Il nuovo sound della vecchia fattoria

Sembrano avere il tipico aspetto da boy band come il fisico atletico, l’immagine patinata, uno stile cool e dei sorrisi smaglianti. In realtà, i Jackie-O’s Farm sono dei musicisti veri. Come scrivono di sé stessi, non amano trascorrere la vita sotto i riflettori della mondanità, tra party con modelle e passerelle di gala. A un bicchiere di champagne preferiscono sempre una sana spuma bionda e una scampagnata in collina, tra cinghiali e mucche da mungere. Reduci dal successo del loro album di debutto, ‘Hard Times For Blonde Surfers’, pubblicato nel 2009 da Inconsapevole Records, sono pronti a presentare al pubblico il loro nuovo album ‘Sandland’ in tutti i live club della penisola. I Jackie-O’s Farm suonano indie pop e sono Giacomo Vaccai (voce, chitarra), Federico Silvi (chitarra), Francesco D’Angelo (basso), Federico Melosi (batteria) e Patrizio Orsini (synth, percussioni, voce), che ha risposto, insieme al frontman Giacomo Vaccai, alle domande di Slash Band.

Ciao Patrizio, benvenuto ai microfoni di Radio Zammù. È la prima volta che ci sentiamo, quindi partiamo da una domanda semplice che, però, spesso racchiude la storia di ogni gruppo. Da dove nasce il vostro nome?

Nasce dal nome del nostro cantante. Si chiama Giacomo Vaccai e senza andare troppo nello specifico è evidente che ci siamo liberamente ispirati a lui per partorire Jackie O’s Farm.

Forse sì, è meglio lasciare sospesa la motivazione, senza andare troppo nello specifico. Parlando della vostra storia, sono già sei anni che suonate insieme, giusto?

Sì. In realtà ci siamo formati nel 2005, cominciando come trio acustico. Dopo gli innesti delle chitarre acustiche, del basso e della batteria, abbiamo quasi immediatamente inciso il nostro primo album ‘Hard Times For Blonde Surfers’, che non è riuscito ad avere un’uscita discografica. Ci siamo fermati per quasi due anni, salvo poi ritrovare le motivazioni per autoprodurre l’album ed organizzare degli eventi in giro per l’Italia. Grazie a questo primo giro siamo stati contattati dalla Forears, etichetta di Firenze, che ci segue in questo momento e ce ha prodotto il nostro secondo album ‘Sandland’.

Qual è il vostro rapporto con Livorno, la vostra città natale? È importante non decontestualizzare ogni gruppo dalle loro città d’origine.
Il nostro rapporto con la città è molto forte, c’è un legame evidente con la città dove siamo nati e cresciuti. Come giustamente dici tu, è stata determinante nella nostra crescita sia caratteriale che artistica.

Ti chiedo questo anche perché voi fate parte di una compilation interamente dedicata a Livorno. Ce ne vuoi parlare?

‘We love Livorno’ è un’idea dei fratelli Caldari, i label manager di Inconsapevole Records, che racchiude, almeno secondo loro, il miglior sound di Livorno del momento. È andata anche in download gratuito per ‘Il Mucchio’.

Passiamo il testimone al cantante. Ciao Giacomo, da quello che mi hanno raccontato sei un po’ il burlone del gruppo, ci sarebbero una lunga serie di aneddoti da poter raccontare. So, ad esempio, che hai l’abitudine di addormentarti in pantofole nelle sale comuni degli alberghi?
È successo in un locale. Ho tirato giù un divano, ho preso una coperta e mi sono addormentato in mutande. Mi sono svegliato alle tre di notte e attorno a me c’era parecchia gente che ballava e brindava.

Con Patrizio abbiamo già raccontato la storia del vostro gruppo. Entrando però nello specifico, si può affermare che ci sia un’evoluzione tra il vostro primo album, inciso sei anni fa, e ‘Sandland’?
Innanzitutto, il primo lavoro nasce attorno ad una band che ancora non c’era, o stava nascendo. Avevo scritto dei pezzi e non appena ci siamo riuniti abbiamo inciso l’album, in un lampo. L’ultimo lavoro è minimamente più prodotto, ci abbiamo pensato un po’ di più, nonostante non siamo un gruppo che pensa troppo.

Ogni vostro pezzo è scritto in inglese. Avete mai pensate di utilizzare l’italiano nel prossimo futuro, oppure questa vostra scelta è definitiva?
Ho pensato tante volte a scrivere in italiano, l’ho fatto pure. Ma non mi piace troppo il risultato, sicché preferisco scrivere in inglese. Anche perché trovo difficile inserirsi nel panorama cantautoriale italiano attuale. Ci sono tanti bravi artisti e non avendo ancora scritto un testo che mi soddisfi, rimango fedele all’inglese, dando più spazio alla musica che alle parole.

Per chiudere, ricordiamo ai nostri ascoltatori come e dove si può il vostro album.

Ovviamente ai nostri live. Se non siete in zona, potete sempre scrivere alla nostra etichetta, la ‘Forears’, che ve lo spedirà direttamente a casa. Infine, voglio anche ricordare che a breve il nostro album, curato dalla ‘Tannen Records’ di Verona, uscirà anche in vinile.


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