Giovanni Mirabile, 57 anni, è ancora ricoverato in gravissime condizioni all'ospedale Cannizzaro, dopo che un altro senza fissa dimora, fermato venerdì dalla polizia, ha appiccato il fuoco nel gabbiotto di via Ventimiglia dove dormiva. La Caritas: «Un passato da impiegato comunale e padre di tre figli: è uno degli esclusi in questa catena di montaggio nella quale i pezzi difettosi vengono scartati»
Grave il senza tetto ustionato Caritas: «Non chiamateli clochard»
Via Ventimiglia, Catania. Per un senza tetto, il gabbiotto di un’area di servizio dismessa si trasforma da rifugio in trappola. Durante la notte, un incendio doloso gli provoca gravi ustioni sul 90 per cento del corpo. È successo due giorni fa nel capoluogo etneo: l’uomo è ancora ricoverato in gravissime condizioni nel reparto di rianimazione dell’ospedale Cannizzaro. Venerdì la squadra mobile di Catania ha fermato un romeno, 60 anni, anche lui senza fissa dimora: identificato tramite le telecamere di sorveglianza della zona, l’uomo è adesso accusato di tentato omicidio. Sarebbe stato lui ad appiccare il fuoco al gabbiotto, così come a un chiosco e a dei cassonetti della spazzatura vicini alla stazione dismessa. La polizia indaga per capire se il romeno sapesse che dentro al gabbiotto dormiva qualcuno. Non un senza tetto: Giovanni Mirabile, 57 anni, un passato da impiegato comunale e padre di tre figli. «I clochards non esistono, se non nellimmaginario della gente», spiega padre Valerio Di Trapani, direttore della Caritas diocesana di Catania, in questa lettera che pubblichiamo.
Giovanni Mirabile, un uomo di 57 anni di Catania è in questo momento in ospedale, in fin di vita, perché vittima di un piromane. Io credo che questo episodio costringa la città a porre lattenzione alla condizione di tutte le persone senza dimora.
Questo signore, in maniera non corretta, è stato chiamato clochard, mentre noi sappiamo molto esattamente che i clochard non esistono, se non nellimmaginario della gente. Oggi esistono uomini e donne che soffrono la povertà e lemarginazione, uomini e donne che non riescono più a correre dietro a questa grande gara della sopravvivenza e che rimangono esclusi in questa catena di montaggio nella quale i pezzi difettosi vengono scartati.
Giovanni faceva parte dellesercito di persone che ogni giorno bussano alle porte della Caritas, veniva a chiedere un pasto caldo, o la doccia. Era separato e padre di tre figli di 10, 15 e 20 anni. Da cinque anni aveva perso il lavoro di operatore ecologico presso il Comune di Catania.
Anche lui, fa parte delle centinaia di persone che abitano Catania con dignità, ma ai margini, che vivono rifugiati allinterno di unautomobile, che trascorrono la notte nei pronto soccorsi dei nostri ospedali o che trovano rifugi di fortuna.
La questione allora è se sia possibile ancora oggi continuare questo sistema che emargina, che produce povertà e che negli ultimi anni, come ci dicono le statistiche, ha fatto sì che in Italia le persone povere arrivassero a 8 milioni e 300 mila. La povertà non è più un fenomeno marginale, ma preponderante, al sud Italia e, in particolare a Catania, gli accessi ai servizi Caritas sono aumentati del 60 per cento.
È ancora possibile, mi chiedo, continuare a parlare di sviluppo, di costruzione di un futuro migliore, quando ancora aumentano in maniera vertiginosa le persone povere, come Giovanni? Io credo che sia questa la questione fondamentale che è necessario affrontare. Non si può, infatti, parlare di sviluppo se non a partire da queste persone che la crisi la soffrono in maniera così drammatica.
[Foto di the bbp]