dispetto della promessa di candore, l’anno scorso è stata la strada per scoprire gli affari sporchissimi che giravano attorno alla sanità siciliana. Gli ultimi, perlomeno. L’inchiesta Sorella sanità, che la scorsa primavera ha portato all’arresto, tra gli altri, dell’ex paladino dell’Antimafia e fresco commissario Covid Antonio Candela e del manager Fabio Damiani, partì proprio in seguito a una denuncia presentata da una delle società che avevano partecipato alla precedente gara per la fornitura di biancheria agli ospedali. Il servizio di lavanolo, infatti, nel 2017 era già stato al centro dell’attenzione della Cuc della Regione Siciliana, la centrale unica di committenza che ha incassato diversi passi falsi dal momento della sua costituzione. La gara, però, non si concluse mai e nella primavera del 2018 venne definitivamente annullata, in seguito a una sentenza del Tar. «Damiani – hanno annotato i finanzieri negli atti dell’indagine Sorella sanità -, oltre a essere il dirigente responsabile della centrale unica, era anche il responsabile del procedimento».

Quasi quattro anni dopo, la Regione quindi ci ritenta. E anche stavolta l’espletazione della gara spetterà alla Cuc, oggi guidata dall’avvocato Antonio Lo Presti. «Ritenuta indifferebile la necessità di centralizzare le esigenze manifestate dalle singole aziende sanitarie, in ragione dell’opportunità di garantire la continuità del servizio ed evitare il ricorso a continue proroghe», si legge nel decreto di indizione della procedura. Fino a oggi, infatti, nelle 17 aziende il servizio di lavanderia e – lì dove è necessario, per mancanza di forniture di proprietà – quello di noleggio della biancheria è stato svolto da imprese con contratti a breve-medio termine. Ad attendere la definizione della gara sono: l’Asp di Palermo e l’Ismett (lotto 1), le Asp di Ragusa, Enna e Caltanissetta (lotto 2), il Cannizzaro e il Policlinico di Catania (lotto 3), le Asp di Agrigento e Trapani (lotto 4), le Asp di Catania e Siracusa e l’Arnas Garibaldi (lotto 5), le aziende messinesi Policlinico, Papardo e Bonino Pulejo (lotto 6) e infine l’Arnas e il Policlinico di Palermo (lotto 7). Escluse dai lotti, per non avere risposto alla richiesta della Regione in merito alle proprie esigenze, sono state l’Asp di Messina e il Giglio di Cefalù.

Sulla carta i tempi per partecipare scadranno il 16 febbraio. Tuttavia, non è escluso che i termini possano nuovamente slittare. «In seguito a opportune riconsiderazioni – si legge in una nota della Cuc – questa centrale ritiene necessaria la rettifica parziale degli atti di gara. Verrà ricalcolato l’importo a base d’asta nonché quello dei singoli lotti e la documentazione subirà un aggiornamento». L’obiettivo


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