Il riscatto di Capaci potrà passare da Pizzo Muletta? Tra il sogno di un ecoparco e il rischio idrogeologico

Ventisette anni di etichette. E di quelle più scomode, tra l’altro. «Capaci, il posto della strage». Impossibile, infatti, non ricollegare il Comune marinaro a circa una ventina di chilometri da Palermo all’attentato che il 23 maggio ’92 fa saltare in aria un pezzo della A29. E insieme all’autostrada, spazza via per sempre le vite del giudice Giovanni Falcone e della moglie Francesca Morvillo, e degli agenti di scorta Rocco Dicillo, Vito Schifani e Antonino Montinaro. Un’eredità triste, amara, ingrata. Che i residenti tentato di scollarsi di dosso da molti anni, ormai. Così, se da un lato ci sono luoghi che nel tempo sono riusciti a riscattarsi, uno fra tutti la cosiddetta Casina No Mafia che si erge sulla collinetta a ridosso dell’autostrada, dalla quale Brusca azionò il telecomando al passaggio della Fiat Croma di Falcone, dall’altro ce n’è altri che faticano a uscire da oblio e degrado. Come l’ex cava Sensale.

Più di 100mila metri quadrati di terra sottratti alla mafia che aspetta da anni di tornare alla comunità. Di fianco sorgono un oliveto e un mandorleto, mentre sulla sommità c’è Pizzo Muletta, un complesso roccioso ricco di testimonianze antiche e reperti archeologici dal valore inestimabile, di cui oggi nessuno si cura. L’instancabile lavorio del mare, con le sue onde, ha dato vita in passato a numerose grotte, che hanno lasciato un immenso patrimonio storico-naturalistico che, negli anni, ha subito non pochi danneggiamenti. E che in molti, oggi, vorrebbero recuperare. «Allo stato attuale è tutto fermo, perché lì è stato apposto un vincolo idrogeologico – spiega il sindaco di Capaci Pietro Puccio -. E quindi bisogna andarci molto cauti prima di pensare a qualsiasi tipo di cosa. Tra l’altro arriva a prendere quasi tutta la cava, è un problema perché chiaramente qualsiasi intervento deve tener conto di questo vincolo e del modo in cui poterlo mitigare».

Tuttavia, il primo cittadino, ben conscio del potenziale naturalistico e archeologico della zona, non sembra intenzionato a gettare la spugna rinunciandovi, anzi. «C’è in ballo una mezza idea, diciamo, un mezzo progetto – svela -. Ma è ancora presto per parlarne, prima bisogna mitigare il rischio. Potrebbe essere questione di due-tre mesi al massimo». Sembra, insomma, che a dare il benvenuto al prossimo anno possa essere, finalmente, un passo concreto verso quel sogno di riscatto che i cittadino non hanno mai definitivamente riposto nel cassetto. Solo pochi anni fa, infatti, era nato un comitato spontaneo di cittadini che chiedeva all’amministrazione locale di prendersi cura di quella zona e del suo enorme potenziale. Suggerendo di trasformarla, per altro, in un ecoparco pubblico gestito dal basso, ecosostenibile e a cemento zero. Una risposta forte ad anni di indisturbata speculazione edilizia e di malaffare che ne hanno cambiato il volto.

Per questo era nata una petizione per riprendersi quei luoghi, trasformarli in un presidio di memoria e fruire delle loro bellezze naturali. Che, però, dal 2014 ad oggi ha raccolto solo 897 firme su diecimila necessarie. «Capaci non è cambiata di una virgola – si legge nel testo a corredo della petizione -, non è stata strappata alle logiche che hanno fatto sì che venisse scelta come luogo per il triste attentato per cui è ricordata in tutto il mondo. Lo scandalo è che ancora oggi questo bene sia negato ai cittadini non solo di Capaci ma di tutta Italia. Questo luogo era una cava, molto del calcestruzzo con il quale il nostro territorio è stato irrimediabilmente sfregiato è stato confezionato anche grazie agli inerti che in qui venivano estratti, distruggendo un’area di grandissimo pregio archeologico ancora tutta da indagare. Quindi proponiamo di restituire questo luogo alla fruizione pubblica ma senza aggiunta di altro cemento». Un’idea, quella del comitato, che oggi forse qualcuno sta finalmente prendendo in considerazione. 


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