Una lunga carriera a bordo campo partendo da Acireale, poi il salto nella pallacanestro nazionale come assistente del coach a Capo d'Orlando, infine l'esperienza da procuratore. «Tanti talenti stranieri li ha portati lui», ricorda chi lo conosceva
Il cordoglio del mondo del basket per la morte di Peppe Foti Pozzecco: «Con lui in panca a guidare la squadra dominammo»
Un vuoto enorme, una mancanza che si farà sentire in tutti coloro che lo hanno conosciuto e apprezzato, professionalmente e umanamente. La scomparsa di Peppe Foti ha ferito il mondo del basket, non solo siciliano. L’ex giocatore e allenatore, poi procuratore Fiba, si è spento ieri a 55 anni, a causa degli strascichi causati da un disturbo cardiaco. Una vita nel basket e per il basket si potrebbe dire, correndo il rischio di banalizzare o non rendere esattamente la profondità della traccia lasciata dall’uomo su un movimento rimasto sotto choc per la notizia.
Quattordici stagioni da giocatore, tra il 1985 ed il 1999, tutte con addosso la canotta dell’Acireale, prima di diventarne allenatore per quattordici stagioni, sebbene in tre differenti esperienze. Tra campo e panchina Foti trascina gli acesi a tre promozioni nella C nazionale, regalando soddisfazioni e ricordi agli appassionati e a chi, come il presidente Paolo Panebianco, ha condiviso con lui quotidianamente fatiche e gioie: «Abbiamo vissuto insieme tutta una vita», spiega il numero uno del sodalizio acese, trattenendo a stento la commozione. «Peppe ha sempre cercato di portare una mentalità diversa nel gioco. Era appassionato, non solo del basket. Con noi ha sempre avuto la massima libertà di espressione in tal senso. Solo la sfortuna lo ha privato della vittoria nel campionato di Serie C, per ben due volte. Ma il suo lavoro era stato eccezionale, come lo era anche quello svolto nella sua nuova veste da procuratore. Sono tanti i talenti stranieri che ha portato ad Acireale e non solo. Il destino ce lo ha portato via troppo presto».
Tra le esperienze in panchina impossibile non citare quella da assistant coach di Gianmarco Pozzecco all’Orlandina Basket, stagione 2013-2014 in Dna Gold, e la sera dell’esordio come head coach, nella gara 4 dei play off verso la serie A contro Verona, in trasferta, in un match per nulla semplice e parecchio teso, complice la squalifica del Poz, che ricorda quel momento: «Quella sera ero seduto vicino Sindoni, un metro dietro la panchina. Non dissi nulla, feci il tifoso. Fin dall’inizio avevo capito che Peppe era totalmente in grado di gestire un momento delicato della stagione senza il mio intervento. La posta in palio era pazzesca, lui è stato straordinario. Dominammo quella gara. Penso che la soddisfazione di quella sera è giustamente sottolineata come una grande impresa di un allenatore siciliano».
Il ricordo dell’ex stella della nazionale azzurra, e attuale coach della Dinamo Sassari, poi, si riempie di sincero affetto ed emerge un particolare rimpianto: «Era una persona straordinaria, un professionista di altissimo livello. Uomo vero, sincero, esemplare. A quel tempo non avevo ancora fatto l’assistente in carriera e non sono riuscito a coinvolgerlo per come doveva essere coinvolto. Non ho avuto la possibilità di rincontrarlo e parlargli. In quell’annata fu straordinario, pur non avendo da me quello che magari oggi riesco a dare ai miei assistenti. Questa cosa l’ho realizzata quando, successivamente, ho fatto l’assistente a Zagabria. Peppe è stato importantissimo, in una stagione che ci ha visto gestire uno spogliatoio con personalità del calibro di Basile, Soragna, Nicevic e Portannese. Era rispettato da tutti», conclude Pozzecco che poi abbraccia virtualmente la famiglia.
In riva al Tirreno, Foti lascia un ricordo profondo, come spiega Enzo Sindoni, presidente dell’Orlandina: «Un esempio di dedizione e amore per lo sport, ha dimostrato di avere qualità ben superiori di quelle dimostrate dalla sua carriera. Di lui ricordo la presenza di spirito, il saper essere sempre all’altezza del momento. Nei frangenti difficili il suo sostegno non mancava mai. Un uomo d’altri tempi che, con la delicatezza che ha contraddistinto il suo cammino, ha lasciato una traccia indelebile. Quando ci veniva a trovare, negli ultimi tempi, andando via mi ringraziava e io lo mandavo affettuosamente “a quel paese dicendogli che l’Orlandina era sempre casa sua. Quel ringraziamento era l’esempio della sua delicatezza». Roberto Quartarone, giornalista che da anni custodisce e divulga la storia e le storie del basket etneo, spiega: «La sua scomparsa ha provocato sgomento nella pallacanestro nazionale e locale. Era una delle persone più competenti del panorama, persino sottodimensionato rispetto alle sue conoscenze e a quanto dimostrato sul campo. Da procuratore aveva connessioni ovunque, in giro per il mondo, lo conoscevano tutti. Ha dimostrato che competenza, impegno e passione fanno la differenza. Ha fatto tantissimo per l’ambiente che lo circondava. Mancherà a tutti gli appassionati di basket in Sicilia». Il direttore generale dell’Alfa Catania Carmelo Carbone sottolinea la fiducia e la credibilità che hanno contraddistinto Foti anche nell’ultimo segmento della sua carriera, quando, dal 2017, diventa agente: «Con Peppe ci conoscevamo da tempo. Siamo tornati a collaborare quando ha iniziato a fare il procuratore, molti giocatori venivano dalla sua scuderia. Il basket perde un suo profondo conoscitore. Le società siciliane si fidavano di lui ed a lui chiedevano spesso consigli per allestire i roster, essendo leale e sincero».
Il cordoglio per la scomparsa di Foti ha invaso i social, con club, tesserati e appassionati che hanno testimoniato il proprio dolore. Partecipazione anche da parte delle istituzioni con il sindaco di Acireale Stefano Alì, che ne ha ricordato professionalità e lealtà. La Fip siciliana, con una nota, ha disposto un minuto di silenzio in tutte le gare regionali in programma tra oggi e domani. Peppe Foti lascia la moglie e i figli, anch’essi innamorati della palla a spicchi. Alice ed Ettore sono arbitri, mentre Costanza è ufficiale di campo e giocatrice. Il coro di voci che abbiamo sentito, e che poteva essere ben più lungo, conferma che non saranno soli nel custodire l’eredità, professionale e umana, di un padre che ha lasciato il segno in tutto il movimento cestistico siciliano.