L'infrastruttura punta a porre fine all'isolamento energetico della piccola isola. I lavori dovrebbero essere avviati solo nel 2021 e c'è chi teme effetti negativi per il territorio siciliano. Di altro avviso il sindaco Domenico Messinese: «Potremo avere ricadute socioeconomiche favorevoli in diversi ambiti», assicura
Il progetto per creare un gasdotto tra Gela e Malta Sorgerà vicino al cimitero e alla riserva del Biviere
Il 17 a Gela, ieri a Palermo e oggi a Roma. È il percorso fatto dal progetto di metanodotto di interconnessione Italia-Malta. Attraverso una consultazione pubblica e tre momenti di discussione si è affrontata la possibilità della realizzazione di un gasdotto che colleghi Delimara a Gela. Il progetot prevede una condotta lunga 159 chilometri e operante in entrambe le direzioni che dovrebbe porre fine all’isolamento energetico della piccola isola di Malta. Il progetto, promosso dal ministero dell’Energia e della gestione delle acque maltese, è incluso nell’elenco predisposto dalla Commissione europea dei progetti di interesse comune. Ma quali sarebbero i vantaggi per la Sicilia, e in special modo per la città di Gela, che a quasi quattro anni dalla chiusura degli impianti industriali dell’Eni ancora boccheggia alla ricerca di una riconversione che appare sempre più un miraggio? Pochi, secondo i detrattori. Nell’incontro avvenuto a Gela si è appreso che i lavori dovrebbero prendere avvio nel 2021, come ha ricordato la dirigente del ministero dello Sviluppo economico Liliana Panei, dopo l’emissione del bando. Il progetto vero e proprio non esiste ancora, visto che si è alla fase delle osservazioni. A riguardo ci sono perplessità sul punto di partenza della struttura, vale a dire il mare di fronte Bulala, ricchissimo di reperti archeologici. Si tratterebbe di un’area vasta quattromila metri quadrati, da collegare poi alla rete Snam.
Il progetto invece è stato salutato con fervore dal sindaco Domenico Messinese, sempre più isolato in città dopo le dimissioni del fedelissimo assessore Fabrizio Morello (l’undicesimo a lasciare la giunta in nemmeno tre anni) e il problema dei rifiuti per strada, venuti letteralmente a galla dopo l’acquazzone di ieri. «Ci dà conferma del percorso intrapreso con il governo di Malta – afferma il primo cittadino – volto a creare sinergie che vadano oltre la rete gas e che possano avere ricadute socioeconomiche favorevoli in diversi ambiti, quali quelli del comparto turistico, del commercio di prodotti agroalimentari, nonché del settore industriale. Si potranno creare – prosegue Messinese – nuove opportunità di sviluppo, trainate dallo scenario economico favorevole di cui gode l’isola maltese». Dal canto suo, l’ambasciatrice maltese Vanessa Frazier conferma la disponibilità a collaborare: «Vogliamo partecipare a progetti cofinanziati e creare progetti di alternanza scuola lavoro per i giovani gelesi, così da fare imparare loro l’inglese e avviare nuove attività di lavoro», dichiara.
Insomma, col gasdotto – il cui progetto risale al 2013 – a guadagnarci sarà Malta, bisognosa di nuove energie, mentre il Comune siciliano dovrebbe giovare della forte espansione economica dell’isola. Tuttavia per Gela potrebbe esserci qualche grattacapo, visto che, come si legge nella sintesi del progetto, la rete terrestre «ricade principalmente nell’area del Biviere» e «il percorso passa a circa 60 metri ad est del Cimitero Municipale Farello». Al momento ciò che si registra è che i contatti tra la politica locale e i rappresentanti maltesi sono avvenuti fuori dai palazzi istituzionali: l’incontro, che in un primo momento si sarebbe dovuto tenere in consiglio comunale, si è tenuto in contrada Brucazzi, all’interno della zona industriale. E non è passata inosservata la presenza di soli 5 consiglieri su 30: in tanti avevano già infatti presente che col gasdotto l’amministrazione si intesterebbe meriti non propri.
La conclusione delle osservazioni sarà il 20 maggio. Il prossimo potrebbe essere un mese cruciale per la giunta Messinese. Sempre a maggio infatti dovrebbe essere firmato l’accordo di programma che dovrebbe indicare come spendere i 25 milioni di euro recentemente messi a disposizione dal governo nazionale e da quello regionale (15 milioni il primo, 10 il secondo) nel quadro dell’area di crisi complessa di Gela, che riguarda in tutto 24 Comuni del comprensorio. Anche in questo caso si parte da lontano: era il maggio del 2015, quando l’allora ministra del Mise Federica Guidi firmò il decreto per la definizione dell’area di crisi complessa. Un decreto però a fondo zero: né Stato né Regione avrebbero aggiunto risorse economiche. Ci sono voluti tre anni per riempire quel contenitore vuoto. «Siamo stati noi a convincere le istituzioni a metterci i soldi – ha rivendicato il vicesindaco Simone Siciliano a RadioGela Express -. Questi 25 milioni sono solo l’inizio. Per le medie e grandi imprese ci sono state ben 71 manifestazioni di interesse». Con queste somme si intende dare copertura ai bandi di selezione degli investitori destinatari delle azioni di agevolazione che rientrano nel campo di applicazione della legge per gli investimenti compresi tra un milione e mezzo e 20 milioni di euro. Nel frattempo andranno le selezioni per le aziende che intendono predisporre contratti di sviluppo superiori ai 20 milioni.
La speranza è che in questo caso gli iter siano più efficaci e rapidi rispetto al recente passato. È il caso dell’avviso per una manifestazione di interesse per la realizzazione di iniziative industriali su aree oggi di proprietà della Raffineria di Gela. Lanciato a gennaio 2016, tra le polemiche della commissione Ambiente del consiglio comunale che aveva chiesto ragguagli su chi avesse dovuto effettuare le bonifiche (se l’uscente Eni o le imprese entrati), il bando ha finora visto una quindicina di manifestazioni di interesse. Qualche azienda avrebbe avviato gli iter autorizzativi ma, quando mancano quasi quattro anni alla chiusura della raffineria, non ci sono ancora date certe per eventuali insediamenti.