I fiabeschi Amabili resti

“Escatologia” è una parola che appartiene ai ferri del mestiere di filosofi e teologi. Contiene un universo di significati sterminato e indecidibile. “Escatologia” è indagare ciò che viene dopo la morte, dopo la fine del corpo. A quale dimensione si consegna l’individualità del soggetto con la morte? Solo all’annullamento organico e alla decomposizione o l’anima, l’io, o comunque si voglia chiamare ciò che (eventualmente) persiste, affonda in un oltre fatto di consistenza spirituale?

Inutile precisare che nell’abisso del dopo ci siamo imbattuti, se non proprio sbattuti, e continueremo a farlo, tutti quanti, con diverse sensibilità e un diverso stato d’ansia. Peter Jakson, il regista de “Il Signore degli anelli”, drammatizza l’evento di una morte, per di più inaccettabile, quella di un’adolescente vivace e simpatica, braccata da un omicida seriale.

Anni ‘70, siamo in una tranquilla città della provincia americana, i Salmon sono una famiglia tranquilla; Susie, la primogenita, si diverte a fare fotografie e tenta di corteggiare un ragazzo del suo istituto. Succede che nel mondo sereno dei Salmon si inceppa qualche ingranaggio: la loro ragazzina scompare, un destino tragico la porta via. Da qui in poi, nel racconto, subentra l’elemento fantastico barra (diciamo così) escatologico e la trovata parzialmente (per lo spettatore) consolatoria è rivedere la piccola Susie in un altro mondo, un mondo fatato: una sorta di retromondo da dove lei osserva i terrestri e le loro gesta.

“Amabili resti” mischia fantascienza e thriller, racconto di formazione e riflessione sul dolore. Il film qua e là è un po’ prolisso e inconcludente; ma l’idea di un mondo dietro al mondo, di un limbo fantastico è suggestiva. La si deve alla scrittrice Alice Sebold. Jakson la fa sua, decorandola di fantasmagorie visuali immaginifiche, di paesaggi digitali non proprio conformi alle descrizioni dei luoghi celesti insufflateci nel catechismo.

“Amabili resti” è una fiaba moderna, ora cupa ora pacificante, in grado di innescare un buon grado di empatia per le sorti del genere umano.

Umberto Maffei

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