Il futuro degli ospedali V. Emanuele e Santo Bambino «Evitare abbandono in un quartiere con tante criticità»

Evitare l’abbandono, mettere da parte le probabili mire dei vandali e pensare a un recupero funzionale alle esigenze del quartiere. Sono i tre ingredienti messi sul piatto questa mattina, durante una conferenza stampa nella cornice del Bastione degli infetti, dalla rete D’OVE. Nuovo raggruppamento di associazioni e singoli che ha deciso di impegnarsi per capire quale potrebbe essere il futuro degli ospedali Vittorio Emanuele e Santo Bambino. Per decenni importanti presidi sanitari nel cuore della città ma che, progressivamente, verranno messi da parte per il trasferimento nella nuova struttura del nosocomio San Marco, nella periferia sud del capoluogo etneo. 

La domanda che accomuna tutti i presenti è soltanto una: «Cosa ne sarà di queste strutture?». Le proposte per assicurare un futuro sono tante e rispondono alle battaglie che da tempo portano avanti le varie associazioni inglobate nella rete. «Ognuno di noi ha un interesse sociale in questa storia – spiega Giusi Milazzo, del sindacato Sunia Cgil – Al primo posto c’è l’annosa questione dell’emergenza abitativa. Con edifici come questi – aggiunge – ci sarebbe la possibilità di allargare la presenza di spazi di questo tipo». A mancare secondo tutti è quello che viene definito «un progetto di smobilitazione». Chi gestiva l’ospedale, in soldoni, avrebbe dovuto studiare già da tempo una sorta di exit strategy. «Ma questo non è avvenuto – spiega Salvatore Castro, del Comitato Antico corso -. Ecco perché vogliamo che la città si interroghi sul futuro». L’obiettivo comune è «quello di coinvolgere tutti», conclude Castro. 

I prossimi passi vedranno in campo un sociologo e un filmaker. Che saranno impegnati nella realizzazione di alcune video-interviste lungo via Plebiscito. «Vogliamo capire quali sono le idee di chi vive il quartiere», aggiunge Milazzo.  Parallelamente la rete D’OVE organizzerà anche delle camminate per intraprendere una sorta di operazione confronto con la popolazione. «La paura più grande resta l’abbandono e il vandalismo», analizza preoccupato Giovanni Caruso del Gapa. «Ricordiamo sempre che le strutture sanitarie che presto non saranno più utilizzate insistono in un quartiere molto povero e che subisce anche l’oppressione della mafia. Per questo motivo c’è bisogno di spazi sociali, posti dove si possa studiare ma anche spazi abitativi». 

Sul futuro dell’ospedale Vittorio Emanuele di certo il dibattito non nasce oggi. Dal 2013, per esempio, si parla della conversione della struttura in un campus universitario. Un progetto sponsorizzato ai tempi da Enzo Bianco, poi eletto sindaco, in tandem con l’ingegnere Alfio Monastra. Sintesi di un percorso cominciato negli anni ’80 quando venne creata una apposita commissione di studio sul quartiere. L’ultimo annuncio soltanto a dicembre scorso. Protagonista questa volta il presidente della Regione Nello Musumeci. Intenzionato a portare avanti il progetto di creare un polo museale. «Il campus per gli studenti è assolutamente inutile», analizza Milazzo. «Questi sono desideri – conclude Castro – la città in realtà ha bisogni decisamente impellenti»,


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