Il sisma di S. Stefano e i danni non ancora rimarginati Tra le chiese ancora chiuse e i problemi dei terremotati

Le ferite causate dal terremoto del 26 dicembre 2018, a distanza oltre due anni, non si sono ancora rimarginate. Il drammatico evento che colpì Zafferana, Fleri, Pisano e tutta la zona dell’Acese – in particolare la frazione di Pennisi – ha lasciato i segni. Dall’ultima ricognizione portata avanti dal commissario Salvatore Scalia, su una stima di circa tremila edifici danneggiati, sarebbero quasi mille i nuclei familiari che avrebbero bisogno di aiuto. Le famiglie, in attesa della ricostruzione, hanno fatto richiesta delle somme di sostegno ai dipartimenti regionali ed erogate dai Comuni interessati: a usufruire del contributo di autonoma sistemazione sono ancora in 150 ad Acireale e in 200 a Zafferana

A questo scenario, acuito dai problemi relativi al Covid-19, si sono aggiunti i problemi relativi alla ricostruzione delle chiese danneggiate. Gli edifici di culto, oltre a rappresentare un bene culturale e turistico, per molti residenti sono un punto di sostegno e di aggregazione. Per questo motivo sia la Cei (Conferenza episcopale italiana) che il governo nazionale hanno messo a disposizione delle diocesi di Catania e Acireale oltre sei milioni di euro per risollevare e ristrutturare più di 50 edifici interessati.

Il punto sulle chiese terremotate nella diocesi di Catania
«Santa Maria della Provvidenza a Zafferana, è quasi a fine lavori – afferma Grazia Spampinato del museo diocesano – Le operazioni hanno visto la partecipazione per l’80 per cento della Cei e 20 per cento della diocesi. Nella chiesa di Fleri, invece, sono appena iniziati i lavori. Nel frattempo, la protezione civile sta contribuendo alla sistemazione per la chiesa di San Giuseppe». Per questa il governo ha disposto più di 600mila euro, ma i lavori previsti superano il milione. «L’unica chiesa in cui non sono iniziati i lavori è quella di Sarro – osserva Spampinato – La parrocchia, già a prescindere dal terremoto, si è trasferita in un’altra struttura». Per quanto riguarda gli altri edifici, gli oneri finanziari sono stati assunti dall’arcidiocesi. 

Interventi da fare e chiese ancora chiuse nella diocesi di Acireale
Per gli edifici di culto acesi la situazione è più complessa. Sono stati circa 40 gli edifici all’interno della diocesi destinatari di interventi. «Le chiese più importanti hanno visto un primo contributo della Cei, che per il terremoto di Santo Stefano ha raddoppiato le somme rispetto al solito – spiega don Angelo Milone, direttore dei beni culturali della diocesi – Gli interventi della Cei per le nostre chiese sono stati di oltre due milioni: più i soldi delle parrocchie». Per la chiesa di Santa Maria del Carmelo, è intervenuta anche la Caritas, che ha contribuito alla ricostruzione di alcuni locali. Per questa chiesa, una delle più danneggiate, sono stati destinati oltre due milioni di fondi governativi.

Per la chiesa di Santa Maria del Rosario, a Cosentini (frazione di Santa Venerina) ci sono stati interventi di 600mila euro divisi tra la Conferenza episcopale e lo Stato. Mentre nella chiesa di Santa Venera, a Santa Venerina, sono previsti lavori per più di un milione di euro con fondi statali: la struttura è ancora chiusa. Ad Aci Catena sono ancora chiusi gli edifici di culto di Santa Maria della Consolazione. «Questa chiesa, sostituita da una tensostruttura, probabilmente non potrà più essere riaperta – fa notare Milone – Perché si trova sopra una faglia: abbiamo anche fatto un’indagine con un geologo». Sempre ad Aci Catena rimangono, al momento, inaccessibili le chiese di Sant’Antonio di Padova, Santissimo Sacramento e Santa Maria del Sangue

Porte chiuse anche per San Giuseppe ad Aci Platani, oltre a Santa Lucia e San Gaetano ad Aci Bonaccorsi: qui, però, si aspettano gli interventi dello Stato. La Cei e la parrocchia ristruttureranno la chiesa dell’Immacolata di Guardia (frazione di Acireale). In ultimo ci sono le chiese già aperte, ma che hanno bisogno di alcuni lavori: Santa Lucia ad Aci Catena e Sant’Antonio di Padova ad Aci Sant’Antonio. Gli interventi in queste ultime due strutture saranno finanziati dal governo con 300mila euro.

Rimane la ricostruzione degli immobili
A commentare lo stato delle case terremotate e delle famiglie in attesa di riavere la propria abitazione è Salvatore Scalia. Dopo aver guidato Acireale in occasione dell’inchiesta che ha travolto l’ex sindaco Roberto Barbagallo, oggi Scalia è commissario per la ricostruzione delle zone colpite dal sisma. Da quanto descrive, a emergere sono le poche istanze presentate dai privati. Così come altrettanto esigue sono le pratiche per la ricostruzione degli edifici lavorate dai Comuni. «Sono più di cento coloro che hanno presentato domanda, pochissime quelle lavorate – dichiara – Il motivo? Il Covid e lo smart working hanno rallentato gli uffici professionali e il lavoro negli uffici Comunali. Abbiamo fatto una ricognizione delle famiglie con più danni – afferma Scalia – Più di 500 hanno risposto sottolineando di avere criticità».

Molte domande sono state respinte perché nell’immobile interessato c’erano piccole opere considerate abusive. «Stiamo parlando di cose minime: alcuni, per esempio, avevano la veranda e per questo gli è stata rigettata la domanda – spiega Scalia – Abbiamo proposto, insieme ad alcuni deputati regionali, una sanatoria come in altre zone d’Italia colpite dai terremoti: non è stata ancora accolta. Nel frattempo – conclude – siamo riusciti a ottenere il Sisma bonus, un contributo del 110 per cento. Ma aspettiamo che vengano presentate le domande dagli interessati».


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