MeridioNews è andata a vedere com'è adesso la struttura che da novembre ha dato la possibilità agli universitari che risultavano idonei in graduatoria, ma rimasti senza alloggio, di proseguire gli studi in città. Le foto e i racconti degli studenti che ci vivono
Hotel Patria, da cattedrale nel deserto a studentato autogestito Comitato: «Una casa per noi idonei, un posto aperto alla città»
Entrando c’è un silenzio da monastero. Quasi non si direbbe che l’hotel Patria sia stato occupato. La struttura destinata a diventare uno studentato da molto tempo era vuota, con la sola presenza dei portieri h24 e di un inquilino. Il presidio permanente è stato proclamato a fine novembre dagli studenti universitari che dall’inizio dell’anno accademico protestano per fare in modo che tutti gli idonei senza alloggio abbiano un punto di riferimento in città. Un luogo da chiamare casa ma anche dove poter continuare a studiare, per potersi laureare mantenendo una media alta. Una media che comunque per molti studenti a basso reddito non significa oggi purtroppo avere un tetto sulla testa. Adesso si stanno preparando per le imminenti sessioni d’esame, ecco spiegato il silenzio e una palpabile ansia che si percepisce tra i corridoi.
In tutto gli idonei senza alloggio al momento sono 312: 209 del primo anno e 103 per gli anni successivi al primo. «In questo periodo l’impegno quotidiano è di rendere questo posto quanto più bello, pulito e vivibile – spiega Youssef Amroui, uno dei rappresentanti del Comitato spontaneo di mobilitazione studentesca – Da studentato autogestito vogliamo renderlo un luogo che non abbia nulla da invidiare alle strutture gestite formalmente, anche dal punto di vista della sicurezza perché siamo delle persone responsabili. In questa fase siamo in sessione di esami e la nostra prima preoccupazione è quella di portare a termine il nostro dovere principale che è quello di studiare, è il motivo per il quale ci siamo mobilitati: poterlo fare serenamente. Ma non siamo soddisfatti per il semplice fatto di essere qui, non ci basta l’avere l’impressione che questo posto sia aperto. Vogliamo che lo sia ufficialmente e che sia realmente assegnato a coloro i quali avrebbero il diritto di starci nella pienezza dei diritti. E poi la partita del rifinanziamento dell’Ersu non è finita. Vogliamo che dall’anno prossimo ci siano delle condizioni concrete perché ciò che è avvenuto quest’anno non avvenga più. Quindi più posti letto e maggiore finanziamento dell’ente. Se queste cose non avverranno alzeremo la voce molto di più di come l’abbiamo alzata nei mesi passati».
I ragazzi e le ragazze del Comitato di mobilitazione studentesca hanno lavorato duramente per pulire e rendere accogliente la struttura che però ha già in sé dei notevoli punti di forza: stanze ampie, spazi dove allestire sale studio e lettura e perfino un cineforum attivo ogni mercoledì. Già si percepisce come poteva già da parecchio tempo accogliere studenti al meglio: alle stanze arredate dai ragazzi non manca nulla, hanno perfino il bagno in camera. Hanno anche allestito una cucina con tanto di tavolo annesso nella sala accanto. C’erano già gli allacci di acqua e luce. Le bollette? Le paga l’Ersu. Manca all’appello l’ascensore, bloccato dai vigili del fuoco per motivi di sicurezza.
Ospiti dello studentato autogestito anche Meriem e Federico che avrebbero avuto seri problemi a continuare al meglio gli studi senza l’opportunità di potersi appoggiare alla struttura. «Al terzo anno di Relazioni Internazionali sono risultato idoneo e mi hanno detto di lasciare la stanza al San Saverio – racconta Federico Cardaci – per fortuna ho trovato questo posto. Sto molto bene qui, i ragazzi hanno fatto un ottimo lavoro, anche se comunque restano le mancanze dell’università. Se non avessi potuto studiare qui e se non avesso trovato una stanza con l’affitto basso, probabilmente sarei dovuto tornare in paese, vicino Messina, e viaggiare per dare gli esami. Per me come per tutti i ragazzi è un problema non potere seguire le lezioni, è di vitale importanza poterlo fare». Lo stesso vale anche per Meriem Amara: «Sono qui da una settimana e mi trovo bene, i ragazzi mi hanno dato una stanza. Se non avessi trovato un alloggio qui non so dove sarei potuta andare, sono straniera, tunisina – dice la studentessa al terzo anno di Scienze della comunicazione per i media – poi vorrei fare la giornalista. Cercherò di laurearmi il prima possibile».
L’edificio potrebbe ospitare, stando alle cifre ufficiali, 80 persone ma, dicono dal Comitato, alcune stanze sono così ampie che potrebbero viverci comodamente anche 100 studenti. Questo luogo non è chiuso ma aperto alla città, tengono a sottolineare gli universitari che, una volta finiti gli esami, sono pronti ad organizzare ancora eventi e seminari come hanno fatto nei mesi scorsi. «Il rapporto con Unipa è cordiale – conclude Amroui – c’è la consapevolezza che le nostre ragioni sono legittime. Però per quanto si siano fatti dei piccoli passi per la riapertura di questo posto, che è la cosa che più compete a Unipa, ancora non abbiamo qualcosa di concreto in mano, anzi l’orizzonte è grigio, fumoso. Non si capisce se e quando raggiungeremo l’obiettivo della riapertura di questo posto e noi non usciremo da qui volontariamente finché questo non avverrà. Invece sul fonte dell’Ersu e dell’assessorato siamo in attesa di vedere se le promesse che hanno già fatto sulla ristrutturazione degli studentati già aperti e il rifinanziamento dell’ente verranno rispettate. Se così non sarà torneremo in piazza».