Il Governo Renzi annuncia: “Cancellato l’anatocismo”. Ma non è così

IL RIPRISTINO DEL CALCOLO DEGLI INTERESSI SUGLI INTERESSI E’ STATO INTRODOTTO DALL’ATTUALE ESECUTIVO. CHE, IN TEORIA, L’HA RIMOSSO. IN TEORIA. PERCHE’ A CANCELLARLO DOVREBBE ESSERE IL COMITATO INTERMINISTERIALE PER IL CREDITO E IL RISPARMIO. CHE NON L’HA ANCORA FATTO. IL RUOLO DELLA BANCA D’ITALIA – ORMAI PRIVATA – CHE FA GLI INTERESSI DELLE BANCHE

Qualche mese fa, dopo l’ennesima figuraccia del tentativo di favorire le banche reinserendo l’anatocismo nei meandri di un decreto legge (nota poi cancellata, dopo una levata di scudi, prima di portare la norma in Senato), sembrava che per questa pratica fosse stata scritta definitivamente la parola “fine”.

Anni di comportamenti assurdi costati miliardi di euro a imprese e clienti a causa di leggi sbagliate che tutelavano gli interessi delle banche a discapito di aziende e cittadini.

Solo l’intervento delle Commissioni Ambiente e Industria del Senato, dopo proteste e sollecitazioni da parte di associazioni come Comitas, ha consentito di cancellare l’articolo 31 del decreto LEGGE N.91/2014, ovvero il vergognoso tentativo del Governo Renzi di restituire alla banche la possibilità di caricare sulle spalle dei cittadini interessi su interessi.

In realtà, però, pare che il problema non sia stato ancora risolto: l’anatocismo, sebbene “ufficialmente” proibito non sarebbe ancora stato realmente rimosso dalle pratiche bancarie. Perché venga cancellato, infatti, è necessario che l’ultima legge di stabilità sia attuata.

A trasformare la condanna e la dichiarazione di illegittimità in pratica dovrebbe essere il CICR, il Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio, incaricato di riscrivere le regole per far sì che gli interessi imposti dalle banche ai propri clienti non producano «interessi ulteriori». A dirlo è stata la legge di stabilità (legge 147/2013, comma 629).

Ma, come spesso accade in Italia, tra il dire e il fare (Governo del) ci sono di mezzo gli interessi (“composti” invece che “semplici”) delle banche. Così, complice anche la “distrazione” del Governo Renzi che ha rallentato il processo di eliminazione, la norma non è ancora stata attuata.

Secondo alcuni esperti, il problema deriverebbe dal fatto che la legge non distingue le quote di capitale e quelle prodotte dalla capitalizzazione di interessi, e pertanto il “divieto” sarebbe troppo generalizzato. Forse si tratta solo una scusa banale. E anche poco convincente dato che la legge parla chiaramente di interessi e non di capitale, ma tanto basta a banche e istituti finanziari per creare il “caso”.

Anzi i “casi”. Sì, perché la poca chiarezza della norma ha favorito diverse interpretazioni e giudizi discordanti sulla legalità dell’operato delle banche. Con conseguenze tutt’altro che “teoriche”.

Poche settimane fa, ad esempio, il tribunale di Reggio Calabria ha bloccato la vendita all’asta di un’abitazione pignorata ad una coppia di coniugi, dopo che questi non erano più riusciti a pagare le rate del mutuo. Il giudice ha bloccato la vendita perché la “tesi sostenuta dal ceto bancario (che anziché applicare la legge segue le indicazioni di Banca d’Italia che fornisce un metodo di calcolo diverso) appare oggettivamente di difficile compatibilità con la normativa legislativa”.

In altre parole, se i due coniugi non avessero dovuto pagare interessi su interessi sarebbero riusciti a sostenere le spese per il mutuo e non avrebbero perso la casa. Situazione analoga per un imprenditore bresciano che, dopo essere stato sul punto di dover chiudere a causa degli eccessivi interessi richiesti sui prestiti bancari, si è rivolto alle autorità e ha scoperto che dei 491 mila Euro di interessi e commissioni che aveva pagato, 441 mila non sarebbero stati dovuti.

