Di scadenza in scadenza. La gestazione trentennale della metropolitana di Catania potrebbe concludersi alla fine di quest’anno. Aperti nel 1986, i cantieri dovrebbero essere chiusi a dicembre del 2019. Trentatré anni dopo. «Siamo fiduciosi del fatto che l’inaugurazione della stazione di Cibali possa avvenire all’inizio del prossimo anno», dichiara a MeridioNews il direttore tecnico di Ferrovia Circumetnea Salvatore Fiore. Slitta ancora, insomma, rispetto agli ultimi rinvii della deadline: prima a febbraio e poi alla fine dell’estate.
«Da quando
Tecnis è stata venduta, non ci sono più le criticità che hanno causato i ritardi nei lavori. I cantieri – sottolinea Fiore – adesso sono pienamente operativi e la stazione è praticamente completa: resta da finire l’ultimo tunnel che collega il piano banchina con il piano mezzanino e ci sono ancora da installare gli ascensori e le scale mobili. Dopo di che – aggiunge il direttore tecnico di Fce – sarà solo questione delle rifiniture finali prima dell’apertura al pubblico di un tratto importante della metropolitana».
Quella del quartiere dello stadio resta l’unica stazione non ancora aperta della
tratta Borgo-Nesima. E, in questi anni, ne è passata di acqua sotto i ponti. Non solo metaforicamente: nell’aprile del 2017, infatti, sono state le cascate d’acqua all’interno della galleria a fare slittare la consegna dei lavori. Il blocco è poi arrivato per la mancanza di fondi per comprare i materiali dovuta alle questioni legate al colosso catanese delle costruzioni che si sono concluse con l’acquisto delle società di Tecnis (tra cui anche Metro Catania 2013 scarl che sta realizzando la metro) da parte del gruppo campano D’Agostino costruzioni.
Già lo scorso febbraio, Tecnis aveva compiuto un primo passo verso la cessione con l’aggiudicazione provvisoria al gruppo milanese Pessina costruzioni. Il procedimento era poi saltato. L’azienda colosso delle costruzioni degli imprenditori Domenico Costanzo e Concetto Bosco Lo Giudice circa tre anni fa era finita sotto sequestro. Le indagini della procura etnea avevano ipotizzato «l’asservimento del gruppo imprenditoriale alla famiglia catanese di Cosa nostra, alla quale sono state garantite ingenti risorse economiche ed è stata consentita l’infiltrazione del redditizio settore degli appalti pubblici». Per i pm la dimensione degli appalti di Tecnis aveva risvegliato gli interessi illeciti delle famiglie mafiose non solo di Catania ma anche di Palermo e di Messina.
A marzo 2017, il tribunale per le misure di prevenzione restituì l’azienda a Costanzo e Bosco, perché era «venuta meno la pericolosità». Dopo il dissequestro, Tecnis venne ammessa all’amministrazione straordinaria. Un provvedimento dovuto al fatto che, poco prima delle vicende giudiziarie, era stato ritirato il piano di ristrutturazione del debito e, nel febbraio 2016, il cda dell’azienda aveva dichiarato l’intenzione di vendere. In quel periodo, si parlò di passivi per oltre cento milioni di euro. Secondo Il sole 24 ore, Tecnis nonostante un «fatturato di oltre 300 milioni di euro nel 2013 e 2014, con oltre 800 dipendenti, è andata in difficoltà dal 2015, con ricavi ridotti a 198 milioni e perdite nette per 12 milioni».
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