La protesta, indetta dalla Fistel Cisl non si tradurrà in uno sciopero, consentendo la regolare messa in scena del Requiem di Verdi in programma domani sera. Ma il sindacato punta il dito sulle promesse disattese. «Il sovrintendente Giambrone rispetti gli impegni»
In stato di agitazione i lavoratori del Teatro Massimo «Finora solo tagli, nemmeno l’ombra del rilancio»
Protestano contro i tagli i lavoratori del Teatro Massimo di Palermo. E puntano il dito contro la Sovrintendenza della Fondazione, colpevole di portare avanti solo una politica di risparmi, senza «il rilancio, atteso da tempo». Così la Fistel Cisl Palermo Trapani ha indetto lo stato di agitazione, che, però, precisano dal sindacato «nel rispetto dei cittadini e del maestro Abbado» non si tradurrà nello sciopero consentendo, dunque, la regolare messa in scena dello spettacolo, il Requiem di Verdi, previsto per domani sera.
«Dopo i pesanti sacrifici economici richiesti e dolorosamente condivisi dai lavoratori e basati sulle 3R: risanamento, riorganizzazione e rilancio – dicono Francesco Assisi, segretario Fistel Cisl Palermo Trapani, e Michele De Luca, coordinatore politiche dello spettacolo della Fistel – constatiamo purtroppo che la fase dell’atteso rilancio, di fatto non è mai avvenuta». La Fistel lamenta la mancanza di «una progettualità artistica adeguata al prestigio internazionale della Fondazione», il ricorso a «costose consulenze esterne» a fronte di un preciso obiettivo: «destrutturare la pianta organica tecnica ed artistica. Paradossalmente – denuncia il sindacato – si giustificano i costi di una fotografa esterna e non quelli di una prima parte d’orchestra su posto vuoto in organico».
Capitolo a parte il nuovo contratto integrativo aziendale. Tema su cui la Fistel Cisl sottolinea la condizione di «stallo nella stesura» e l’assenza ai tavoli di contrattazione del direttore artistico, mentre i lavoratori «responsabilmente hanno accettato l’anticipata applicazione del piano industriale presentato al ministero dalla Fondazione, con l’attuazione dei previsti tagli a importanti voci salariali nelle retribuzioni, prima ancora che questo sia approvato dal governo nazionale».
«Tutto questo – denunciano Assisi e De Luca – ci porta a pensare che da parte del governo regionale e del ministero vi sia una precisa volontà di declassare la Fondazione Teatro Massimo da “eccellenza nel mondo” a piccolo teatro di provincia. Esortiamo il direttore artistico ad attivarsi nel proporre una programmazione artistica di “vera eccellenza”, equiparando la produzione del Massimo e il numero delle sue maestranze tecniche ed artistiche allo standard dei maggiori teatri europei. Il modello di teatro come centro di produzione e il mantenimento dei livelli occupazionali – concludono – erano i fondamenti della politica aziendale condivisa con il sovrintendente Giambrone al momento del suo insediamento, chiediamo dunque di rispettare questi impegni».