Cara Gabriella,
mentre qui imperversava un dibattito sullarte a Catania e sulle mancanze di cui soffre, ero a Ginevra ad ammirare quella impeccabile organizzazione nordica che lì abbraccia varie sfere della società e che nella valorizzazione dei luoghi, come nellinvestimento economico su attività culturali e artistiche, trova uno degli esempi più validi. Ma, senza cercare isole felici dOltralpe, potrei provare a spiegare cosa intendo per strategie culturali efficaci sul territorio raccontando di alcuni laboratori di didattica museale che ho visto in provincia di Trento, al MART di Rovereto (proprio un altro pianeta!), o a Milano dove cera una retrospettiva sul nostro Bruno Munari. Le questioni difficili, che affiorano dal confronto con realtà più sensibili alla valorizzazione delle risorse artistiche come dalla nostra chiacchierata, sono sempre le stesse: Perché chi amministra la nostra città non ha interesse ad investire su progetti culturali efficienti? Chi crede allimportanza di istituzioni museali o fondazioni? Chi comprende il valore educativo dellarte? E come, questo valore, si può comunicarlo alle nuove generazioni?
Ti ringrazio per avere acceso la discussione sulle carenze che sono così radicate nel Sud e in Sicilia, forse era proprio quello che speravo: una reazione di pancia (come lhai chiamata tu!) degli innamorati dellarte e dei suoi fruitori in genere che, nei più svariati modi dintenderla (e questa è una fortuna!), la vivono.
Scarso rispetto e inadeguata valorizzazione segnalerei tra le principali insufficienze che questo piccolo dibattito ha contribuito a rilevare, insieme alla totale assenza di strategie, di musei, di esposizioni permanenti e temporanee, di laboratori, di attività Mi pare chiaro che molti problemi stiano a monte, non nella carenza di sorveglianza (delle sculture di Rabarama come dei resti archeologici abbandonati per la città) ma nella poca cura che ha la politica per il bene pubblico e, ancora più a monte, nellintendimento dellarte come progetto formativo, come conoscenza, come esperimento, come scrive Dewey: Lopera darte proprio perché è una completa e intensa esperienza, mantiene vivo il potere di sperimentare il mondo comune nella sua pienezza.
Mi dici bacchettona e moralista e mi pare un poco eccessivo forse perché con quei fiori che secondo te non cambiano le cose qualcuno (e così anchio la penso) ha scritto che ci si possono fare le rivoluzioni! Lungi da me piantare ramanzine a chicchessia (e gli studenti delle mie classi, dove insegno Storia dellarte, potrebbero autorevolmente confermartelo)! Semmai, ho scritto proprio che ognuno sceglie di rapportarsi alle cose come meglio crede e con i gesti che più rappresentano il proprio sentire. Denuncia o elogio, attraverso larte o no, il libero arbitrio è anche questo.
Semplicemente, volevo emergesse dal mio articolo la scarsa educazione ad una sensibilità estetica (intesa nel significato etimologico del termine, dal greco aisthanomai, cioè sentire, rapportarsi a qualcosa attraverso i sensi) che infierisce sulla nostra società.
Per quanto riguarda alcune mie opinioni personali che critichi, posso risponderti che in effetti non so se Rabarama ringrazia i geni dei suoi geni-tori quando titola le trame della sua scultura usando il termine genoma (a te le metafore non devono piacere moltissimo, intuisco)! ma mi pare innegabile che subisca linfluenza dun padre scultore e duna madre ceramista, semplicemente perché alcune sue opere sono una perfetta ed evidente sintesi delle suggestioni di arte scultorea e arte ceramica. Non ti piace il modo in cui esprimo le mie considerazioni ma sono punti di vista e non posso che accettarlo. Ti confermo, anzi, che amo molto le api, hai ragione, che siano quelle che generano terribili incubi come nellopera di Dalì o quelle sfuggite agli alveari di Rabarama! perché la visione è anche immaginazione e fantasia, leducazione dei sensi è anche accrescimento di sensibilità e intelligenza, larte è anche strumento di cultura e di gioco poetico (per citare, di nuovo, il nostro Munari).
Per il resto, sono contenta da quanto emerso da quello che tu e Sergio avete scritto a più riprese. Così, senza volere affrontare una disputa sul Bello (che lascio ai filosofi che vi si arrovellano da tempo!), mi fa piacere ricopiarti alcune frasi che hanno scritto i miei studenti di primo anno, commentando quella frase-metafora di Dostoevskij che tanta antipatia ti ha fatto Una diceva La bellezza salverà il mondo perché la bellezza è il rispetto per quello che abbiamo intorno. Unaltra, La bellezza sono le emozioni che le opere darte, belle o terribili, fanno nascere dentro di noi. La bellezza è proprio questo sentimento che viene da dentro. E unaltra, la mia preferita, La bellezza la può creare chiunque, anche senza essere un grande artista, perché ognuno di noi crea pensieri: i pensieri belli salveranno il mondo.
I miei studenti-poeti che spero avranno la volontà di trasformare in azione i loro bei pensieri, gli innamorati dellarte che ho fiducia non si stanchino di concretizzare strategie, gli educatori alla sensibilità che mi auguro sempre più numerosi loro noi: potremmo provare a salvare il mondo a cominciare dalla vita di ogni giorno, che dici?
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