I Julie’s Haircut ‘in presa diretta’

I Julie’s haircut sono un segmento importante del mosaico variopinto della scena “indipendente” italiana. Un Made in Italy con attitudine internazionale. Da qualche settimana è uscito il loro nuovo album After Dark, My Sweet per l’etichetta bolognese HomeSleep, casa madre di molte realtà che compongo lo scenario rock (nel senso più ampio possibile) italiano. Con questo lavoro i Julie’s Haircut spostano l’asse verso sogni psichedelici. La matrice è comunque quella rock, che sia indie o che sia garage poco importa. Scambiamo dunque quattro chiacchere telematiche con i componenti del gruppo. Noi qui Sicilia e loro in Emilia Romagna, regione che li ha visti nascere e li sta vedendo crescere.

Come è nato questo lavoro e come nascono di solito le vostre canzoni?
Laura: Rispetto al passato questo ultimo disco è nato quasi esclusivamente da improvvisazioni in studio. Per questo il nuovo album è meno legato alla classica forma-canzone. Per noi è stato un nuovo modo di lavorare. 

Dal vivo riuscirete a riprodurre quello che la vostra “improvvisazione” ha creato?
Luca: In realtà il lavoro a computer è stato piuttosto limitato, nel senso che i pezzi nascono effettivamente da session registrate in presa diretta, suonando tutti assieme. Il cosiddetto “taglia e cuci” in realtà è stato utilizzato solo per editare le lunghe riprese dal vivo, in modo da ridurre i brani all’essenziale. Dal vivo viene assolutamente naturale suonare questi pezzi assecondando l’emotività del momento.
Le canzoni con testi sono solo tre, più la traccia d’apertura che contiene un ipotetico ritornello.

Come nasce una traccia con il testo e come una senza? Come decidete se su una traccia ci vuole il testo oppure no?
Nicola: In effetti, in passato, eravamo abituati a scrivere canzoni in modo più classico. Ora, nascendo i nuovi pezzi da improvvisazioni, è ovvio che la voce viene trattata alla stregua degli altri strumenti. Quindi decidiamo se utilizzarla o meno a seconda delle necessità del caso, come potremmo decidere di utilizzare una chitarra acustica piuttosto di un pianoforte.

Sono testi autobiografici? Oppure prendete spunto dalla letteratura/cinema? Se sì, c’è qualche autore che vi ha influenzato ora e in passato particolarmente?
Luca: Direi che nella stesura di un testo convergono differenti suggestioni e non sempre è facile capire da dove vengono, nemmeno per noi. Certamente siamo influenzati dall’esperienza personale come dai film che vediamo, dai libri che leggiamo, dalla cronaca, ecc…
 
Fuori i nomi: una top 5 dei gruppi italiani che vi piacciono di più e quelli che vi piacciono di meno. Non vale dire Eros Ramazzotti, stiamo parlando della scena rock o comunque (tra mille virgolette) indipendente.
Luca: Scusaci, ma questo genere di classifiche non ci piacciono. In Italia è pieno di gruppi validi come di gruppi non validi e con moltissimi di questi gruppi abbiamo un rapporto umano consolidato. Capisci che per noi è difficile mettersi a fare delle graduatorie sugli amici.
Robbi: Possiamo citarti i gruppi con cui suoniamo da tantissimi anni: One Dimensional Man, Cut…
Laura: Giardini di Mirò, Yuppie flu… ce ne sono tanti.
Nicola: Poi come al solito ne dimentichiamo tanti per citarne alcuni. Su quelli che non ci piacciono taciamo.
Scarfo: Io e Luca abbiamo visto un concerto dei Tunas qualche sera fa: fantastici.
Luca: Grande attitudine.
 
Gruppi stranieri viventi che vi piacciono.
Laura: In questo momento Devendra Banhart e i Gossip.
Nicola: Black Mountain.
Scarfo: I Jaga, i Motorpsycho…
Luca: Sì, lui è il norvegese del gruppo…
Robbi: AC/DC e Queers!
Luca: Massimo rispetto.

Oltre a suonare vi arrangiate in qualche altro modo, lavorate in altro o fate i musicisti a tempo pieno?
Luca: Ci arrangiamo eccome.
Laura: Non è possibile in Italia per un gruppo come noi vivere di sola musica.
Luca: C’è secondo me un po’ questa idea errata diffusa nell’ambiente musicale secondo la quale il lavoro extra-musicale in qualche modo sarebbe “volgare”. Noi invece siamo stati educati ad una concezione dignitosa del lavoro, per questo dividerci tra musica e mestiere non ci disturba. Inoltre c’è un aspetto curioso in tutto ciò, necessità diventa davvero virtù, perché non dovere dipendere dalla nostra musica per mantenerci fa sì che ci possiamo permettere di fare musica in maniera totalmente libera da condizionamenti di qualsiasi tipo.
 
Quanti anni avete? Una media…
Laura: Abbiamo calcolato: 32,67.
Luca: Sì, però Laura alza la media in maniera drastica, anche se non si direbbe.

Sul vostro sito ci sono delle foto “simpatiche” in fase di registrazione di questo album. Potete raccontarmi qualche episodio simpatico?
Nicola: Mah… in realtà ricordo che abbiamo lavorato sodo.
Scarfo: Sì, ci si diverte sempre molto, ma non è che capitino cose particolari…
Quando è iniziato il tour e suonerete anche all’estero?
Scarfo: Abbiamo iniziato il tour da Bologna l’11 febbraio, poi ora continueremo fino allo sfinimento. Speriamo di andare anche all’estero, in primavera. Ci hanno chiesto di andare a un festival a Los Angeles a luglio, logisticamente non è semplice, ma non è detto che non si vada…

Che ne pensate dell’Italia in cui vivete? 
Luca: Non un gran bene, per diversi motivi. E’ difficile anche pensare che le prossime elezioni possano cambiare davvero qualcosa, sembra proprio che il nostro paese sia incapace di trovare una direzione precisa, inesorabilmente legato a un centrismo che alla fine lo paralizza. E’ un momento molto difficile, non solo per l’Italia: è iniziato da qualche anno un processo di profondo cambiamento degli equilibri internazionali e ho la forte impressione che noi arriviamo impreparati. Provo dolore nel vedere che tantissimi miei amici hanno deciso di emigrare, di andare a vivere all’estero perché là trovano opportunità e soprattutto una società civile degna di questo nome. Pensavo che l’emigrazione fosse per l’Italia un ricordo destinato a rimanere relegato al primo dopoguerra e invece eccoci qua.


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