Gianluca Di Gioia, l’insegnante originario di Caltavuturo, resta ricoverato nel reparto di terapia sub-intensiva di Varese, ma non sembra ancora rendersi conto di dove si trovi. Gli amici aggiornano gli utenti del web in apprensione, ma al momento resta impossibile andarlo a trovare in ospedale
Il 36enne aggredito nel Laos resta stabile Ma per la riabilitazione serviranno mesi
«È sempre in condizioni stabili. I miglioramenti ci sono, piccoli ma importanti». Gianluca Di Gioia continua a lottare: malgrado la strada, anche adesso che è tornato in Italia, sembri sempre in salita. Originario di Caltavuturo e residente nel varesotto, dove oggi si trova ricoverato, l’insegnante di inglese di 36 anni è stato aggredito il 24 agosto nel Laos, dove si trovava per una vacanza in solitaria con zaino in spalla, alla scoperta dei paesi del sud-est asiatico. Ritrovato abbandonato per strada e rimasto sotto la pioggia battente per quasi sette ore, è stato portato in ospedale in fin di vita dalla polizia locale. Le prime analisi dei medici della clinica privata Bangkok Hospital di Udon Thani hanno subito rilevato nel suo sangue la presenza di una sostanza con cui il giovane è stato avvelenato. L’intento di chi lo ha aggredito, probabilmente, era quello di intontirlo e renderlo inerme per rapinarlo dei suoi averi con tutta calma.
Rimasto in coma farmacologico per dieci giorni, si è risvegliato a inizio settembre, per incorrere solo dopo poche ore in una grave crisi respiratoria che lo ha nuovamente costretto a una macchina per la ventilazione. Dopo giorni di attese, ecco la notizia definitiva della nuova ripresa del giovane, in grado di respirare da solo. E poi il rientro in Italia. Anche in questa occasione è stato impossibile evitare momenti di tensione e imprevisti. L’Emirates infatti, la sola compagnia aerea che permetteva di far salire a bordo un passeggero in barella, ha incassato i soldi necessari per il viaggio – 100 mila euro messi insieme attraverso una raccolta fondi solidale lanciata a mezzo Facebook – negando poi il consenso a imbarcarlo. Un ostruzionismo che ancora oggi non è stato capito del tutto dalla famiglia Di Gioia, che è riuscita a superare l’empasse solo dopo molte pressioni e chiedendo l’intercessione di ospedale e ambasciata italiana.
E poi il rientro in Italia il 10 settembre. Avvenimento, però, del quale il 36enne non sembra del tutto consapevole. «Purtroppo non si rende conto di dove si trova – spiega il fratello Salvatore – I medici non si sono assolutamente espressi in merito. Dicono che non sono ancora arrivati gli esiti degli esami e degli accertamenti fatti finora». Si rimane in attesa, quindi. Mentre uno degli amici d’infanzia del giovane rassicura i quasi ottomila utenti del gruppo social creato per raccogliere fondi e aiutare la famiglia partita alla volta della Thailandia, spiegando che non è ancora possibile andarlo a trovare in ospedale: «Il Digio – questo il suo nomignolo fra gli intimi – ha bisogno di una riabilitazione psicofisica lunga, purtroppo ci vorranno mesi». Ma la comunità del web, al momento, non sembra perdere l’interesse per una storia diventata ormai loro.