Indagini Ong, avrebbe imbarcato migranti non in pericolo Procura: «Per fini umanitari, non di lucro, ma è un reato»

Avrebbero imbarcato migranti direttamente dalle imbarcazioni dei trafficanti senza che fossero in condizioni di pericolo. È questa l’accusa rivolta ad alcuni esponenti, anche se non ci sono indagati, della ong tedesca Jugend Rettet. Sono arrivate a una svolta le indagini della Procura di Trapani, condotte dalla squadra mobile, dagli uomini del Servizio centrale operativo e dalla Guardia Costiera, che hanno portato questa mattina al sequestro preventivo della nave Iuventa, per evitare la reiterazione del reato.

«Abbiamo accertato – ha sottolineato il procuratore aggiunto di Trapani, Ambrogio Cartosio, nel corso della conferenza stampa che si è svolta questo pomeriggio nei locali della Questura del capoluogo – che questa imbarcazione, anche se interveniva per salvare vite umane nel Mediterraneo, in più occasioni ha agito senza trovarsi di fronte a situazioni di reale pericolo, facendo salire a bordo persone scortate dai trafficanti libici e spacciando le operazioni per interventi di salvataggio. Solo per scopi umanitari, non di lucro, ma a nostro avviso – ha proseguito Cartosio – queste condotte implicano un reato: quello del favoreggiamento dell’immigrazione clandestina».

Sono tre gli episodi contestati dalla Procura: due sono avvenuti lo scorso mese di giugno, il 18 e il 26, mentre un terzo risale al 10 settembre del 2016. «Al momento – ha precisato Cartosio – non vi sono indagati, ma non possiamo fornire altri particolari che sono coperti dal segreto investigativo. Siamo consapevoli che le informazioni che stiamo dando potrebbero prestare il fianco a critiche o a strumentalizzazioni che non possono, però, fermare e frenare l’attività della magistratura e della polizia giudiziaria che è volta esclusivamente a fare rispettare la legge». Negli episodi contestati la ong avrebbe comunque avvisato dell’intervento la centrale operativa della Guardia costiera italiana. 

«I fatti – ha proseguito il procuratore aggiunto – sono stati commessi da persone che hanno fatto parte degli equipaggi della Iuventa e sarà necessario approfondire le indagini per giungere ad individuare le singole responsabilità, ma in questa fase, per evitare il ripetersi del reato, abbiamo chiesto, come prevede la legge, il sequestro che non c’entra nulla con il fatto che la ong tedesca non abbia firmato, così come Medici Senza Frontiere, il codice di condotta messo a punto dal Viminale».

Secondo quanto emerso dalle indagini, alcuni membri dell’equipaggio della Iuventa avrebbero avuto degli incontri in mare con gli scafisti. Ma la Procura non ha precisato se sono avvenuti in acque libiche o internazionali. «Abbiamo diverse testimonianze – ha sottolineato Cartosio – che provano alcuni contatti avvenuti in mare tra operatori della ong tedesca e trafficanti. Ma in questo momento non posso aggiungere altro. Queste indagini sono coperte da segreto istruttorio».

La Iuventa è stata bloccata ieri notte dalla Guardia Costiera e scortata fino al porto di Lampedusa. A bordo c’erano anche due migranti siriani che erano stati salvati da una nave della Marina militare e trasbordati sulla nave della ong. I due sono stati accompagnati al centro di accoglienza dell’isola. In mattinata è arrivato il decreto di sequestro firmato dal gip Emanuele Cersosimo su richiesta del procuratore aggiunto Ambrogio Cartosio e il sostituto procuratore Andrea Tarondo che da mesi indagano sui rapporti tra le organizzazioni non governative e i trafficanti. Le indagini sarebbero partite in seguito alle dichiarazioni di alcuni migranti sbarcati al porto di Trapani che avrebbero confermato i rapporti tra la ong tedesca e alcuni scafisti.

Jugend Rettet, intanto, ha affidato a Twitter un primo commento sull’indagine. «Per noi il salvataggio di vite umane è e sarà la priorità e ci dispiace non poter operare nella zona di ricerca e salvataggio in questo momento – si legge -. Non vogliamo fare alcuna ipotesi, per questo stiamo raccogliendo informazioni a tutti i livelli e solo dopo potremmo valutare le accuse. Speriamo di incontrare le autorità italiane prestissimo».

Pamela Giacomarro

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