Un'antica famiglia la cui storia ha radici in Scozia. Sebastian s'innamorò di una giovane signora di Pedara. Da questo momento rimane affascinato da questa terra, tanto da cambiare il nome in Sciuto
Il caso del signor Scott, uno scozzese a Catania
Nel 1837, Alfio Scuto Tomasell acquistò un lotto di terreno nella parte alta dell’attuale via Etnea per costruire una casina di villeggiatura nella quiete di quella che, allora, era una campagna.
Scelse una zona agli antipodi della sua residenza in vico Parisi, oggi via Scuto, non lontano dal Castello Ursino e confinante con la via San Calogero. È quasi certo che la scelta fu dettata dalla visione di quello che sarebbe stato il futuro piano urbanistico del territorio, ma anche, con molta probabilità̀, dalla ricerca di un luogo che avesse delle caratteristiche più salubri.
Proprio in quell’anno, infatti, l’epidemia di colera uccise il padre Sebastiano Scuto Tomasell.
Sì, proprio «Tomasell» nome tronco e ora vi spieghiamo il perché. L’antica storia di questa famiglia ci riporta infatti alla lontana Scozia. È proprio da lì che venne Sebastian Scot. Questo signor Scot s’innamoró di una giovane signora di Pedara, da cui ebbe un figlio e decise di cambiare il suo nome in Scuto. Fu così che, Alfio, figlio di Sebastian, sposò una Tomaselli e chiamò suo figlio Sebastiano, come il padre. Quel Sebastiano Scuto Tomasell che morirà di colera e sarà poi seppellito nella chiesa dell’Indirizzo, come ogni buon uomo di mare che si rispetti, anche per il legame solido con la Vergine dell’Indirizzo da cui si narra avesse ricevuto parecchie grazie.
Alfio Scuto Tomasell, ovvero il figlio di Sebastian, ottenne vari riconoscimenti, tra cui il titolo di cavaliere dell’ordine di Francesco Giuseppe e il vice consolato austriaco con sede a Catania perché aveva salvato, e riportato a casa fino in Austria a proprie spese, gli equipaggi sopravvissuti ad alcuni naufragi.
Imprenditore di larghe vedute, interessato allo zolfo, al sommaco, al cotone, oltre che a olio, vino, mandorle e frumento; visionario e precursore dei tempi, fu d’esempio e d’ispirazione per la folta schiera di imprenditori stranieri, che da lì a breve sarebbero arrivati in città.
Si racconta inoltre, che nella sua villa, ospitó Carlo Ludovico D’Asburgo, fratello dell’imperatore Francesco Giuseppe, che si trovava in convalescenza nell’isola, grazie al clima mite della stessa. Tra i successi commerciali che gli sono attribuite, Alfio Scuto Tomasell fu proprietario di magazzini con cantine in via Vela, in via Scuto, in via Di Bella e in via Gazometro (oggi via Cristoforo Colombo) e tra, le attività possedute, troviamo anche una conceria e diverse botteghe in via Museo Biscari.Come dice il detto «i pirocchi fanu pirocchi» sembra che abbia acquistato, inoltre, parecchi immobili vicino casa sua, che abbia dotato i quattro figli di appartamento in zona via Garibaldi e che era proprietario di magazzini gabellati ad Aveline per la sua fabbrica di asfalti.
Come da tradizione ereditata dalla sua famiglia faceva spola in mare tra Malta, Marsiglia e Trieste. Ciò gli permise di ricevere anche il titolo di vice console americano, così si iscrisse alla loggia di San Giovanni di Scozia con il titolo di Maestro.
Purtroppo, della villa costruita su una parte dell’antica tenuta Gioeni non rimane più nulla. Fu donata al figlio Salvatore e da lui ai figli e poi ai nipoti, la villa nel 1962 venne acquistata e demolita per far spazio ad un imponente edificio multipiano.
Il terreno fu ceduto in lotti e nel 1937 l’avvocato Paolo Zingali Tetto ne acquistò una parte e incaricò l’architetto Paolo Lanzerotti di progettare quella che rimane l’ultima testimonianza del tempo che fu.