Come molte scoperte, anche questa è stata fatta per caso. «Nel 2009 mentre passeggiavo nell'azienda agricola di famiglia a Francofonte», spiega Corrado Vigo a MeridioNews. Le prime 50 piante sono state innestate in due vivai catanesi. Guarda le foto
Il clone di tarocco col nome dell’agronomo che l’ha scoperto Vigo: «È di colore violaceo e sa un po’ di mora e di lampone»
«Ha un colore violaceo e un sapore che, oltre a quello tipico dell’agrume, ha delle sfumature che vanno dalla mora al lampone». È così che l’agronomo Corrado Vigo descrive a MeridioNews la varietà di arancia tarocco che ha scoperto nel 2008 e che da qualche giorno sul brevetto porta il suo cognome. «Non sono stato io a sceglierlo ma – precisa sorridendo – devo ammettere che l’idea, sin da subito, non mi è affatto dispiaciuta». Il tarocco Vigo, come molte altre importanti scoperte, è stata fatta causalmente. «Era il mese di gennaio del 2008 – racconta l’agronomo – e, mentre passeggiavo all’interno dell’azienda agricola di famiglia a Francofonte (cittadina del Siracusano che è considerata la patria del tarocco, ndr), per puro caso, con la coda dell’occhio ho notato un frutto che pendeva da un ramo ma era molto più rosso rispetto a tutti gli altri». Ed è qui che subentra l’altro ingrediente fondamentale per una scoperta: la curiosità. «Mi sono avvicinato e ho notato che andava sulle sfumature del viola, molto pigmentato. A quel punto – continua Vigo – ho segnato quel ramo e anche quella pianta e ho chiesto che non si raccogliessero più i suoi frutti». Il primo passo per capire se l’evento si sarebbe replicato e se il frutto avrebbe mantenuto quelle stesse caratteristiche. E così è stato perché «tutti gli agrumi sono instabili e mutano geneticamente», analizza l’esperto che adesso ha dato il nome a una cultivar di tarocco che potrebbe sostituire i vecchi cloni che sono stati vittime del virus tristeza.
Consegnato il materiale vegetale al dipartimento di Agraria dell’Università di Catania, sono stati loro a occuparsi del risanamento varietale. «Un lungo processo – spiega Vigo – che serve a eliminare eventuali virus e viroidi che potrebbero ridurre la produzione in qualità e quantità ma anche portare a gravi alterazioni e alla morte delle piante». Il passo successivo è stato quello di consegnare dei campioni di frutto al Crea di Acireale, il Centro di testing per l’industria dei derivati agrumari, che ne ha analizzato le caratteristiche organolettiche: da qui la conferma di una elevata quantità di antocianine, ovvero i pigmenti vegetali tipici dei frutti di bosco. «Da qualche settimana – afferma l’agronomo – ho consegnato una cinquantina di piantine risanate a due vivaisti del Catanese che le hanno già innestate per preparare le piante madri e quelle per la moltiplicazione». Adesso, come la natura spesso richiede, bisogna avere pazienza. Intanto, però, a Vigo per il suo clone di arancio sono arrivate richieste già da diverse parti del mondo, a partire dalla Spagna. «Bisogna aspettare almeno settembre per capire come andrà».
Oltre agli esperti, anche qualche amico e parente di Vigo lo ha già assaggiato, «e mi hanno confermato che è molto buono anche bevuto come succo». Stando alle previsioni, il tarocco Vigo potrebbe essere immesso nella commercializzazione già a partire dal prossimo anno. «Si tratta di un frutto – aggiunge l’agronomo – che potrebbe fare gola a diversi mercati per vari motivi: innanzitutto ha un notevole anticipo di maturazione che avviene già tra la fine del mese di novembre e l’inizio di dicembre». Diverso tempo prima rispetto al tarocco per cui, invece, si deve attendere metà gennaio. Nonostante ciò, il frutto, pur essendo maturo, può restare nell’albero ed essere raccolto anche fino alla fine di marzo senza che si alterino né il colore né il sapore. «Un’altra importante caratteristica fondamentale – dice Vigo – infatti, è che è un agrume che pur superando la pigmentazione dell’arancia Moro, non si porta dietro i difetti di questa varietà. Cioè anche quando arriva a piena maturazione non ha mai quel retrogusto che, come si dice, “sa di vecchio”». Anzi, è a quel punto che si sentono di più i sapori misti di mora e lampone.