I dubbi degli ambientalisti dopo il sequestro del depuratore «Le grandi industrie continuano a conferire là i loro reflui»

«L’avvelenamento è ancora in corso». È il presidente dell’associazione Natura sicula Fabio Morreale a lanciare l’allarme sulle industrie del petrolchimico siracusano che starebbero continuando a sversare i fanghi nel depuratore della Ias di PrioloSequestrato a metà giugno nell’ambito di un’inchiesta per disastro ambientale colposo dell’aria e del mare nella zona del quadrilatero industriale del Siracusano, da quando è stato inaugurato nel gennaio del 1983, per l’accusa, non ha mai funzionato. Mentre avrebbe dovuto trattare i rifiuti civili dei comuni di Melilli e Priolo e della frazione di Belvedere di Siracusa oltre a quelli delle grandi industrie petrolchimiche (Priolo Servizi, Isab, Sasol, Versalis, Esso e Sonatrach). «Aziende che non hanno alternative allo smaltimento – analizza Morreale – e che con il provvedimento della magistratura avrebbero dovuto essere chiuse. Invece continuano a funzionare e a conferire lì i reflui industriali». Più di un ipotetico sospetto quello del presidente di Natura sicula che parla di conferme avute anche da fonti piuttosto autorevoli. 

Dopo il sequestro, il depuratore è stato affidato a un amministratore giudiziario a cui spetta il compito di bloccare subito i reflui industriali prima di mettere a punto gli accorgimenti necessari per il corretto funzionamento dell’impianto. Sin da subito, però, era emersa la criticità sul dove e come le aziende del petrolchimico – rimaste tutte in attività – avrebbero dovuto scaricare i reflui industriali. «Quello che è emerso dall’inchiesta No fly – continua Morreale – era già stato evidenziato con denunceindagini che avevano portato anche al sequestro di alcuni impianti. Tutti respiriamo e i cattivi odori si sentivano, specie nelle notti d’estate. E lo stato delle acque era sotto gli occhi di tutti con il ritrovamento anche di pesci con strane malformazioni». L’inchiesta adesso ha confermato «concentrazioni inquinanti esorbitanti» che, almeno potenzialmente, hanno interessato 15.410 persone: residenti, lavoratori e anche i bagnanti del territorio di Priolo. 

Eppure, qualche giorno dopo la notizia dell’inchiesta con 26 indagati – tra persone fisiche e società – è stato il sindaco di Pippo Gianni a pubblicare sul suo profilo Facebook un breve video dai toni rassicuranti. «Leggo notizie allarmanti in merito al fatto che le acque dei lidi di Priolo possano essere inquinate. Ma confermo che sono pulite e perfette – afferma il primo cittadino – Ce lo dicono il ministero dell’Ambiente, l’Arpa e l’Asp. In più ho già predisposto ulteriori esami». Nello stesso contenuto social, Gianni fa anche qualche puntualizzazione di carattere geografico: «Devo fare presente che l’Ias si trova dalla parte opposta ai lidi e le acque che vengono sversate a mare vanno in direzione opposta – sostiene – anche grazie alle correnti che da Siracusa vanno verso Augusta. Ritengo che non ci siano problemi, questa è la verità e spero che le persone non si lascino trascinare da polemiche inutili». L’ente comunale di Priolo Gargallo è l’unico ad avere fatto ricorso per il dissequestro dell’impianto di depurazione e delle quote azionarie detenute nella società Ias che gestisce il depuratore consortile. Una richiesta che i giudici del tribunale del riesame hanno rigettato dopo poche ore di camera di consiglio. «Di fronte a quanto emerso dall’inchiesta – analizza Morreale – è stata blanda la reazione dei cittadini, assuefatti e influenzati come sempre dal ricatto occupazionale.
Ci auguriamo che la magistratura faccia serenamente e fino in fondo il proprio lavoro – conclude il presidente di
Natura Sicula – difendendoci
una volta per tutte da un
avvelenamento dell’aria, dell’acqua, del suolo e del sottosuolo che ormai
continua indisturbato da
settanta anni». 


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