Il cinema delle delusioni

Ad Ibla, il 10, 11 e 12 dicembre, si è svolta la Rassegna cinematografica “L’isola del cinema”, una manifestazione che prometteva grandi nomi, alcuni mantenuti, altri sostituiti, magari con gente sconosciuta ai più, sempre rappresentativa del mondo dello spettacolo, ma sicuramente deludente per chi si aspettava di incontrare i registi o gli attori in cartellone…

Manifestazione deludente anche sotto altri aspetti, come la poca cortesia, in alcune occasioni, sia nei riguardi del pubblico, sia nei riguardi degli ospiti stessi, magari non di fama internazionale, ma lo stesso meritevoli di rispetto.

Leggendo l’opuscolo illustrativo che fornivano all’ingresso, si scopriva che il filo conduttore della rassegna, arrivata alla sesta edizione, era quello dell’amore.
Lo si può effettivamente trovare in “Nathalie”,  storia in cui la protagonista assolda una donna di facili costumi per sedurre il marito e farsi poi raccontare tutto nei minimi particolari.
Lo si trova in “Comunque mia”, brillante esordio di Sabrina Paravicini come regista, non certo come attrice, in cui una donna a pochi passi dal matrimonio, si innamora del fratello del futuro marito. Ancora lo si può trovare nella trama di “P.S. I love you”, prima europea in lingua originale, in cui una donna si innamora di un ragazzino in tutto e per tutto simile al suo amore di gioventù morto in un incidente.

Ma non lo era sicuramente in “Evilenko” che, a detta stessa del regista, presente in sala, non era stato censurato a causa dei “postumi di un’insolazione”, dal momento in cui narra la storia del mostro di Rostov, conosciuto di persona dal regista.
Non era amore quello rappresentato  nel cortometraggio “Emozioni”, raccolta di provini per il film “Fungus Rock”, che verrà girato a Ragusa nel 2005.

A dire il vero, questo potrebbe essere considerato più che altro amore per il cinema, così come il “Ritratto” su Federico Fellini e lo splendido “Così inguaiammo il cinema italiano” di Ciprì e Maresco.
È una sorta di documentario sulla storia, sulla carriera artistica, fin dagli esordi nei piccoli teatri e nella “posteggia” di Palermo, di questi due grandi attori, che, con la loro indimenticabile simpatia, la loro professionalità, l’amore per il loro lavoro, riuscirono a portare sugli schermi anche una Sicilia ironica, contrariamente a quanto succedeva prima, dove la nostra amata terra veniva sempre dipinta a tinte scure…
Di tinte scure potrebbe anche essere definito il cinema di Ciprì e Maresco, sia per il colore che utilizzano solitamente nelle loro pellicole, il bianco e il nero, sia per la credibilità con cui spesso le condiscono. Con un realismo disarmante, a volte ai limiti del surreale, ma vero proprio per questo.

Cosa c’è, infatti, di più reale dell’irreale?

Valentina Testa

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