Il flop dei Forconi in Sicilia. Parla Franco Calderone: “Mariano Ferro ha sbagliato tutto”

MENTRE IN VENETO, IN PIEMONTE, IN LOMBARDIA E NEL LAZIO IL MOVIMENTO DEL 9 DICEMBRE SI APPRESTA A TORNARE IN PIAZZA ANNUNCIANDO PROTESTE ANCORA PIU’ DURE DI QUELLE DI QUALCHE SETTIMANA FA, NELL’ISOLA TUTTO TACE. INTERVISTA A UN ESPONENTE STORICO DEL MOVIMENTO IN DISSENSO RISPETTO ALL’ATTUALE LEADERSHIP

Mentre il Movimento 9 dicembre si accinge a riprendere la lotta, in Sicilia i Forconi continuano a segnare il passo. Contrariamente a quello che pensavano i rappresentanti del Governo (ormai alla frutta) Letta-Alfano-Bilderberg, il Movimento 9 dicembre ha annunciato battaglia. E l’ha fatto con una conferenza stampa scoppiettante (c’è stata anche una polemica tra i leader del Movimento e un cronista del Fatto quotidiano: quest’ultimo ha chiesto ironicamente ai leader cosa intendono fare “da grandi”: da qui la risposta piccata).
In effetti – a nostro modo di vedere – non c’è molto da ironizzare. Anche perché il Movimento 9 dicembre ha mille motivi per scendere di nuovo in piazza, visto che il Governo Letta-Alfano-Bildeberg ha continuato a martoriare gl’italiani con nuove tasse, nuovi inasprimenti economici e sociali, aumenti incredibili dei costi della Giustizia e via continuando.
I leader del Movimento 9 dicembre sembrano molto determinati. E, del resto, l’hanno già dimostrato nel Lazio, in Veneto, in Piemonte e in Lombardia. Ed è probabile che la protesta, dopo la presa in giro del Governo Letta-Alfano Bilderberg – la sfacciataggine di Letta e Alfano  che vanno in tv a dire di aver abbassato le tasse: semplicemente falsi e disgustosi – coinvolga altre Regioni italiane.
Noi diamo la protesta di piazza come certa, perché siamo sicuri che il Governo Letta-Alfano-Bilderberg dirà “no” su tutta la linea alle richieste del Movimento 9 dicembre.
Ma cosa chiede il Movimento al Governo nazionale? In primo luogo, la sospensione di tutte le procedure esecutive: cioè stop ad Equitalia, stop all’Agenzia delle Entrate e stop alle migliaia di procedimenti avviati dal Governo dei “Padri di famiglia” (l’autodefinizione, quasi comica, è dello stesso Letta: la faccia di bronzo di questo personaggio è incredibile!) per scippare abitazioni e proprietà rurali ad agricoltori, artigiani e, in generale, ai piccoli imprenditori.
Poi chiedono l’istituzione di un fondo di garanzia per le piccole e medie imprese. E, ancora, l’abbattimento del costo dei carburante per gli autotrasportatori e per i pescatori. E, ancora, l’aumento delle pensioni minime, decurtando le cosiddette “pensioni d’oro”. Quindi l’amento delle retribuzioni per i lavoratori. Chiedono, di fatto, quello che dovrebbe fare un Governo di Sinistra. 
I leader del Movimento hanno detto a chiare lettere che aspetteranno fino al 21 gennaio. Se il Governo Letta-Alfano-Bilderberg non darà risposte concrete passeranno all’azione: occupando i Comuni e presidiando le Prefetture e le sedi di Equitalia.
Di questo grande movimento popolare – fatto per lo più di piccoli agricoltori, piccoli artigiani, piccoli autotrasportatori e, adesso, anche dai pescatori – è rimasta esclusa la Sicilia. Un paradosso, se si pensa che il Movimento dei Forconi è nato nella nostra Isola tra la fine del 2011 e i primi mesi del 2012.
Del ‘flop’ dei Forconi siciliani parliamo con Franco Calderone, imprenditore, esponente del Movimento dei Forconi fino ai primi mesi del 2012, oggi in dissenso con la linea, in verità forse troppo ‘buonista’ di Mariano Ferro. Calderone lavora già da tempo a un nuovo Movimento: Forconi e territorio.

Allora Calderone, ci racconta perché, in Sicilia, il Movimento dei Forconi non incanta più?

“Perché Mariano Ferro ha sbagliato tutto. E, purtroppo, continua a commettere errori, uno dietro l’altro”.

