Dalla casa di Verga a quella di Pirandello, passando per le tre prossime new entry: la casa che ospitò Pascoli a Messina, quella di Quasimodo e persino l'abitazione dei genitori di Majorana, nel paese di Musumeci: da qui passa la strategia della Regione
I beni culturali siciliani e il nuovo boom delle case museo Icom: «Bene, ma servono le professionalità adeguate»
Il cambio di registro dei Beni culturali di cui parlava Nello Musumeci passa anche dalla nuova stagione delle case museo. Forse decisiva è stata la travagliata ma proficua esperienza della casa di Luigi Pirandello, con i lavori di ristrutturazione interrotti da diverse beghe, ma che alla fine hanno portato l’abitazione in contrada Caos, tra Agrigento e Porto Empedocle, a essere finalmente un esempio per le strutture museali siciliane, anche se a oggi, a meno di un mese dalla sua riapertura, la struttura non presenta ancora neanche un proprio sito internet dedicato, se non qualche pagina con informazioni sul costo dei biglietti e sugli orari di apertura. Nel frattempo il numero delle case museo sta rapidamente crescendo e a casa Capuana a Mineo, casa Verga e Casa Bellini a Catania, alla casa di Franca Florio a Palermo, si stanno per aggiungere la casa di Salvatore Quasimodo a Modica, l’abitazione dove Giovanni Pascoli trascorse i suoi quattro anni messinesi e persino la casa dei genitori del fisico Ettore Majorana, in contrada Corte Bianca a Militello in Val di Catania, paese del presidente della Regione.
Una pioggia di finanziamenti, basti pensare che per il solo acquisto dell’appartamento di Messina e della casa di Quasimodo serviranno rispettivamente 159mila e 220mila euro, a cui si andranno ad aggiungere spese per i lavori di ristrutturazione, adeguamento per la fruizione ai disabili, allestimento, oltre che l’assunzione o la destinazione di personale regionale come custodi e guide, finalizzata alla creazione di una vera e propria rete siciliana delle case museo. Il problema centrale, tuttavia, resta la creazione di un interesse tale che spinga anzitutto i siciliani – poco avvezzi secondo le statistiche sul turismo museale nella loro terra – e poi i turisti a fruire delle nuove strutture, così come di quelle già esistenti.
«Se l’hardware dei musei sono le opere, il patrimonio materiale, il software sono i professionisti e le professioniste che vi lavorano – dice Francesco Mannino, coordinatore per la Sicilia dell’International council of museums, intervenuto in diretta alla trasmissione Direttora d’aria, su radio Fantastica Rmb – Su questo gli investimenti sono bassissimi, tendenti a zero. C’è un personale regionale stremato perché non c’è un rinnovo, non c’è un turnover. Esiste inoltre tutta una serie di figure, dagli archeologi agli storici dell’arte, ai curatori, mediatori culturali, agli educatori museali, che il dibattito nazionale e internazionale dei musei considera centrali per cominciare a parlare di linguaggi di accessibilità che permettano a quella gran parte di popolazione che nei musei non ci mette piede, di cominciare a guardarli come luoghi importanti per la propria vita».
Mannino tuttavia si dice favorevole alla linea della Regione e alla rinnovata passione da parte dei palazzo d’Orleans verso le case museo. «Non trovo mai sbagliata l’idea di raccogliere il sapere e la biografia di un personaggio e farlo diventare centro di interesse – sottolinea Mannino – ma la domanda è sempre la stessa: rivolta a chi? Molto spesso il dibattito museale guarda se stesso allo specchio e non ai fruitori. Se ti rivolgi a ragazzi con età compresa tra i sei e i 18 anni – aggiunge -, per esempio, devi ragionare sul tema dei linguaggi, sul tema dell’attinenza al loro presente. Il tema del rapporto col contemporaneo nella museologia è diventato centralissimo».