Puntare sulla cultura classica conviene, invece di andare dietro alle 'buttanate' dell'industrialismo fallito
Il grande successo delle rappresentazioni classiche di Siracusa potrebbe essere esempio per Agrigento, Gela e Termini Imerese
PUNTARE SULLA CULTURA CLASSICA CONVIENE, INVECE DI ANDARE DIETRO ALLE ‘BUTTANATE’ DELL’INDUSTRIALISMO FALLITO
A parlare sono i ‘numeri’ già raggiunti dall’Inda, l’Istituto nazionale per il dramma antico di Siracusa, che quest’anno compie cento anni.
Al 13 giugno il numero degli spettatori e gli incassi hanno superato quelli dell’anno scorso: oltre 104 mila spettatori con un incasso che sfiora 3 milioni di euro. Come detto, meglio dello scorso anno, quando gli spettatori, nello stesso periodo, sono stati circa 100 mila con oltre 2 milioni e 8 mila euro di incasso.
Una media di circa 4 mila spettatori a sera – con punte di 6-7 mila – sta a significare che la cultura classica è una carta vincete per Siracusa. E che potrebbe esserlo anche per altri luoghi della Sicilia.
Quando la Regione siciliana aveva ancora soldi l’assessorato al Turismo spendeva tante risorse (anche fondi europei che non ci ‘azzicavvano’ nulla!) in spettacoli che avrebbero dovuto attrarre turisti. Con risultati modesti, se non insignificanti.
Diverso – come si può notare – il quadro quando si punta sulle rappresentazioni classiche. Manifestazioni culturali in grado di far arrivare in Sicilia migliaia di turisti di ogni età.
Quest’anno Siracusa ha puntato su ‘Agamennone’ (regia di Luca De Fusco con Massimo Venturiello ed Elisabetta Pozzi), ‘Coefore-Eumenidi’ (diretta da Daniele Salvo, con Francesco Scianna, Paola Gassman, Ugo Pagliai e Piera Degli Esposti) e ‘Le Vespe’ di Aristofane (regia di Mauro Avogadro con Antonello Fassari e musiche della Banda Osiris).
L’ennesimo successo delle rappresentazioni classiche di Siracusa dovrebbe essere un messaggio per i nostri governanti. Per sbaraccare definitivamente l’area industriale di Siracusa – che ha provocato enormi danni all’ambiente e poca occupazione – e mandare via l’Eni da Gela, altra cittadina siciliana che dovrebbe puntare sulle tradizioni classiche.
La stessa cosa dovrebbe fare Agrigento: oltre a far funzionare i depuratori e a migliorare i collegamenti (strade, ferrovie, il porto turistico che ancora non c’è e, soprattutto, un aeroporto di terzo livello), questa provincia – se è il caso cercando sponsor privati – dovrebbe riprendere la tradizione delle ‘Panatenee’ estive, rappresentazioni teatrali che negli anni ’80 del secolo passato riscuotevano grande successo. Proponendo anche la cultura classica.
Anche Termini Imerese dovrebbe dimenticare per sempre la Fiat – che è stato uno dei tanti errori della ‘Regione imprenditrice’. La Fiat di Termini è costata un sacco di soldi alla Regione e non è riuscita nemmeno a migliorare i collegamenti, se è vero che le automobili prodotte in questo angolo della Sicilia venivano trasportate con la follia dei mezzi gommati.
Di fatto, l’industria automobilistica di Termini Imerese ha sviluppato solo un fragile indotto (che ha chiuso prima dello stesso polo Fiat), non ha portato un miglioramento dei trasporti ferroviari e nemmeno le cosiddette ‘autostrade del mare’. Tant’è vero che, oggi – nonostante la ‘barca’ di soldi spesi – non c’è nemmeno l’intermodalità, se non nei pensieri di certi politici che associano questa parola alle tangenti.
Anche Termini Imerese, dicevamo, deve dimenticare il ‘rilancio’ della fallimentare industria automobilistica – che è solo una presa per i fondelli – e puntare, invece, sulla valorizzazione dell’area archeologica di Imera, magari con le rappresentazioni classiche. Insomma, la cultura al posto del finto e inutile industrialismo.
(Foto di prima pagina tratta da paesionline.it)