Il comune di Mascali sciolto per mafia Il precedente 20 anni fa con gli stessi nomi

Il Consiglio dei Ministri ha deciso lo scioglimento del Comune di Mascali ai sensi della normativa antimafia. Il provvedimento, proposto dal ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri, è stato preso stamattina. Nella stessa seduta sono stati sciolti anche i comuni di Polizzi Generosa (Palermo), Quarto (Napoli), Melito Porto Salvo (Reggio Calabria), Siderno (Reggio Calabria) e San Calogero (Vibo Valentia).

Per Mascali si tratta del secondo caso negli ultimi vent’anni. Il precedente risale al 9 giugno del 1992. Il sindaco, dimessosi pochi mesi prima, era Biagio Susinni, tra gli assessori comunali c’era Filippo Monforte. Oggi rispettivamente consigliere comunale e primo cittadino. Nei mesi scorsi il Comune di Mascali era stato colpito dall’inchiesta della Procura di Catania denominata Nuova Ionia, sulle presunte infiltrazioni mafiose nella gestione dei rifiuti. Il sindaco Monforte è indagato per corruzione aggravata.

A metà febbraio, a Mascali un comitato spontaneo di cittadini per la legalità aveva organizzato una fiaccolata per le vie del paese per dire no alla criminalità. Vi riproponiamo il reportage di Salvo Catalano:

«Chi abita in un luogo senza speranza non cresce, bensì invecchia. Questo paese poteva essere un abbellimento per tutto il circondario e invece è una cravatta che ha mutato la sua funzione: anziché ornare, soffoca. Mentre gli altri paesi stavano bene, Mascali stava bene il minimo indispensabile; mentre gli altri paesi stavano bene il minimo indispensabile, Mascali stava male; mentre gli altri paesi stavano male, Mascali era entrata in coma; mentre gli altri paesi entravano in coma, Mascali moriva». Davanti all’ingresso del municipio Andrea25 anni, legge al microfono la sua amara riflessione sulla cittadina ionica in cui vive. Di fronte a lui ci sono un centinaio di persone, con una fiaccola in mano, che hanno deciso di aderire alla manifestazione Riscrivi la tua legalità, organizzata da un comitato spontaneo di cittadini nato nelle scorse settimane. «Ricominciamo da qui a chiedere legalità»: lo slogan è semplice, la sua realizzazione apparentemente impossibile.

Da piazza Dante, di fronte alle scuole elementari, fino alla piazza del municipio, il percorso del corteo è breve. «Sono più le persone che vengono dai paesi vicini che quelle di Mascali», ammetteEnrico Messina, giovane papà che tiene in braccio il figlio di pochi anni. «C’è la gente per bene, ma anche qualche faccia mascherata, per Mascali è già un buon risultato», aggiunge la moglie Rosanna. A sfilare nella prima manifestazione antimafia che la città ricordi da decenni ci sono pochi ragazzi, qualche bambino, alcune mamme e facce note della politica locale (soprattutto del Partito Democratico con Luca Spataro, Concetta Raia, Tania Spitaleri) ma senza bandiere di partito. «La manifestazione, hanno insistito a lungo gli organizzatori, deve essere apolitica». Già, perché di politica a Mascali è meglio non parlare. Il sindaco Filippo Monforte è indagato nell’ambito dell’inchiesta della Procura etnea Nuova Ionia, che ha svelato gli interessi della mafia nel servizio di raccolta dei rifiuti nei comuni dell’Ato Ct 1 Joniambiente. Insieme al primo cittadino, sono indagati anche l’assessore e il dirigente ai Lavori pubblici, Rosario Tropea e Bruno Cardillo. Per loro l’accusa è di corruzione aggravata e la Procura aveva anche chiesto l’arresto, respinto dal gip.