Il problema è che, spesso, gli eventuali reati e illeciti per anatocismo non vengono scoperti. Fino ad oggi soltanto una percentuale irrisoria (meno dell’1%) dei conti correnti bancari degli italiani è stato verificato. Ma non basta. Anche quando ci si accorge dell’illecito, molto spesso questo è già prescritto. Gli interessi anatocistici pagati per mutui ventennali o trentennali sono spesso caduti in prescrizione (prevista dopo dieci anni dal fatto). E quindi i clienti che li hanno pagati non hanno più niente da fare per riaverli.

Ma anche quando, alla fine, i giudici condannano le banche a restituire le somme prelevate indebitamente dalle tasche dei propri clienti, non è detto che questi possano gioire. Come nel caso di una banca di Campobasso, i cui beni sono stati pignorati proprio per non aver restituito, come disposto dal Tribunale, oltre 200 mila euro ad un correntista in conseguenza dell’illegittima applicazione della capitalizzazione trimestrale degli interessi, cioè dell’anatocismo. Conclusione: la banca è stata condannata a restituire le somme, ma la cliente non ha riavuto il maltolto.

Senza contare un altro tipo di “danno” legato a questa pratica. Spesso le banche segnalano l’insolvenza del cliente che non ha pagato interessi (anche quelli non dovuti) alla Centrale dei Rischi. In questo modo finiscono per causare un danno non indifferente al cliente, sia che si tratti di una persona fisica, sia che si tratti di un’impresa, dato che la procedura per annullare questa segnalazione non è immediata. Anche in questo caso, la segnalazione a causa di un mancato pagamento per anatocismo è stata dichiarata illegittima dai giudici. Ma intanto il danno è stato fatto e spesso le conseguenze di questa segnalazione hanno portato l’imprenditore a dover chiudere i battenti o il cliente a non poter accedere ad un mutuo per comprare casa.

Senza parlare del fatto che, in molti casi, identificare l’applicabilità o meno delle condizioni che caratterizzano l’anatocismo sui prestiti delle banche non è così semplice. Ciò fa sì che si aprano contenziosi che richiedono anni per essere risolti.

La verità è che, sebbene l’anatocismo sia stato dichiaro incostituzionale nel 2000 (la Corte Costituzionale ne ha dichiarato, con la sentenza 425, l’illegittimità costituzionale), questa prassi non è stata ancora debellata. Chi ci ha guadagnato? Certo non i clienti delle banche.

Di sicuro ci hanno guadagnato, e non poco, gli studi legali, anche in considerazione del fatto che un processo, nel Bel Paese, può durare decenni. Ma quelli che hanno tratto i maggiori benefici sono stati certamente gli istituti finanziari e le banche che spesso, in questi anni, hanno continuato a incassare interessi non dovuti e che, anche quando sono finiti in tribunale, hanno pagato somme di gran lunga inferiore rispetto a quelle che avrebbero dovuto.

Il tutto grazie anche alla “distrazione” del Governo e all’appoggio di Bankitalia (che essendo proprietà delle banche non può che curare i loro interessi).

Tornano in mente le parole di Giorgio Gobbi, Servizio stabilità finanziaria di Banca d’Italia, qualche mese fa: “Qualsiasi Paese che non abbia una legislazione islamica accetta l’applicazione degli interessi composti, nessuna economia di mercato può funzionare senza questo meccanismo”. E dato che molti Paesi comunitari non permettono questa prassi (Germania, Gran Bretagna, Spagna e molti altri) c’è da domandarsi che senso avessero le sue parole, specie essendo state pronunciate davanti alla Commissione Attività Produttive del Senato. Dopo quello che è successo e lo svarione (ammesso che questo sia stato) di Renzi, sono parole che sembrano una vera e propria minaccia.

Nessuno è ancora riuscito (almeno per quanto ci è dato sapere) a calcolare a quanto ammonti esattamente il “tesoretto” incassato dalle banche grazie alla pratica dell’anatocismo. L’unica cosa certa è che ancora una volta qualcuno non eletto dai cittadini forse ha cercato di scavalcare i diritti dei cittadini e le leggi dello Stato per imporre a molti (ma non a tutti) qualcosa che faceva comodo a pochi…

 

 


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