Prima che Salvo Riina, il figlio maschio più piccolo del capo dei capi di Cosa Nostra, inizi il suo racconto, Bruno Vespa prova a giustificare la scelta di un’intervista criticata da tutti: istituzioni, parenti delle vittime di mafia e associazioni in prima linea. «Un ritratto sconcertante – afferma Vespa – ma per combattere la mafia bisogna conoscerla bene. Ciascun spettatore si farà una sua libera opinione. Abbiamo intervistato il figlio di Totò Riina perché per la prima volta avremo il ritratto della famiglia mafiosa più importante italiana dall’interno».
Riina junior – condannato a otto anni e dieci mesi per associazione mafiosa, pena scontata ma ancora in libertà vigilata a Padova, dove vive – non prende le distanze dal padre, non lo fa nelle oltre 200 pagine del libro che ha scritto, né durante l’abbondante mezz’ora di intervista a Porta a Porta. «Abbiamo vissuto una vita differente degli altri – dice – anche in maniera piacevole, è stato un gioco. I giornali accusavano mio padre di tante cose, qualcosa poteva anche averla fatto, ma non ci interessava delle accuse. Io amo mio padre, la mia famiglia, non tocca a me giudicare – continua -. Giudico quello che mi hanno trasmesso i miei famigliari, se sono la persona che sono lo devo ai miei genitori, fuori dalle sentenze c’è la persona umana. Perchè dovrei dire che mio padre ha sbagliato? Per questo c’è lo Stato, non tocca a me».
Parole che confermano i timori espressi nel pomeriggio da Salvatore Borsellino, fratello del giudice Paolo. «Sono stato assalito dal senso di nausea nel momento in cui ho dovuto leggere che il figlio di un criminale, criminale a sua volta, comparirà questa sera nel corso di una trasmissione della Rai, un servizio pubblico, per presentare il suo libro, scritto, come dichiarerà lui, “per difendere la dignità della famiglia”». L’intervento di Salvo Riina procede esattamente su questa direzione, parla «dell’infanzia serena, anche non andavamo a scuola era un diverimento»; afferma di «non aver avuto il sospetto», davanti alla tv nei giorni delle stragi del 92, che dietro quelle atrocità ci potesse essere la mano di suo padre.
Gli omicidi? «Non so che dirle, risponde a Vespa». La mafia? «Non me lo sono mai chiesto cos’è, non ho una risposta precisa, oggi la mafia può essere tutto e nulla». Droga, omicidi? «Non lo fanno soltanto i mafiosi». Lo Stato? «Lo rispetto, l’ho sempre rispettato anche se a volte non condivido alcune leggi e alcune sentenze». Falcone e Borsellino? «Non li giudico, qualsiasi cosa io dica sarebbe strumentalizzata. Io ho rispetto per tutti i morti».
L’intervista è andata in onda nonostante la presidente della commissione nazionale antimafia, Rosy Bindi, avesse chiesto di ritirarla. La deputata ha annunciato che convocherà in commissione i vertici della Rai. «Se stasera andrà in onda l’intervista al figlio di Totò Riina, avremo la conferma che Porta a Porta si presta a essere il salotto del negazionismo della mafia e chiederò all’Ufficio di Presidenza di convocare in Commissione la Presidente e il Direttore generale della Rai».
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