«La cosa più vergognosa secondo me – spiega Danilo Sgroi, 21 anni, studente di Scienze politiche – è che a comandare a Mascali ci sono le stesse persone che c’erano quando sono nato io e il Comune era commissariato». Era il 9 giugno del 1992 quando Mascali veniva commissariato per mafia. Il sindaco, dimessosi pochi mesi prima, era Biagio Susinni, tra gli assessori comunali c’era Filippo Monforte. Entrambi, per altre vicende, furono condannati in primo grado per abuso d’ufficio. Susinni, in quell’occasione, finì anche in carcere per cinque giorni. Poi fu rilasciato perché, come racconta il giornalista Turi Caggegi in un articolo di cronaca di vent’anni fa, «il grande scandalo suscitato dalla vicenda, a dire del giudice, avrebbe comunque emarginato politicamente Susinni in modo da impedirgli di commettere altri reati legati alla sua attività». Oggi Monforte è sindaco e Susinni presidente del consiglio comunale, organo nel quale è riuscito ad entrare «dopo aver fatto dimettere sei persone, altrimenti il seggio non gli sarebbe toccato», sottolinea Isidoro Trovato, tra i fondatori del movimento Un’altra storia di Rita Borsellino. Consiglio comunale che è stato recentemente sciolto per mancanza del numero legale dopo la pioggia di dimissioni da parte dei consiglieri. Al loro posto si è insediato un commissario. Mentre Monforte, nonostante le accuse della Procura etnea, resta al suo posto.

Non si può prescindere da questo quadro per capire come mai Mascali è considerata da più parti«un buco nero». «Il sistema non funziona, perché qui tutti sono legati l’un l’altro per clientela, amicizia o cortesia. Nessuno va contro», afferma Enrico, il giovane papà. Gli fa eco Trovato secondo cui «questa città è stata sempre governata a favore di una lobby, mai a vantaggio dei mascalesi». «Ma la colpa è nostra, i mascalesi se la sono cercata. Io non sono per l’antipolitica, i politici sono l’espressione della popolazione che li sceglie», precisa Danilo che nonostante tutto è sceso in strada, con una fiaccola in mano. Per lui e il suo amico ventitrenne disoccupato che gli cammina a fianco «Mascali è un dormitorio, non ci sono luoghi d’incontro per i ragazzi al di fuori della piazza. E poi – aggiungono – delle cose di questo paese non si parla mai, le persone hanno una mentalità chiusa e individualista, e manca l’informazione». Alessandra e Marta, appena uscite dalle scuole superiori, confermano. «Non c’è niente da fare, l’unica cosa positiva è l’oratorio».Tiziana Rapisarda è una giovane mamma che organizza laboratori artistici nelle scuole del comprensorio. «Ci ho provato anche qui, ma è diverso, te ne accorgi subito – racconta – gli insegnanti non hanno voglia, i genitori dei bambini non sanno rispettare minime regole. Alla fine il laboratorio di scenografia è saltato».

La manifestazione per la legalità di ieri sera è stata una boccata di ossigeno per chi ancora, nonostante tutto, resiste. Sui gradini del municipio, i ragazzi delle scuole hanno letto alcuni passi dei martiri della mafia. Poi, proprio alla fine, l’imprevisto. Come detto, gli organizzatori nei giorni scorsi hanno insistito sul carattere apolitico dell’evento, per evitare che i cittadini, già sfiduciati, pensassero all’ennesima passerella camuffata da evento antimafia. Inaspettato è stato dunque l’arrivo di Nicolò Marino, assessore regionale all’Energia, ex magistrato e attuale candidato al Senato. Una presenza che due membri del comitato avevano proposto nei giorni scorsi e che era stata respinta dalla maggioranza. A guidare Marino sui gradini del Comune è stato Leonardo Fichera, coordinatore comunale di Scelta Giovane e tra gli organizzatori del corteo. A quel punto gli altri responsabili hanno strappato i manifesti dell’evento alle sue spalle. Dopo l’intervento dell’assessore, Concetto Barone, membro del comitato spontaneo, ha preteso una replica, strappando il microfono dalle mani di Fichera, non disposto a cederlo. «Non abbiamo nulla contro Marino, che nonostante la veste istituzionale ha quasi fatto un comizio. Il suo discorso non era previsto», ha affermato. Barone subito dopo è stato sottoposto a riconoscimento dai carabinieri presenti. «E’ mio dovere prevenire ogni problema di ordine pubblico – ha spiegato il comandante –il ragazzo ha detto stronzo all’assessore». «Non è vero – replica Barone – il mio insulto era rivolto a Fichera». Successivamente un confronto tra lo stesso Barone e l’assessore Marino ha chiarito la situazione.

Resta per Mascali un messaggio di speranza che Andrea, uno degli organizzatori, nel suo monologo, ha voluto raccontare così:

Mi chiamo Giovanni, sono di Mascali e ho 47 anni.

