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Il racconto del ricercatore anti-Isis, arruolato coi curdi «Su conflitti mediorientali c’è tanta disinformazione»
È arrivato anche a Palermo Davide Grasso, l’attivista No Tav che negli ultimi tempi si è unito alle brigate del Ypg (unità di protezione curde) per combattere l’Isis in Siria. All’ex facoltà di Lettere si è svolto l’incontro con Grasso, organizzato dal Collettivo universitario autonomo, dal Centro sociale Anomalia e dal Coordinamento Palermo solidale con il popolo curdo. «Sono partito a causa della rabbia maturata in seguito agli attentati di Parigi del Bàtaclan del 2015 – racconta Davide Grasso, il foreign fighter (il termine tecnico con cui si indicano i combattenti stranieri … ndr) – e avendo già avuto modo di constatare la disinformazione sui conflitti mediorientali ho deciso di fare un reportage indipendente della Palestina, dell’Iraq e della Siria. In quel periodo mi muovevo insieme ai militanti delle rivoluzioni e delle resistenze laiche e umanitarie. Per quanto riguarda il periodo in cui invece sono stato arruolato nello Ypg (unità di protezione curde) tra il marzo e il mese di ottobre del 2016, la mia vita era militare e mi muovevo con la mia unità».
È un fiume in piena il giovane ricercatore che mette in primo piano nel suo racconto le sue emozioni, un mix di adrenalina ma anche di paure: «Devo dire che parliamo di un fronte, quello siriano, davvero pericoloso, dove l’Isis agisce senza rispettare nessuna norma di diritto internazionale quindi ho messo in conto di rischiare ma non potevo fare altrimenti. Ricordo ancora il grido Allah akbar, ritengo che venga usato per incutere paura negli avversari, risuona ancora nelle mie orecchie». Ha visitato e vissuto sui fronti di guerra, il trentaseienne originario di Cuneo, esplorando Hassaka, Kobane, Raqqa e Aleppo: «Sono stato nella regione di Sheba dove abbiamo condotto questa operazione che serviva a interrompere le comunicazioni tra lo Stato islamico e la Turchia ed avendo avuto successo è quella che ha permesso l’offensiva di Raqqa che si spera metta la parola fine all’esistenza dello Stato islamico in Siria. Quello che mi è rimasto è il divario di esistenze che sussistono tra il mondo occidentale e quello islamico».
Da quando, non senza difficoltà, è rientrato in Italia si è speso in un lunghissimo tour per diffondere la verità su quel conflitto e raccontare la personale esperienza di chi ha visto tanti combattenti cadere sotto gli attacchi delle milizie Isis. «Sono stato cinque mesi nelle forze siriane democratiche e ho partecipato all’offensiva ovest durata due mesi e mezzo: ha causato migliaia di morti tra le nostra file, diversi mutilati, è stato terribile per tutti quelli che hanno partecipato. Sarebbe dannoso riferire i particolari perché potrebbe dare l’illusione ai lettori di potersi immaginare l’intero scenario, cosa che è impossibile perché senza passare per arrogante solo chi è stato li può realmente comprendere lo scenario atroce».
Per quale motivo però preferire le università ad altri posti pubblici e da una platea sicuramente diversa? «Per spiegare che cos’è la Confederazione democratica della Siria del nord: è un’istituzione che esiste da un anno, ma non è stata riconosciuta da nessun governo internazionale.Trovo invece che si tratta di una realtà istituzionale fondamentale perché è l’unico risultato che ha prodotto in sei anni la guerra civile, in cui esiste una società, quella siriana, che avanza verso forme di tolleranza, femminismo in maniera concreta. E voglio denunciare le nostre istituzioni che non supportano questa realtà e non viene tenuta sotto osservazione dai mezzi di informazione».