LEARN BY MOVIES 5/ Stasera al Cinema Excelsior l'opera monumentale di Edgar Reitz incentrata sulle vicissitudini di una famiglia tedesca nel periodo del crollo del muro di Berlino
Heimat 3 – Cronaca di un cambiamento epocale
Titolo originale: Heimat 3 (1 di 6 episodi)
Nazione: Germania
Anno: 2004
Genere: Drammatico
Durata: 680′
Regia: Edgar Reitz
Cast: Hermann Simon, Clarissa Lichtblau, Ernst, Anton, Hartmut, Gunnar
Produzione: Robert Busch
Distribuzione: Mikado
Dei precedenti due lavori di Edgard Reitz si è detto ormai tutto, o quasi. L’epopea della famiglia tedesca che ha accompagnato e vissuto la storia della Germania fa un balzo. L’ultimo episodio ci raccontava di Hermann e Clarissa, perdutisi nel trambusto degli anni ’70. Il primo episodio di Heimat 3 (quello del quale si occupa questa recensione), “Il popolo più felice della terra”, ci porta direttamente al loro nuovo incontro, in una Berlino che vive la drammatica felicità della caduta del muro. Un incontro che ridesterà vecchie passioni e antichi sentimenti forse sepolti da troppo tempo, e che riporterà Hermann, su impulso di Clarissa, a ristabilirsi sul Reno.
Il valore dell’opera di Heimat, e l’impatto sul pubblico televisivo e cinematografico degli anni settanta e ottanta è indiscutibile. Ma ci permettiamo di sollevare qualche perplessità sulla continuazione di un’opera che, lasciata dov’era, senza forzature di sorta, era destinata a rimanere pietra miliare nella storia del cinema tedesco in particolare, europeo più in generale. Andare a scomodare una terza serie, che tra l’altro condenserà undici anni in sei episodi, pare discutibile. “Il popolo più felice della terra”, ha un’impronta fastidiosamente didascalica, pedante. Il gioco iniziale bianco-e-nero/colore, alla lunga stanca, e si arriva perfino a pensare che l’alternanza sia, a volte, casuale.
L’approccio con la trama non è dei più semplici. Una costante voice-off sottolinea qualsiasi raccordo narrativo, in una sceneggiatura che non riesce a definire con la messa in scena gli snodi del racconto. La voce fuori campo danza poi tra personaggio e personaggio, dando l’impressione di una mancanza di patos e respiro narrativo, entrambi ben presenti invece nelle puntate precedenti. Gli attori subisco più che altro quest’andamento lentamente moraleggiante, non riuscendo a incidere direttamente sul girato. E ancora una volta sorge una domanda: ma che bisogno c’era? Ma il giudizio non può essere, per ovvie ragioni, completo. Aspettiamoci che i cinque episodi successivi servano a rispondere.
Fonte: www.filmup.com