Ho un attività commerciale e i tempi sono quelli che sono. Ma questo lo sappiamo tutti. Tranne loro. Loro Chi? Quelli che “tuppuliano”, quelli a cui tu devi pagare al mese una sorta di affitto, che affitto poi non è: loro la chiamano protezione, ma da quando ci sono loro ho più paura. Ho più paura perché a loro non interessa che le cose vadano bene o male: sono così ignoranti che non sanno più come spolparmi. Quelli che “tuppuliano” decidono per me e per la mia famiglia se posso stare bene o male; a quelli che “tuppuliano” non li contrasta nessuno: ci hanno in mano e quando vogliono ci soffocano in un pugno. Ho deciso, me ne vado via da Mascali.

Mi chiamo Marco, sono di Mascali e ho 17 anni.

A me di Mascali non interessa nulla, lo dico sempre. Tutti mi dicono che sbaglio a dire così, perché se qui è tutto brutto è anche colpa mia. Certo, non sanno quante botte ho buscato all’uscita della scuola quando ero piccolo. Ogni colpo che ricevevo portavano il cuore un po’ più lontano da questo paese. Che poi che ha questo paese da dare ancora? Noi ragazzi non sappiamo manco dove vederci, forse non sappiamo neanche per cosa vederci, poiché realizzare un progetto qui equivale a fare troppi cambiamenti e non tutti vogliono cambiare. Ecco perché a me di Mascali non interessa nulla, perché Mascali non ha interesse a vedermi crescere qua. Non vedo l’ora di compiere 18 anni, prendermi la patente e uscire via : deve esistere da qualche parte un paradiso per chi vive un inferno al giorno. Ho deciso, e non da oggi, che me ne andrò via da Mascali. 

Mi chiamo Marta, sono di Mascali e ho 23 anni.

Mascali è sempre stata casa mia, perché la mia infanzia mi riempie di ricordi e di sorrisi se penso alle passeggiate lungo il viale. Mi sentivo a casa perché la festa di S.Leonardo, quella però quando eravamo piccoli piccoli, era l’unico motivo bello per cui arrivava l’inverno. Mi sentivo a casa quand’ero piccola andavo dalle suore, giocavo con tutti i miei coetanei, dei quali di molti non so manco cosa adesso stiano facendo: c’è chi conta le macchine fuori dai bar, chi è andato via come me perché questo paese non poteva contenerne le speranze pe cui viviamo.

Va bene gli affetti, va bene i ricordi, ma non posso vivere qui. Non può essere casa mia un paese dove si è sommersi di spazzatura, ma forse ce n’era tanta anche da prima solo che in altre forme. Non puo’ essere casa mia una spiaggia che in estate si trasforma in una trappola per i cittadini stessi. Non puo’ essere casa mia una città che mi offre troppo poco per non far finire i miei figli in strada. Non puo’ essere casa mia un cassetto in cui non entreranno mai i sogni miei. Ho già deciso, da Mascali me ne sono già andata via.

Mi chiamo Andrea, sono di Mascali e ho 25 anni.

Mi ritrovo nel bel mezzo di una manifestazione sulla legalità. Nel mio paese. Eppure so già che non sarà tutto questo a salvarci dal baratro. Ma anche non farlo non servirebbe a niente. Vedo le persone nascere, crescere e andare via, vedo tutti i percorsi che avete fatto. E mentre vedo tutto questo, vedo anche che io mi sto guardando vivere. Chi abita in un luogo senza speranza non cresce, bensì invecchia. Questo paese poteva essere un abbellimento per tutto il circondario, e invece è una cravatta che ha mutato la sua funzione: anziché ornare soffoca. Mentre gli altri paesi stavano bene, Mascali stava bene il minimo indispensabile; mentre gli altri paesi stavano bene il minimo indispensabile, Mascali stava male; mentre gli altri paesi stavano male, Mascali era entrata in coma; mentre gli altri paesi entravano in coma, Mascali moriva. Mascali muore ogni giorno, quando qualcuno apre a chi “tuppulìa“, quando qualcuno aspetta qualcosa, senza muovere un dito, per lasciare la mediocrità che lo circonda, Mascali muore ogni giorno quando si alza la mattina e vede che un altro suo figlio è andato via, e a tenerla in vita sono solo le mappe geografiche.

Ho un sogno: raccontare a mio figlio come si stava male a Mascali quando avevo 25 anni rispetto al futuro che lui avrà a Mascali. Si, perché io ho deciso, ci provo ancora una volta, forse l’ultima: resto qui.

Redazione

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