Il paesaggio italiano sparisce in fumo e cemento

dalla lettrice
Donatella Pucci
riceviamo e pubblichiamo

COLLESANO – Vivo in campagna da molti anni e, puntualmente, assisto impotente all’orrendo fenomeno degli incendi. Conosco il triste rombo dei Canadair e so che ogni ora di volo è pagata a sacchi d’oro, conosco i forestali e la loro inutilità dannosa nel proteggere i boschi, per non parlare della “Protezione civile”. Mentre i vigili del fuoco sono ridotti al lumicino.

L’estate 2007 è stata caratterizzata da numerosi incendi che hanno devastato in pochi giorni il patrimonio naturale del nostro Paese e che sono una delle maggiori cause di perdita della biodiversità e delle frane che distruggono i Paesi quando piove.

In Sicilia , più di 4.000 ettari di di bosco distrutto dal fuoco in soli due giorni; sei persone morte in un’agriturismo, migliaia di animali selvatici carbonizzati. Una guerra.

Oggi nel 2012, purtroppo il bollettino di guerra continua… Come si può assistere a tale distruzione del Paesaggio italiano e delle vite umane senza reagire? La Bellezza del Paesaggio Italiano, famoso in tutto il mondo è la nostra più grande ricchezza economica, ma gli Italiani lo sanno?

Con le prime piogge autunnali vorremmo dimenticare quell’odore acre di fumo che ci ha inseguito per tanti giorni. Ma, non si può, non si deve. Sarebbe come sottovalutare o non voler vedere una strategia criminosa che è ormai in atto da anni ed è pronta a colpire alla prossima occasione.

E’ ormai accertato, tutti i roghi sono dolosi soprattutto al Sud. Non esistono i piromani, ma solo incendiari interessati. Dopo quest’estate, dopo questa sensazione da vertigini che abbiamo provato ancora verificando l’orrore degli incendi , aggravato dalla mancanza d’aiuto e di soccorso da parte delle istituzioni, è arrivato il tempo di “rimboccarsi le maniche” e fare qualcosa , visto che il sistema immunitario contro gli incendi, sempre dolosi, del nostro Paese si è rivelato del tutto inadeguato, peggiorato dalla situazione climatica e dalla scarsa capacità o attenzione delle istituzioni a prevedere e prevenire gli incendi nelle zone boschive e agricole.

Eppure una buona legge per difendere il nostro territorio dal fuoco esiste (L. n. 353/2000), il problema è che non viene applicata. Eppure un’altra soluzione vincente contro gli incendi c’è, ed è quella di far rivivere economicamente l’agricoltura e i boschi, ma politicamente l’argomento non viene neppure discusso!

Indignazione e sgomento ci accomuna in questa situazione gravissima e disperante, ed è per questo che da parte di molti si è sentito il bisogno di costituire nel 2007 un ‘Comitato contro gli incendi’, creato per uscire da un’insostenibile condizione di abbandono e inadempienze che puntualmente si verificano quando gli incendi devastano il nostro Paesaggio, con una tendenza purtroppo in ascesa impressionante.

Il Comitato ha fatto una denuncia penale contro tutti i sindaci della provincia di Palermo per inadempienza nell’applicazione della legge (L. n. 353/2000) sulla prevenzione dei boschi. La finalità del Comitato è di ottenere da parte delle istituzioni preposte tutti gli adempimenti previsti dalle leggi emanate (e disattese ) per la prevenzione degli incendi, tra cui l’attuazione delle norme che prevedono:

– Il piano d’attuazione delle attività di previsione e prevenzione del rischio d’incendi boschivi. La mappatura dei terreni bruciati.

-Il commissariamento dei Comuni inadempienti.

– L’incremento del corpo dei Vigili del fuoco.

– Le tecnologie per il monitoraggio del territorio.

– Un’educazione ambientale con programmi didattici delle scuole e negli Istituti di ogni ordine e grado.

E soprattutto la presenza di un’Agricoltura diffusa e attiva economicamente, anche nelle zone boschive riattivando pastorizia e ricavo di legname.

Da parte delle regioni , assicurare il coordinamento delle proprie strutture antincendio ; e di risorse, mezzi e personale delle Forze armate e delle forze di polizia dello Stato, in caso di riconosciuta e urgente necessità. E, inoltre, perseguire chi compie questi crimini contro l’ambiente e lapersona senza temere di dare severe risposte.

Chi ha vissuto direttamente questo scenario infernale si è trovato solo a difendere il proprio terreno e la propria casa e, in molti casi, per salvare chi si trovava in difficoltà, rischiando la propria vita o perdendola.

Se vogliamo bloccare questo “girone infernale” dobbiamo iniziare una battaglia seria e difficile che potrà ottenere risultati concreti solo con l’adesione e il sostegno di tutti.

Chi vuole aderire al Comitato ADDIO INCENDIO potrà farlo scrivendo all’indirizzo gargidicenere@gmail.com , riceverà la scheda per l’adesione.

Nota a margine

Egregio signora Donatella, 

il suo articolo, a mio modesto avviso, contiene solo una cosa non condivisibile: e, cioè, il passaggio su quella che lei definisce “inutilità dannosa” degli operai della Forestale.

