Il commissario dello Stato ha impugnato per la seconda volta il bilancio della Regione siciliana. In particolare, il”no” è arrivato per il mutuo – pari a oltre 500 milioni di euro – che l’amministrazione regionale dovrebbe contrarre con la Cassa depositi e prestiti. Con la mossa del commissario dello Stato diventa sempre più concreto il commissariamento della Regione siciliana per persistente violazione dello Statuto. L’assenza di bilancio, infatti, configura la violazione dello Statuto siciliano.
Il motivo del “no” del commissario dello Stato è semplice: la Regione siciliana non può contrarre mutui per fronteggiare la spesa corrente. Con questi soldi, infatti, la Regione avrebbe dovuto pagare le indennità dei forestali e degli operai dell’Esa.
Adesso lo scenario politico si complica. Perché, di fatto, la Regione siciliana è senza bilancio. E’ vero, la scorsa settimana Sala d’Ercole ha autorizzato con un ordine del giorno la pubblicazione del bilancio sulla Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana. Ma non ha provveduto a farlo pubblicare perché, per l’appunto, all’appello mancavano gli oltre 500 milioni che sarebbero dovuti entrare con il mutuo. Solo he, adesso, è arrivata l’impugnativa. Che, come già accennato, riguarda proprio il mutuo.
Sul piano teorico, il presidente della Regione, anche in presenza di un’impugnativa, può procedere alla pubblicazione di una legge. Anche della legge di bilancio. Andando allo scontro con il commissario dello Stato davanti i giudici della Corte Costituzionale. Ma è molto improbabile che il capo della giunta regionale, Raffaele Lombardo, percorra questa strada. Perché se, la Consulta gli dovesse dare torto, risponderebbe in solido – cioè personalmente – del mutuo di oltre 500 milioni di euro.
Che succederà, adesso? Lo scenario è complicato. Il presidente della Regione potrebbe procedere lo stesso alla pubblicazione della legge di bilancio. ma si troverebbe ad amministrare con un pauroso ‘vuoto di cassa’. Non avrebbe i soldi per pagare i forestali e gli operai dell’Esa. Ma non avrebbe le risorse finanziarie per finanziare altri capitoli del bilancio fino ad oggi scoperti (ricordiamo che, in questo, momento, è bloccata anche la tabella H, ovvero tutti i finanziamenti ad associazioni, fondazioni e quant’altro: cose in minima parte serie (come i fondi per i Teatri siciliani) e in buona parte clientelari).
La nostra opinione è che, ormai, lo scioglimento anticipato di Sala d’Ercole è nelle cose. Bisognerà vedere se a dimettersi sarà il presidente della Regione, Lombardo. O se, in presenza di una già acclarata violazione dello Statuto, interverrà Roma, inviando in Sicilia i tre commissari, che dovrebbero essere designati dai due rami del parlamento nazionale riuniti in seduta plenaria.
A conti fatti, Lombardo dovrebbe avere davanti tre strade.
Prima strada: pubblicare il bilancio e andare avanti lo stesso anche senza soldi. Provvedendo, subito dopo la pubblicazione del bilancio, a rimodulare i fondi nei capitoli con una manovra di variazione.
Seconda strada: potrebbe far pubblicare il bilancio e dimettersi subito dopo. In questo modo gestirebbe l’ordinaria amministrazione fino al’insediamento del nuovo presidente della Regione.
Terza strada: prendere atto che, senza i fondi, non si può amministrare (ricordiamo che, oltre al mutuo ormai ‘mancato’, all’appello mancano anche 343 milioni di fondi per la sanità che Roma potrebbe non erogare). In questo caso si potrebbe andare a un commissariamento concordato.
In ogni caso, con quest’impugnativa si chiude un’epoca. La politica siciliana, d’ora in poi, non potrà più truccare i bilanci gonfiando le entrate. E amministrando, di fatto, con il ritardo nei pagamenti, con ‘indebitamento e con la speranza che Roma allargi i cordoni della ‘borsa’.
La responsabilità di quanto accaduto è politica. Ed è del presidente della Regione, Lombardo, e dell’assessore all’Economia, Gaetano Armao, che non hanno capito che, a Roma, non avrebbero accettato più bilanci con entrate fittizie.
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