Il trasloco di massa di esponenti politici siciliani verso il Partito democratico pone inquietanti interrogativi sul destino di questo partito. Un partito che si snatura, che rischia di diventare ricettacolo di soggetti, estranei alla sua tradizione e ai principi fondativi, ma che incarnano in sé, talvolta sotto la maschera del giovanilismo, la brutta storia della politica siciliana fatta nella migliore delle ipotesi di trasformismo e opportunismo, soggetti che prima di approdare ai lidi democratici sono passati per Totò Cuffaro, Raffaele Lombardo o Gianfranco Miccichè. Un partito che diventa una melassa indistinta il cui unico scopo sembra essere la gestione spregiudicata del potere; il Riformismo sostituito dal gestionismo. Ma proprio in questo sta il punto di domanda: come mai così tanti soggetti sono folgorati sulla via di Damasco?
Con questa domanda in testa sono andato a cercare tra le mie carte un’interessante articolo pubblicato su Il Foglio del 2 aprile 2004, quando la politica siciliana si trovava nell’occhio del ciclone per le note vicende giudiziarie che vedevano coinvolti l’allora presidente della Regione e altri politici legati in larga parte all’Udc. Si tratta di un articolo – intervista all’onorevole Lombardo, ai tempi segretario regionale di quel partito, dal titolo Il problema del partito dei fratuzzi sempre alla ricerca di un convento, in cui veniva focalizzato il malcostume dei voltagabbana pronti a transitare da un partito all’altro, con il proprio pacchetto di voti, frutto di pratiche, clientelari ed affaristiche, che spesso sconfinavano nell’illegalità. In quell’articolo il partito dei voltagabbana veniva descritto così: un partito pericoloso, pericolosissimo. Perché nasce dalla convinzione che la destra equivale alla sinistra, purché si mantengano gli assessorati e che l’importante è tenere le mani ben salde sulla moneta mansa, quella che scorre docile e mansueta – mansa, appunto – nel grande fiume dell’amministrazione pubblica, ed è quindi tanto facile da afferrare. Per poi, dopo aver raccontato la storia personale di un deputato regionale in quei giorni arrestato per mafia, chiosare così: battute a parte, la questione torna al punto di partenza. Che è il punto politico. Il voltagabbanismo dei fratuzzi sempre alla ricerca di un convento in grado di offrire, a chi va per moneta mansa, i migliori terreni di caccia, dovrebbe mettere in guardia tutti i partiti.
Come andò a finire quella stagione politica è noto a tutti, il potere non è eterno; proprio per questo l’attuale Pd siciliano dovrebbe trarre insegnamento da questa pagina di storia recente. La legge anticorruzione, che si attende venga approvata dal parlamento, è soltanto uno strumento, del tutto inefficace se non si capisce che la vera lotta alla corruzione non si fa con una legge ma attraverso le modalità con cui si seleziona la classe dirigente. Se invece dobbiamo rassegnarci all’idea che in questa terra non c’è speranza per il rinnovamento e l’unica etica politica praticabile è quella del voltagabbanismo, tanto vale fare le cose per bene. Istituzionalizziamo la categoria, creiamo la giornata del voltagabbana; per la quale propongo il 19 febbraio, festività di san Mansueto.
Domenico Grasso – membro dell’Assemblea nazionale del Pd, membro della direzione provinciale del Pd
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