Un tempo eravate molto vicini…

“Fino ai primi mesi del 2012. Poi le nostre strade si sono divise”.

Perché?

“Il dissenso è nato sulla strategia. Io ed altri avremmo voluto mettere assieme tutti i soggetti politici e sociali che, in quel momento – parlo di due anni fa – dissentivano dalla vecchia politica del momento. Proponevamo a Ferro di fare una grande alleanza con Maurizio Zamparini, con l’allora Sindaco di Ragusa, Nello Dipasquale, con l’allora parlamentare regionale, Cateno De Luca. E anche con il professore Massimo Costa, per provare a riunificare le anime del sicilianismo siciliano. Da questa grande alleanza avremmo dovuto lavorare per le elezioni regionali che noi immaginavamo nel 2013 e che, invece, sono state anticipate a fine 2012”.

Ferro non era d’accordo?

“Mariano è un solista. Una grande alleanza comporta una redistrubuzione della leadership. E la cosa non deve essere piaciuta a Mariano, che si è tirato indietro. Ricordo anche la sua controproposta: convergete tutti su di me. Insomma…”.

Poi, però, i Forconi hanno avviato trattative con Roma e con il Governo regionale retto allora da Raffaele Lombardo.

“Ricordo anche questo. Sono risultati inutili i tavoli romani e inutile la trattativa con il Governo regionale di Raffaele Lombardo. E il motivo c’è. Quando si va a trattare bisogna avere dietro la gente. Ferro trattava mentre il suo Movimento si spegneva. Quando a Roma e a Palermo si sono accorti che Ferro era praticamente da solo, l’hanno mollato”.

E oggi?

“La scena è la stessa: Mariano vuole fare sempre tutto da solo. Personalizza la protesta. La gente, in Sicilia, non lo segue più”.

Mariano Ferro a noi ha detto di essere sempre stato in contatto con Prefetture e Questure che gli hanno impedito manifestazioni popolari.

“Questo è il suo alibi. Ma voi pensate veramente che le Prefetture e le Questure possono bloccare un Movimento di popolo? Ma avete visto quello che è avvenuto in Piemonte, in Veneto, nel Lazio e in altre parti d’Italia? La gente, quando è esasperata, scende in piazza e basta. Altro che Prefetture e Questure!”.

Allora in Sicilia la gente non è esasperata?

“No, anche in Sicilia la gente è esasperata. I procedimenti esecutivi, nella nostra Isola, sono decine di migliaia. Ma per fare esplodere una protesta popolare ci vuole una leadership. Mentre in Sicilia ci sono troppe divisioni. I personalismi, le trattative segrete con le Prefetture e le Questure, gli ammiccamenti con il potere, insomma tutti questi ‘giochi di palazzo’ tolgono agli esasperati anche la voglia di protestare”.

Che cosa bisogna fare, secondo lei?

“La protesta è giusta. E in Sicilia c’è già stata. Oggi serve una strategia. Quella che si sono dati i leader del Movimento 9 dicembre. Hanno un programma. Hanno dato al Governo nazionale una scadenza. La gente è motivata. E se il Governo Letta non darà risposte tornerà in piazza più motivata di prima. In Sicilia non c’è nulla di tutto questo. A proposito di strategia e programmi ricordo un episodio emblematico”.

Ovvero?

“Nei giorni caldi del 2012 ero riuscito a coinvolgere un noto tributarista: Alessandro Dagnino. Ho organizzato una riunione con lui. Ci raccontava come affrontare il problema delle cartelle esattoriali. Mentre Dagnino ci illustrava la strategia che avremmo dovuto adottare c’erano esponenti del nostro Movimento piuttosto annoiati. E sbagliavano: perché la sola protesta non basta: ci vuole una strategia, ci vuole un progetto operativo. E, se le condizioni lo richiedono, il Movimento deve diventare politico. Perché in democrazia la protesta sociali e popolare deve canalizzarsi nei Parlamenti: nel nostro caso, a Sala d’Ercole. Altrimenti rimane sterile”.

Anche Ferro ha provato a misurarsi con l’elettorato siciliano.

“Sì, lui da solo. Per arrivare all’1 per cento. Un errore gravissimo. Se il Movimento fosse decollato con Zamparini, con Cateno De Luca, con il professore Massimo Costa, con Dipasquale e con altri soggetti che allora sarebbero stati con noi avremmo superato senza problemi lo sbarramento del 5 per cento e oggi avremmo i nostri rappresentanti all’Ars. Invece…”.

 


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