L'operazione antimafia svela l'ascesa criminale dei figli del boss Maurizio Zuccaro. Insieme alla moglie avrebbero ricevuto ordini dal carcere per portare avanti la tradizione di famiglia. Nel mirino anche l'affare della sicurezza nei locali. Guarda il video e le foto
Inchiesta Zeta, dalla musica neomelodica a Cosa nostra Il cantante: «Quello lì? Lo levo dai piedi quando dico io»
Una melodia suonata al ritmo di Cosa nostra. Che avrebbe avuto il suo frontman in Filippo Zuccaro, noto con il suo nome d’arte: Andrea Zeta. Conosciuto in tutto il sud Italia per la sua carriera da cantante neomelodico ma anche figlio del sanguinario boss Maurizio. L’ultimo successo musicale soltanto qualche settimana fa, quando centinaia di persone lo avevano acclamato all’interno del teatro Metropolitan di Catania. Oggi lo spartito racconta una storia diversa. Fatta di mafia, estorsioni, usura e intestazioni fittizia di beni. Un mix di accuse che rientrano nell’operazione Zeta, portata al termine dalla squadra mobile di Catania su delega della procura etnea. Quattordici arrestati tutti nel segno della famiglia Zuccaro. Perché, di questo sono convinti gli inquirenti, il cantante – insieme al fratello Rosario – avrebbe portato avanti la tradizione mafiosa di famiglia. Cominciata con il nonno Saro e proseguita negli anni ’90 con il sanguinario padre Maurizio. Quest’ultimo attualmente detenuto nel carcere di Milano Opera e indicato come tra gli autori dell’omicidio eccellente di Luigi Ilardo.
Fondamentale per l’operazione di oggi il lavoro della squadra antiracket della polizia, guidata da Nino Tomarchio. Il gruppo degli Zuccaro, che rientra nella famiglia di Cosa nostra dei Santapaola-Ercolano, avrebbe avuto la sua base operativa nella zona di San Cocimo, tra piazza Machiavelli e il castello Ursino. A dare il via all’indagine una denuncia presentata a giugno 2016 dal titolare di un parcheggio nei pressi dell’aeroporto Fontanarossa. «Sistema 100mila euro altrimenti ti facciamo saltare tutto in aria, oppure cercati l’amico», gli avrebbero detto, rigorosamente in dialetto, al telefono. Così si arriva agli autori della presunta estorsione: Giuseppe Verderame e Simone Giuseppe Piazza. Pezzi di un mosaico più ampio che ha portato la polizia sulle tracce di Graziella Acciarito, moglie di Maurizio Zuccaro, e sui due figli di quest’ultimo: Andrea e Rosario. Insieme a Luigi Gambino sarebbero stati al vertice del clan.
Dal carcere l’anziano padrino, costretto su una sedia a rotelle, avrebbe continuato a impartire ordini tramite i parenti. In un video, diffuso dagli investigatori, si vede la famiglia Zuccaro a colloquio. Il boss, che mima anche il gesto di una pistola, avverte il figlio Andrea: «Stai con gli occhi aperti, mi raccomando». Il cantante neomelodico lo rassicura: «Tranquillo papà. Lo levo da mezzo ai piedi quando dico io». Nel mirino del gruppo sarebbero finiti gli imprenditori Alessandro Scardilli e Rosario Coniglione. Entrambi impegnati nella gestione del noto locale Vecchia dogana. «Il clan – precisa il procuratore Andrea Bonomo – in un primo momento ha imposto all’attività il servizio di sicurezza». Gestione che però, precisano gli inquirenti, sarebbe finita anche nelle mire della cosca avversaria dei Cappello, capeggiati dal boss Massimiliano Salvo con la complicità del fratello Francesco.
In scena entra anche la moglie di Scardilli, Michela Gravagna. Anch’essa finita indagata per intestazione fittizia di beni. «Il rapporto del clan Zuccaro comincia con una imposizione – aggiunge Bonomo -. Ma il rapporto con Gravagna si evolve e la donna diventa una testa di legno». Sotto la lente d’ingrandimento anche il ristorante Pititto, ormai chiuso, a San Giovanni Li Cuti, lungo il litorale. «La donna aveva il 50 per cento delle quote della società – continua il magistrato -. La parte restante era in mano a un socio inconsapevole che, dopo avere capito di essere in affari con Zuccaro, si è tirato fuori». Sul legame tra Gravagna e il clan c’è anche dell’altro: «Era legata sentimentalmente proprio a Rosario Zuccaro», precisa il procuratore capo leggendo un passaggio dell’ordinanza di custodia cautelare.
Nell’elenco delle persone finite in manette c’è pure Rosario Ragusa, detto lo sceriffo. Ex componente del clan dei Cursoti finito al centro di un approfondimento di MeridioNews sulle presenze di pregiudicati durante la festa religiosa di Sant’Agata. Ragusa, come dimostravano alcune foto, oltre a essere un devoto si era accomodato sulla vara utilizzata durante la processione. Tra i destinatari dell’ordinanza Angelo Testa, cugino di Maurizio Zuccaro, e Giovanni Fabio La Spina, figlio del consigliere comunale di Misterbianco Riccardo. In passato il nome di Andrea Zeta, e la sua parentela scomoda, era stata trattata da un approfondimento di questa testata sul mondo della musica neomelodica. Fatto che scatenò l’ira del diretto interessato, poi denunciato alla polizia insieme a Niko Pandetta.