Lei ha ragione ad affermare che quasi tutti gli incendi dei boschi in Italia – e soprattutto in Sicilia – sono di matrice dolosa. Ma non riusciamo a capire perché gli opera della Forestale sarebbero “dannosi”.

Come abbiamo più volte scritto, solo una parte dei Forestali si occupa di attività antincendio (proprio nei giorni scorsi abbiamo pubblicato un approfondimento). Mentre gli altri si occupano di rimboschimento.

Sui forestali, in Sicilia, si fa molta confusione. Confondendo le responsabilità di una politica miope con gli operai del settore gestiti, spesso, in modo irrazionale.

Fermo restando le il resto delle sue considerazioni sono condivisibili, vorrei fare un po’ di chiarezza sul perché, in Sicilia, gli operai della Forestale sono circa 27 mila.

Chi ha un po’ d memoria ricorderà che in Sicilia, alla fine degli anni ’70, una politica regionale allora lungimirante (molto diversa da quella odierna!) si poneva il problema delle aree interne dell’Isola che si spopolavano. Qualche anno dopo la Cee (allora l’Unione Europea si chiamava Comunità economica europea) pose il tema delle aree boschive – di collina, alta collina e montagna – che venivano abbandonate dagli agricoltori perché davano bassi redditi.

Sennonché l’abbandono di tali zone crea guasti all’ambiente, perché la scomparsa degli alberi provoca frane, smottamenti e, in generale, dissesto idrogeologico. In quegli anni si coniò il termine di “Guardiani dell’ambiente”, ovvero  soggetti che avrebbero dovuto occuparsi di queste aree, onde evitare di abbandonarle al dissesto.

Il disegno della Cee prevedeva sostegni agli agricoltori di questi luoghi o, in sostituzione, interventi con operai specializzati in tutela dell’ambiente. Questi, per l’appunto, avrebbero dovuto essere i “Guardiani dell’ambiente”.

In Sicilia il dibattito politico sulla tutela di tali aree (si pensi ai noccioleti del Messinese e, in generale, al dissesto di tante zone collinari e boschive di questa bellissima provincia) si coniugò con l’esigenza di rilanciare l’economia delle aree interne.  Ed è per questo che si pensò di incrementare la presenza di operai della Forestale nelle zone interne dell’Isola e non nelle aree cittadine. 

Il fine non era sbagliato. Anche perché, in quegli anni, l’incremento della presenza degli operai nei boschi coincideva con la crisi di alcuni comparti dell’agricoltura (a cominciare dalla crisi dell’agrumicoltura, con l’arrivo di arance e limoni da Paesi extracomunitari: fenomeno che inizia nei primi anni ’80 e non con i recenti accordi tra UE e Marocco!). Ciò consentì di inserire nei ranghi della Forestale braccianti agricoli di grande professionalità, gente che conosceva i segreti della potatura degli alberi e altre importanti tecniche agronomiche, comprese le pratiche per prevenire e combattere gli incendi.

Alla fine degli anni ’80 la pressione dei disoccupati della Sicilia era già fortissima. Ma i governi regionali dell’epoca, retti dal democristiano Rino Nicolosi, riuscirono a contenerla.

E’ con l’avvento della cosiddetta Seconda Repubblica – ovvero della politica senza politica – che in Sicilia si rompono gli argini della Forestale. Negli anni ’90 il numero di questi operai cresce a dismisura, trasformandosi di fatto, in un ammortizzatore sociale gestito in modo clientelare dalla politica e da Cgil, Cisle Uil che, su tali degenerazioni, hanno responsabilità gravi.

In ogni caso, anche la proliferazione degli operai della Forestale avrebbe potuto essere un’opportunità: invece la politica – la politica in uno con un sindacalismo becero e non gli operai della Forestale, che sono vittime di questo sistema – ha utilizzato in modo irrazionale questo settore. L’unica cosa che si è salvata, da questo marasma, è stata la gestione delle Riserve naturali da parte dell’Azienda foreste demaniali della Regione siciliana.

Gli ultimi sette-otto anni sono quelli della crisi. Non si demanializzano più boschi (per questo è stata meritoriamente creata l’Azienda foreste demaniali della Regione). L’attività di rimboschimento langue. Negli ultimi anni si è andati avanti affannosamente, anche perché – a parte l’ottima gestione delle aree protette da parte dell’Azienda foreste – si è pensato solo a reperire risorse per pagare le indennità.

Gli ultimi quattro anni sono, in assoluto, i più disastrosi. Mai si era vista tanta incompetenza all’opera. Alla base c’è l’idea criminale che la gestione dei boschi debba produrre affari e voti. Egregia signora, gli incendi degli ultimi tempi sono figli di questa degenerazione.

Abbiamo anche assistito al tentativo di ‘cassare’ l’Azienda foreste demaniali della Regione siciliana: sono cose incredibili, degne, in tutto e per tutto, della stupidità al potere.

Il prossimo Governo della Regione dovrà ‘ridisegnare’ una politica di forestazione della nostra Isola, anche alla luce degli ettari di boschi andati in fumo. Utilizzando al meglio tutte le risorse disponibili, compresi gli operai della Forestale. Utilizzando, soprattutto, le risorse dell’Unione europea, che ci sono e non vengono utilizzate. 

Giulio Ambrosetti     

 


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