Finanza agevolata 2025: i consigli per gli incentivi Resto al Sud 2.0 per nuove aziende

Favorire l’autoimpiego, sostenere la nascita di nuove imprese e promuovere l’innovazione nel Mezzogiorno. Sono gli obiettivi di Resto al Sud 2.0, con nuovi incentivi 2025 per giovani aziende in Sicilia (e non solo). Previsto dal decreto Coesione del 2024, con le nuove domande ammesse a partire da metà ottobre 2025. Un programma ambizioso, pensato per chi ha meno di 35 anni e vuole mettersi in gioco nel proprio territorio. Non cumulabile con altri incentivi, Resto al Sud 2.0 può però essere affiancato al Fondo di garanzia Pmi e alla Naspi in unica soluzione. Ecco i consigli di Armando Crispino – i primi di una rubrica dedicata alle imprese -, commercialista e consulente aziendale, fondatore di Studio Crispino, per domande a prova di selezione.

A chi è rivolto Resto al Sud 2.0

Armando Crispino, commercialista e consulente aziendale

La misura è destinata ai giovani tra i 18 e i 35 anni che si trovano in condizione di inoccupazione, disoccupazione, inattività. Oppure che aderiscono al programma GOL (Garanzia Occupabilità Lavoratori) o, ancora, appartengono a categorie vulnerabili o marginalizzate. Il requisito fondamentale è che l’iniziativa imprenditoriale si sviluppi in una delle otto regioni del Sud Italia: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna o Sicilia.

Gli incentivi finanziari per il 2025

Gli incentivi finanziari previsti nel 2025 per le nuove aziende in Sicilia si articolano in due forme. Innanzitutto un voucher a fondo perduto, da 40mila a 50mila euro. Per coprire al 100 per cento le spese di avvio e, in particolare, per acquisti innovativi o green. A questo si affianca un contributo aggiuntivo pari al 75 per cento degli investimenti fino a 120mila euro, e al 70 per cento per investimenti tra 120mila e 200mila euro.

Le spese ammissibili per nuove aziende in Sicilia

Tra le spese ammissibili, ci sono l’acquisto di attrezzature, software, servizi digitali e di branding per dare nome e identità alla propria idea imprenditoriale. Ma anche consulenze tecnico-specialistiche (fino al 30 per cento), opere edili di ristrutturazione (solo per i programmi d’investimento) e acquisizione di brevetti, know-how o portali web. Sono invece escluse le consulenze legali, fiscali e tributarie. Così come l’acquisto di immobili o terreni.

Il processo di selezione e l’erogazione del contributo

Il processo valutativo si articola in tre fasi: verifica dell’ammissibilità formale, analisi dei requisiti soggettivi e territoriali, e infine una valutazione del merito progettuale. Con particolare attenzione alla coerenza tra l’investimento e il modello di business proposto. Se si superano tutte le fasi, l’erogazione del contributo avviene in due momenti: un primo acconto (Sal) dopo tre mesi dalla concessione, pari al 30-70 per cento delle spese sostenute, e un saldo finale entro 80 giorni dalla rendicontazione. Il tutto con scadenze temporali precise: entro 9-12 mesi per i voucher ed entro 16-20 mesi per i programmi di investimento.

I possibili problemi (e le soluzioni) per la richiesta perfetta

La domanda di partecipazione agli incentivi Resto al Sud 2.0 può essere presentata solo online, attraverso il sito. Uno scoglio non troppo complicato da superare, ma per il quale servono attenzione e dimestichezza. Soprattutto nel non dimenticare qualche allegato o documento aggiuntivo che può fare la differenza. Una check-list del necessario, è sempre un buon modo per assicurarsi che non sfugga niente prima di premere il tasto di invio. La lista dei documenti utili, però, va anche creata. E, al netto di moduli e adempimenti specifici, la difficoltà principale è spesso riscontrata nella descrizione dell’iniziativa e, ancora di più, nel piano d’impresa (per programmi d’investimento).

La descrizione dell’iniziativa

Tra gli allegati previsti dal bando per gli incentivi Resto al Sud 2.0, c’è la descrizione dell’iniziativa che si vorrebbe far finanziare tra le nuove aziende in Sicilia. Non un generico progetto, ma un quadro chiaro che parta dal contesto progettuale per passare all’organizzazione, gli obiettivi e la strategia d’intervento. Compresi – e spesso dimenticati – i risultati attesi. Un documento in cui dosare con cura linguaggio tecnico consapevole e passione imprenditoriale. Per trasformare una bozza di idea in una possibile realtà concreta anche agli occhi di chi giudicherà la tua domanda.

Il piano d’impresa

Spesso confuso con il business plan, il piano d’impresa è in realtà una dettagliata relazione degli investimenti previsti, delle fonti di finanziamento e delle loro finalità. Un documento decisamente tecnico, in cui il margine d’errore ammesso è davvero basso. E per il quale può essere meglio valutare l’aiuto di un esperto.


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