I personaggi stilizzati di Keith Haring a Villa Zito «Uno degli artisti più significativi del Novecento»

Dipingeva sui muri della città e con un gesso lasciava tracce della sua arte in tutte le stazioni della metropolitana da cui passava. Più volte arrestato dalla polizia newyorkese, ripeteva che «l’arte non è un’attività elitaria riservata all’apprezzamento di pochi. L’arte è per tutti, e questo è il fine a cui voglio lavorare». Keith Haring arriva per la prima volta, a 60 anni dalla sua nascita, in Sicilia. Nell’anno di Palermo Capitale Italiana della Cultura e Manifesta 12, a Villa Zito dal 29 giugno al 16 settembre ecco Party of Life, una mostra interamente dedicata al genio della street-culture newyorkese.


Cinquantaquattro opere, provenienti da collezioni pubbliche e private, segnate dal tratto inconfondibile di Haring. Disegni su carta, legno, tela, involucri di vinili, bags. Cinque sculture, due video proiezioni e un capo d’abbigliamento originale dell’artista. Organizzata da Contemporary Concept, in collaborazione con il Polo Museale Regionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Palermo, Fondazione Sicilia e la Regione Siciliana, la mostra è curata da Diana Di Nuzzo. Arriva direttamente da Bologna, dove in sole due settimane ha staccato settemila biglietti.

«Un omaggio ad uno dei geni della street art – spiega Stefania Morici, di Arteventi Communication – nonostante la sua giovane e breve vita, stroncata a 31 anni dall’hiv, Haring ha invaso tutto ciò che poteva con i suoi personaggi stilizzati. Indimenticabile». Figlio di un fumettista, Haring crea un alfabeto espressivo esclusivo e originalissimo. Protagonisti dei suoi lavori personaggi semplici, omini dai colori vivi e spessi contorni neri. Figure archetipe, stilizzate: il cane con la bocca spalancata, la navicella spaziale, serpenti, mostri, televisori. «Aveva un occhio fantastico – diceva di lui lo storico membro della Pop Art, Roy Lichtenstein – Era in grado di creare un’intera opera di senso compiuto a partire da elementi apparentemente casuali. Era così arguto- E anche se non correggeva mai quel che aveva fatto, le sue composizioni erano di altissimo livello».

I suoi omini colorati, stilizzati e bidimensionali, hanno invaso l’immaginario collettivo: ballano, si baciano, si abbracciano. Dalle tazze agli spazi pubblici, i muri, le magliette. Ispirato dal mondo della street art, dal design pubblicitario e dalla fumettistica, Keith Haring guarda dentro se stesso, percepisce le tensioni sociali e produce i suoi capolavori. Una grafica semplice, lineare che racconta temi complessi: l’amore, la pace, la paura, la morte, il sesso, la malattia, il capitalismo, i mezzi di comunicazione, l’inquinamento. Lavorava senza sosta, anche 15 ore al giorno, per poi scatenarsi la notte nei locali del Club 57.

Generoso, gentile, vicino alle persone, non perdeva il contatto con chi lo fermava per la strada e gli chiedeva un autografo. Amava coinvolgere nei suoi lavori i bambini, realizzando workshop, rendendoli protagonisti delle sue opere. Il Radiant Child era la sua firma visiva: un bambino accovacciato che sprigiona raggi d’energia, simbolo della vita. «Quel che mi è sempre piaciuto dei bambini – spiegava l’artista statunitense – è la loro immaginazione: una combinazione di onestà e libertà che permette loro di esprimere qualsiasi cosa gli passi per la mente».

A partire dai primi anni Ottanta, Haring iniziò a esibire i propri disegni al Club 57. Negli anni seguenti conobbe Andy Warhol, con cui iniziò una intensa amicizia. Insieme rivoluzionarono l’estetica dominante di un’America dai delicati equilibri e contraddizioni. «Keith Haring è uno degli artisti statunitensi più significativi del ventesimo secolo – afferma Raffaele Bonsignore, presidente di Fondazione Sicilia – Appassionato di fumetti e profondamente influenzato da Picasso, figlio della street art newyorkese, ha inventato un linguaggio visuale universalmente riconosciuto. Un artista esuberante e trasgressivo, ma anche attivista politico impegnato contro ogni discriminazione».

Fluido, rapido, dotato di una grande forza espressiva, Haring contribuì a legittimare il ruolo della street art anche agli occhi dell’elitario mondo dell’arte. «La mostra, fortemente voluta, – spiega la direttrice del Polo Museale regionale, Patrizia Li Vigni – si inserisce in un percorso di approfondimento dell’arte di strada. Un messaggio innovativo: malessere e malcontento vengono trasmessi dall’artista per esorcizzare la crisi attraverso l’arte, mezzo di comunicazione per eccellenza». Ad arricchire il progetto, la collaborazione con le associazioni 4Children e NPS Italia onlus, alle quali verrà devoluto in beneficenza parte del ricavato.«E’ emozionante essere qui – racconta Stefania Nasta, di NPS Italia Onlus – Keith Haring aveva 31 anni quando morì di hiv, anch’io sono sieropositiva e ho 31 anni». Haring realizzò una delle sue ultime pareti, Tuttomondo, a Pisa. «Amo l’Italia – diceva della Penisola – è davvero uno dei posti che preferisco al mondo».

Maria Vera Genchi

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