Informazione, la rete del Clandestino

Negli ultimi giorni di agosto, nella magnifica scenografia barocca della città di Modica, si è svolta la seconda edizione del “Festival di Giornalismo” organizzato da “Il Clandestino“, mensile che da quasi due anni si può trovare in molte delle edicole della cittadina iblea. Piero Paolino e Giorgio Ruta sono due del gruppo di giovanissimi fondatori del giornale, a cui abbiamo chiesto di parlarci di questa esperienza di informazione “dal basso”

Il “Clandestino” come e quando è nato?
Piero «Il Clandestino è un’associazione culturale che esiste da 4 anni, anche se è nata ufficialmente 2 anni fa, nel 2008. Ha come obiettivo quello di creare un giornale che parli della provincia di Ragusa; ma cerchiamo di recuperare vari contributi anche dalle altre province, come quella di Siracusa».

Giorgio «Lo abbiamo fondato perché c’era fermento tra i ragazzi sul tema della privatizzazione dell’acqua, e pensavamo, e continuiamo a pensarlo, che non ci sia informazione limpida in provincia a causa di alcuni “blocchi” economici e politici. Abbiamo creato questo giornale fatto “alla meno peggio” inizialmente, cercando di migliorarci pian piano, e uscendo dalla scuola due anni fa abbiamo deciso di registrare la testata, stamparlo in tipografia e diffonderlo anche nelle edicole. Lo scopo del Clandestino è uguale da 4 anni, non è cambiato».

Come è nata l’idea del Festival di giornalismo?
Piero «L’idea del Festival è nata l’anno scorso: un modo per confrontare e scambiare le idee con altre persone che fanno giornalismo in Sicilia e in Italia, per tessere delle relazioni con altre realtà che si occupano di informazione in modo autonomo senza finanziamenti o “chissacchì” dietro. L’anno scorso la prima edizione ha avuto un carattere più siciliano con ospiti come Carlo Ruta, Pino Maniaci, Riccardo Orioles, più altri giornali e siti Internet che si occupano di informazione in Sicilia. Quest’anno abbiamo cercato di migliorarlo, coinvolgendo giornalisti e documentaristi di livello nazionale».

Quanta fatica, sforzo economico e di tempo ci è voluto per organizzare il Festival?
Piero «Si è trattato di un grosso impegno, perché abbiamo iniziato a lavorare a gennaio, cercando di fare tutto al meglio. Quest’anno in particolare siamo riusciti ad offrire, oltre alle conferenze, più momenti formativi, con due workshop: il primo sulla fotografia, tenuto da Simone Donati, un fotoreporter toscano che lavora per testate nazionali, e il secondo sul giornalismo d’inchiesta, tenuto da Franco Fracassi, che si occupa di realizzare inchieste video e documentari. È stato bello vedere che c’è stata una buona risposta, con partecipanti da tutta la Sicilia. Abbiamo testato i loro pareri e sembra che siamo sulla giusta strada».

Come è organizzato “Il Clandestino”?
Giorgio «L’organizzazione dell’associazione e del giornale è “orizzontale a artigianale”. Siamo un gruppo di 10 ragazzi, ognuno con il suo ambito d’interesse. C’è chi si occupa di sport, chi di politica, chi di arte, e ognuno nel suo piccolo cerca di reperire le notizie, fare le interviste, riempire in maniera “simpatica” il giornale. Poi c’è l’occhio del direttore, che è il giornalista Pippo Gurrieri, fondatore di Sicilia Libertaria, che ci dà un grande aiuto. Oltre al giornale ci sono le varie iniziative che organizziamo durante l’anno, tra cui il Festival. Il tutto senza intascare una lira».

Piero «Oltre al nucleo fondatore, nell’ultimo anno e mezzo si sono avvicinate molte persone, che hanno contribuito a fare crescere il Clandestino; persone che magari non collaborano costantemente, ma fanno del giornale uno strumento per chi sul territorio ha la necessità di dire qualcosa».

Modica è una città viva, con una società civile attiva, o ci sono difficoltà nel coinvolgere i cittadini nelle vostre iniziative?
Giorgio «Penso che Modica sia la città più viva sul piano culturale dell’intera provincia, ma è sempre un fenomeno limitato. Noi abbiamo avuto un grande riscontro da parte di tanti cittadini, ma riteniamo che ci siano ancora passi avanti da fare: ci vuole una partecipazione più attiva e costante da parte di tutti, per dare visibilità a temi che molte volte sono trascurati. Ma i piccoli passi che facciamo ogni giorno si sentono».

Il Clandestino parla anche di antimafia, e uno degli eventi più attesi del Festival era la presentazione, poi annullata, del libro “Don Vito” di Massimo Ciancimino. Pensate che l’assenza abbia influito negativamente sul successo dell’iniziativa?
Giorgio «Certamente la presenza di Ciancimino era molto attesa, e poteva essere utile per capire determinate tematiche, ma nel Festival c’è spazio soprattutto per argomenti come il workshop o il forum delle testate giovanili, che sono molto più utili».


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