La società che gestisce il 118, per via di una manovra finanziaria, ha meno disponibilità per affidare soccorsi a terzi. E pochi sono i mezzi medicalizzati. A fronte di 500 emergenze al giorno. Se per la centrale operativa etnea le ditte esterne «sono comunque una risposta», il sindacato non ne sentirebbe la mancanza
Il pronto intervento e i tagli alle eccedenze «È un sistema fatto di sprechi e mancanze»
«I servizi di eccedenza del pronto intervento etneo sono una risposta a un cittadino che chiede aiuto». Lo dice la direttrice della centrale operativa del 118 di Catania – ma anche di Ragusa e Siracusa – Isabella Bartoli in merito ai tagli finanziari regionali ai danni di alcune associazioni di volontari. Ovvero, quelle accreditate dalla società regionale Sicilia emergenza e urgenza sanitaria (Seus) che intervengono quando le ambulanze e il personale del 118 sono impegnati in altre operazioni. «Le liste vengono aggiornate quotidianamente in un sistema informatico, in base alle disponibilità dei volontari e dei loro mezzi – continua Bartoli – Ma cerchiamo sempre di sfruttare al massimo il servizio pubblico». La mole di lavoro si aggira, nella sola provincia di Catania, sulle duemila chiamate al giorno, con oltre 500 interventi. In un periodo in cui «non sappiamo perché, ma sono sempre più frequenti le emergenze in codice rosso», precisa la direttrice della centrale operativa.
«Rispetto alla macro-area della Sicilia occidentale, guidata dalla province di Palermo e Trapani, Catania ha molte meno possibilità di attingere alle eccedenze perché nei fatti quelle attive sono solo tre. E poi le ambulanze medicalizzate sono davvero esigue», spiega Bartoli. Una scarsezza «che non raggiunge comunque i livelli di Ragusa e Siracusa dove, per le eccedenze, non c’è nemmeno una ditta da poter contattare». Al netto di un sistema in cui a fare da contraltare «al forte impegno del personale della centrale operativa ci sono molti sprechi e diverse mancanze sulle quali la politica, se ne avesse la volontà, potrebbe intervenire. Anche perché gli ospedali sono intasati e i circuiti dell’emergenza rimangono spesso sprovvisti», sostiene la direttrice della centrale operativa catanese.
Per la Federazione italiana autonomie locali e sanità (Fials), guidata dal sindacalista Carmelo Salamone «i tagli alle eccedenze del 118 possono pesare fino a un certo punto perché, onestamente, è l’intero sistema a funzionare male». Secondo Salamone, che è anche autosoccorritore a Gravina di Catania, sarebbero anche le associazioni di volontari esterne al 118 a gravare su un sistema sanitario già fragile. «Con il denaro che la Regione Siciliana impiega per finanziare le eccedenze, potrebbe creare un’altra Seus e potenziare quella già esistente», spiega il sindacalista. Che precisa: «Vorrei che qualcuno mi spiegasse perché per mantenere i servizi esterni servono circa 130 milioni di euro all’anno, mentre all’ente regionale del Pronto intervento ne devono bastare 110 milioni».
Per il coordinatore regionale della Fials la questione del 118 è complicata, anche perché «nel capoluogo etneo il personale Seus è lo stretto necessario e i dipendenti lavorano già più ore del dovuto, recuperando con la modalità dei riposi compensativi», dice. Ma nonostante ciò pare che i servizi di eccedenza non sarebbero sentiti come indispensabili dalla Fials. «È come se la polizia di Stato, quando non ha uomini per intervenire, si affida a una polizia privata. Non è la stessa cosa», fa un esempio Salamone. Che, insieme a un gruppo di colleghi, sta lavorando a una proposta per istituzionalizzare la figura dell’autosoccorritore e per semplificare la gestione del 118.
Una necessità, quest’ultima, dovuta all’eccessivo sfilacciamento del Pronto intervento in cui «gli autisti delle ambulanze sono dipendenti della Seus, i medici e gli infermieri hanno contratti di convenzione con le Asp e i rianimatori lavorano in un altro regime ancora più complicato, quello dell’incentivazione». I tempi, in questo caso, sono ancora lunghi. Ma «non demordiamo perché, se il sistema venisse razionalizzato, si eviterebbero gli sprechi e non ci sarebbe bisogno di attivare le eccedenze», conclude Salamone.