Il 33enne kendoka, cresciuto sportivamente a Catania e formatosi tra la Corea e il Giappone, ha partecipato al suo terzo campionato del mondo. Adesso racconta la sua storia: «Questa disciplina è uno stile di vita, mi aiuta ad affrontare i problemi»
Il catanese Demetrio Orlando ai mondiali di Kendo «Ultima gara con l’Italia, sono pronto ad altre sfide»
In Italia Kendo fa rima con Catania. Sembra impossibile, di primo acchito, pensare a eventuali parallelismi tra l’antica arte di combattimento giapponese (la cui traduzione letterale è La via della spada) e la città dell’Elefante: in realtà, proprio alle falde dell’Etna, esiste il Kuma No Kai Catania, dojo (palestra, in giapponese) con sede a Gravina che ospita gli attuali campioni d’Italia a squadre di questa disciplina. Trentacinque praticanti, capeggiati dal sensei (il maestro) Junio Borghese: tra di loro c’è anche Demetrio Orlando, 33 anni, una delle punte di diamante della società sportiva etnea reduce dalla partecipazione al terzo mondiale della carriera, quello tenutosi a Incheon (Corea del Sud) dal 14 al 16 settembre scorsi.
Un campionato del mondo senza medaglie per la nazionale ma, comunque, ricco di grandi soddisfazioni: «È stata un’esperienza fantastica – racconta Orlando a MeridioNews -, durante la gara individuale ho avuto il piacere di combattere contro il futuro vice-campione Jo Jin Yong. Sono riuscito a tenergli testa per tre minuti: ricordo gli ultimi istanti del combattimento, il mio sguardo cercava una possibile occasione ma, alla fine, lui ha avuto la meglio. Nei combattimenti a squadre abbiamo incontrato prima la Bulgaria e poi la Gran Bretagna che abbiamo battuto: ci siamo arresi solo agli Stati Uniti, squadra con molti giapponesi naturalizzati. Abbiamo fatto del nostro meglio».
L’appuntamento iridato è stato l’ultimo con la squadra azzurra: «Lascio la nazionale, ma sono pronto ad affrontare le nuove sfide che questa splendida disciplina mi proporrà». Non potrebbe che essere così per un atleta che ha abbracciato il Kendo da quando aveva sette anni: «Praticavo judo – ricorda l’intervistato – quando il mio maestro Marcello Franceschino, dopo un viaggio in Giappone, iniziò a creare un gruppo di kendoka: vedendoli indossare l’armatura ne rimasi subito affascinato. Il Kendo per me è uno stile di vita: mi aiuta ad affrontare in maniera diversa le insidie da affrontare giornalmente». Una passione che lo ha portato a vivere in Estremo oriente: «È una disciplina in continua evoluzione – precisa l’atleta – ho avuto la fortuna di studiare alla Sejong university di Seoul e alla Today university di Tokyo. Ogni volta che ne ho possibilità prendo la mia armatura chiudo la valigia e vado».
Quella del Kendo è una passione condivisa, tra gli altri, con Giorgio Masaru De Luca, uno degli istruttori del Kuma No Kai Catania. «Masaru significa colui il quale si impegna per eccellere. Ci troviamo di fronte a una disciplina – precisa De Luca, docente di filosofia – che insegna a superare i propri limiti. Quelli tecnici, legati al controllo della spada (lo shinai, composto da canne di bambù), ma anche quelli legati al confronto con sé stessi. Parlo della fatica, dei dolori fisici, dell’utilizzo di uno strumento di non facile gestione. L’avversario, fra l’altro, è colui che merita il massimo onore, perché permette di confrontarci con i nostri limiti. Anche dal punto di vista della socializzazione – spiega l’istruttore – si impara a essere risoluti e a rispettare gli altri. Per onorare l’avversario lo devi mettere alla prova fino in fondo».
Ridurre il Kendo a un mero combattimento di cinque minuti su un quadrato di nove metri per nove, tra due avversari che indossano una splendida armatura e combattono tenendo in mano una katana è, dunque, riduttivo. «È una scuola d’anima e di vita – ricorda De Luca – che, attraverso la spada, pone il kendoka a confronto con sé stesso e i propri limiti: la spada diventa un vero e proprio archetipo simbolico, il prolungamento della forza dell’essere umano. Ci vuole pazienza e tanta buona volontà. Demetrio – conclude l’intervistato – anche da questo punto di vista è una punta di diamante del Kendo europeo, avendo manifestato nel tempo una adesione innata a questa disciplina che lo ha portato ad allenamenti intensi e costanti».