Non si ferma la polemica sulla scelta di Bruno Vespa di intervistare il figlio del capo dei capi. Il presidente del Senato, Pietro Grasso, invita boicottare la trasmissione, mentre Pier Luigi Bersani, atteso ospite della puntata, ha annunciato di dare forfait. Salvatore Borsellino: «Sono stato assalito da un senso di nausea»
Il figlio di Totò Riina ospite a Porta a Porta «Non è servizio pubblico, è una schifezza»
Di certo, la sua presenza in tv non è passata inosservata. A poche ore dalla messa in onda della trasmissione Porta a Porta, fa discutere la scelta del padrone di casa, Bruno Vespa, di invitare il figlio del boss mafioso Totò Riina per presentare il suo ultimo libro, in cui parla appunto del rapporto col padre. Il coro di “no” che ha provocato la scelta di Vespa è pressoché unanime, a cominciare dalla seconda carica dello Stato, il presidente del Senato Pietro Grasso, che affida ai social il suo invito a boicottare la trasmissione: «Non mi interessa se le mani di Riina accarezzavano i figli – ha scritto il primo inquilino di Palazzo Madama -, sono le stesse macchiate di sangue innocente. Non guarderò Porta a Porta». Gli fa eco Pier Luigi Bersani, che questa sera non sarà ospite di Vespa. Il forfait dell’ex segretario Pd è dovuto, come era stato fatto trapelare già nel primo pomeriggio, all’annunciata intervista.
Critiche anche dai politici siciliani, a cominciare dal governatore Rosario Crocetta, secondo cui «dare lo stesso spazio ai figli dei mafiosi come lo si dà, doverosamente, ai figli delle vittime non si addice certamente al ruolo del servizio pubblico che ha l’obbligo di promuovere anche la crescita sociale e culturale dei cittadini». «Non credo affatto – ha aggiunto Crocetta – che il figlio di Riina possa parlare male del proprio genitore, solo che noi abbiamo il dovere di parlarne male perché ha fatto stragi, ha terrorizzato i cittadini, ha bloccato lo sviluppo e la crescita della nostra Regione».
«Non è un diritto invitare in tv uno che si dichiara contento del fatto che il papà, tale Totò Riina, non si sia mai pentito – gli fa eco il segretario regionale del partito democratico, Fausto Raciti -. E non perché sia il figlio di un mafioso, ma perché parla e pensa da mafioso. Vespa non ha il diritto offrire milioni di ascoltatori al punto di vista della mafia. Questo non è servizio pubblico, è solo una schifezza».
Anche le associazioni si schierano contro la scelta dei vertici Rai di mandare in onda l’intervista: secondo Francesca Chiavacci, presidente nazionale dell’Arci (associazione che a Corleone gestisce decine di ettari di terre confiscate alla mafia), si tratta di un «oltraggio per tutte le italiane e gli italiani onesti». Chiavacci ha poi aggiunto: «È difficile combattere le mafie e la criminalità organizzata, in tutti i loro aspetti e le loro manifestazioni, se le si accredita addirittura nelle trasmissioni televisive di più larga diffusione. Da parte nostra – conclude Chiavacci – continueremo con ancora più convinzione il nostro impegno nell’antimafia sociale, dando appuntamento, come ogni anno, a centinaia di ragazze e ragazzi nei campi della legalità organizzati nei beni confiscati alle mafie».
Anche Salvatore Borsellino, fratello del giudice vittima della strage di via D’Amelio, interviene nel dibattito, con un lungo post in cui ammette di essere «assalito dal senso di nausea che ho provato nel momento in cui ho dovuto leggere che il figlio di un criminale, criminale a sua volta, comparirà questa sera nel corso di una trasmissione della Rai, un servizio pubblico, per presentare il suo libro, scritto, come dichiarerà lui, “per difendere la dignità della famiglia”». Borsellino ha poi fatto riferimento ai drammatici fatti del 1992: «Di quale dignità si tratti ce lo spiegherà raccontandoci come, insieme a suo padre, seduto in poltrona davanti alla televisione, abbia assistito il 23 maggio e il 19 luglio del ’92 allo spettacolo dei risultati degli attentati ordinati da suo padre per eliminare Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Non ci racconterà forse le esclamazioni di gioia di quello stesso padre che descriverà, come da copione, come un padre affettuoso, ma quelle possiamo immaginarle dalle espressioni usate da quello stesso padre quando, nelle intercettazioni nel carcere di Opera, progettava di far fare la “fine del tonno, del primo tonno” anche al magistrato Nino Di Matteo».