Enrico Letta guarda deciso al modello Draghi e Anthony Barbagallo dice di «lavorare su un doppio binario». Parole che rischiano di causare la perdita di alcuni pezzi importanti dello scacchiere del centrosinistra, da Claudio Fava alla sinistra unita su Palermo
Il Pd scopre le carte e punta al campo larghissimo Lo sguardo a Forza Italia fa tremare la coalizione
«Se continua così alle elezioni saremo da una parte noi del campo largo e dall’altra Fratelli d’Italia. E rischiamo pure di perdere». Parole sussurrate tra i corridoi dell’Ars, dove si vociferava della corte esercitata dal Partito democratico non sui delusi del Centro, ma direttamente su Forza Italia. Voci eluse, smentite, a cui era stato dato poco peso o che erano addirittura state lette come un tentativo da parte del centrodestra di destabilizzare l’ambiente, ma che trovano una conferma dopo la direzione nazionale del Pd di lunedì, da cui è uscita una chiara direttiva: il modello Draghi non è un’alternativa, ma una strada da battere.
Dopo l’attendismo iniziale da parte dei Dem, ecco le parole del segretario nazionale Enrico Letta che, senza mezze misure, ha annunciato che sulle elezioni regionali siciliane il «Pd ha voglia di impegnarsi». E lo fa partendo dalla scelta di Palermo come teatro per la prossima festa nazionale dell’Unità, che vedrà sfilare nel capoluogo i vertici nazionali del partito, insieme a esponenti provenienti da tutte le aree dell’emiciclo romano. Letta ha anche manifestato l’esigenza di «trovare il massimo allargamento possibile della coalizione», un tema che pare essere stato recepito dal segretario regionale Anthony Barbagallo, che prima parla della ricerca di «candidature identitarie che parlino il nostro linguaggio, che guardino alla storia e ai valori del centrosinistra siciliano», poi però ammette: «il Pd in Sicilia lavora su un doppio binario: da un lato lavorare in asse con il Movimento 5 Stelle – e la Sicilia è una delle regioni in cui il rapporto funziona meglio – E dall’altro quello di dividere il Centrodestra che ha fatto sfaceli e disastri e non è d’accordo su nulla».
Parole che da sole bastano a scontentare più o meno tutti. Fatta salva una porzione di pentastellati, che già si era mossa per gettare l’amo dall’altra parte della barricata in cerca di forze fresche, il resto della coalizione tentenna e non poco. A partire dall’area del Movimento 5 stelle che già da tempo su Palermo dialoga proficuamente con la parte più a sinistra della coalizione, per arrivare appunto alla sinistra. Sul fronte dei Cento Passi, Claudio Fava, con o senza le primarie tanto richieste, farebbe una fatica indicibile anche solo a immaginarsi seduto dalla stessa parte di ex membri del governo a cui ha fatto strenuamente opposizione per cinque anni.
Ancora più difficile il discorso su Palermo, dove Giusto Catania e i suoi non esiterebbero un attimo, lo hanno già annunciato, a tentare la corsa in solitaria. E i numeri potrebbero anche dargli ragione, visti i risultati ottenuti alle ultime Amministrative e non è improbabile che finirebbero col portare con loro anche una buona fetta di orlandiani, se non addirittura lo stesso sindaco uscente, il cui lavoro è stato di recente posto sotto attacco proprio dal fuoco amico proveniente dal Partito democratico.