Il nodo e il voto

Il voto a Catania suggerisce alcune analisi interessanti. Il primo dato, il più evidente e incontestabile, è che il vero vincitore di questa elezione è Raffaele Lombardo. Il leader dell’MPA riesce a centrare un risultato clamoroso, far diventare il suo il primo partito in città e in provincia. E anche questa volta, come era già avvenuto per l’elezione di Scapagnini dimostra che, di questi tempi, a far vincere o perdere uno schieramento è la scelta di campo dell’MPA. Un dato questo che peserà non poco negli equilibri presenti e futuri, sia in chiave regionale che in chiave provinciale e cittadina. Lombardo indossa con naturalità il ruolo di leader di lotta e di governo. Non rassicura nessuno e tiene tutti sotto scopa. Una strategia che finora gli ha dato grandi soddisfazioni. E che lascia trasparire qualche tentazione di cominciare a far da solo. Non più lui che si allea con gli altri, ma gli altri che si alleano con lui. E non necessariamente soltanto guardando a destra.

Se Lombardo vince, anzi stravince, ci sono almeno altri due che possono sorridere, sia pure con qualche amarezza. Il primo è Firrarello, che si conferma king maker in Forza Italia, riesce a far eleggere tre dei quattro deputati del partito, relegando Fleres all’ultima posizione utile per rientrare a palazzo dei Normanni, e risponde in modo eloquente alla fronda interna lanciata da Scapagnini. Certo gli azzurri perdono a Catania in modo netto anche se tengono in provincia. Ma pagano in qualche modo la particolarità del voto regionale.
Il terzo che, al tempo stesso, ride e piange è Nello Musumeci, rimasto fuori dal parlamento siciliano, che incassa un buon consenso in tutta l’isola ma che a Catania incassa il 14% dei voti per il presidente e conferma tutta la sua popolarità. Il problema semmai, a questo punto, è cosa farà da grande, cioè come trasformare questo consenso in progetto politico e che ruolo riuscirà ad avere nelle scelte future della città.

Chi invece si lecca le ferite è il centro sinistra che, tutto insieme a Catania, ha più o meno gli stessi voti del solo Lombardo. E che una volta ancora si interroga sulla necessità di un cambiamento che viene sempre reclamato e mai, nei fatti, neppure cominciato. I DS recuperano qualcosa, la Margherita perde ma paga la mancanza di una candidatura come quella di Bianco che è l’unica che aggrega un consenso al di fuori dei partiti. Ma al di là di qualche spostamento ciò che colpisce è l’incapacità di incidere sulle passioni e anche sugli interessi della città.
Un problema tutt’altro che irrilevante, anche perché all’orizzonte non si profila un deciso cambio di rotta. Tutto questo a  poche settimane da una decisione del Tar che potrebbe riportare Catania alle urne per eleggere il sindaco. Decisione che, a questo punto, il centro sinistra non sa se augurarsi o temere.

Un’ultima considerazione va fatta su Alleanza Nazionale che continua nel suo lento declino di consensi. Paga, è vero, la rottura con Musumeci, ma dà la sensazione che il rinnovamento affidato a Basilio Catanoso sia ancora agli inizi e non senza problemi, dopo anni di guerre intestine che tutto hanno fatto tranne che giovare al partito. L’unica speranza viene dai giovani. Il netto successo nel voto universitario – sia pure con i limiti di una partecipazione complessiva ancora piuttosto bassa- induce a credere che il futuro possa essere migliore del passato.
Leader e clientele. Partiti e pacchetti di voti. Consenso organizzato e qualche sprazzo di voto d’opinione. E’ questa ormai la politica di oggi. Distante anni luce dai problemi quotidiani che dobbiamo affrontare (avrò un lavoro certo? Posso contare su ospedali che mi curino presto e bene? Quanto tempo devo perdere in macchina perché l’autobus funziona male e il traffico è impazzito? Una volta laureato cosa farò? E via dicendo) ma sempre pronta ad intercettare gli interessi peggiori e le voglie nascoste di questa città. Con una grande responsabilità di fondo, dei catanesi stavolta, che, al di là degli schieramenti politici raramente hanno il coraggio di dare un segnale inequivocabile: ora basta! Anche un voto come quello a Nello Musumeci che, in fondo ha questa caratteristica di inversione di rotta, si ferma sempre un passo prima dal punto in cui l’insofferenza diventa progetto, la protesta governo.

E Catania, allora, direte: beh questo è tutto un altro discorso. Perché se le novità debbono arrivare da Lombardo che, di fatto, già governa città e provincia senza che questo abbia segnato alcun progresso rispetto al passato non c’è da essere ottimisti. Almeno credo.

Enrico Escher

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